Blog di Marco Castellani

Mese: Dicembre 2002

Auguri!

Anche se… con un poco di ritardo, GruppoLocale augura a tutti i visitatori del sito, di trascorrere un lieto periodo di Natale ed un felice e sereno nuovo anno!

Come cartolina di auguri, “approfittiamo” di questa simpatica immagine apparsa sul sito ESO in occasione del Natale.


A tutti, i migliori auguri da GruppoLocale !

Marco C.

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Qual e’ questo pianeta con gli anelli….?

Il telescopio VLT ha appena fornito una immagine decisamente insolita di un ben noto pianeta del nostro sistema solare…

Se guardando la foto qui sotto (Credits: European Southern Observatory – ESO) avete pensato di essere di fronte ad un’altra simpatica immagine di Saturno, il pianeta con gli anelli, beh… avete sbagliato, ma sicuramente non siete stati i soli!

In effetti, guardando meglio, qualcosa di strano c’e’ nella foto: la luminosita’ delle lune e la loro posizione puo’ apparire insolita… e poi, che dire del sistema degli anelli, piuttosto luminoso in rapporto al disco planetario?


In realta’ non e’ Saturno, ma Urano, il pianeta subito piu’ esterno ad esso, ad una distanza da noi di circa 3000 milioni di chilometri, 20 volte la distanza tra Terra e Sole.
La foto mostra Urano circondato dai suoi anelli e da alcune delle sue lune, come appaiono in una immagine acquisita nell’infrarosso vicino con il telescopio VLT in Cile.

Gli anelli di Urano furono scoperti nel 1977, da osservazioni acquisite durante una occultazione stellare da un team di astronomi del Kuiper Airborne Observatory (KAO) e del Perth Observatory (Australia). Anche il Vojager 2 nel 1986 mostro’ che Urano era circondato da una moltitudine di anelli molto tenui. Gli anelli sono praticamente invisibili da terra (a meno di non indagare appunto in bande diverse da quella della luce visibile).

Approfondimenti: consultare la press release dell’ESO.

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Trovato giovane ammasso stellare con un “alone” in banda X…

Individuato da Chandra un giovane ammasso stellare particolarmente “attivo” in banda X…

Ad una distanza di circa 6000 anni luce dalla terra, l’ammasso di stelle chiamato RCW 38 rappresenta una regione di formazione stellare abbastanza vicina a noi.
L’immagine qui riprodotta copre un’area di circa 5 anni luce di lato, e contiene migliaia di stelle giovani, molto calde, la cui epoca di formazione risale a meno di un milione di anni fa (non molto, considerando che le stelle possono vivere, a seconda della massa, anche diversi miliardi di anni).


Una immagine dell’ammasso RCW 38 (dal sito web di Chandra)

La sonda Chandra e’ riuscita a rilevare radiazione in banda X dagli strati superiori dell’atmosfera di 190 di queste stelle. Oltre all’emissione X dei singoli oggetti dell’ammasso, poi, le immagini fornite dalla sonda Chandra rivelano la presenza di un alone diffuso di raggi X che circonda l’ammasso di stelle. Tale alone potrebbe essere prodotto da stelle in fase di esplosione a supernovae, oppure creato in forti campi magnetici, presenti attorno a stelle di neutroni o a buchi neri. Tuttavia, nessuno di tali peculiari oggetti e’ stato rilevato all’interno dell’ammasso, e da qui la curiosita’ degli astronomi nel comprendere l’origine di tale alone in banda X.

Una possibile spiegazione potrebbe ricercarsi nella presenza di una supernova non rilevata all’interno dell’ammasso. Sebbene evidenze dirette della supernova possono essere “svanite” migliaia di anni fa, un’onda d’urto oppure una stella di neutroni in rotazione rapida potrebbe agire in concomitanza con particelle “evaporate” dalle stelle giovani per produrre elettroni di alta energia. Tali elettroni, accelerati dentro il campo magnetico, potrebbero essere i responsabili della produzione di radiazione in banda X.

Indipendentemente dall’origine degli elettroni di alta energia, va sottolineato che la loro presenza potrebbe alterare in qualche misura le abbondanze chimiche dei dischi che potrebbero formare pianeti attorno ad alcune stelle dell’ammasso, assumendo dunque un ruolo non trascurabile nella composizione chimica dei pianeti stessi (fenomeni simili potrebbero essere avvenuti anche ad una certa epoca nella formazione del nostro sistema solare, il che spiegherebbe la presenza di alcuni particolari elementi, quali l’Alluminio 26)…

Credits: articolo tradotto ed adattato dalla press release apparsa sul sito web di Chandra.

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Conclusa a Forli’ la Fiera dell’Astronomia Amatoriale

Si e’ tenuta a Forli’ nei giorni 7, 8 e 9 dicembre la Fiera dell’Astronomia Amatoriale.

La Fiera era alla sua quinta edizione. Il sito Astrofili.org ha appena messo in rete per l’occasione degli interessanti resoconti sull’andamento della manifestazione, corredati da una buona serie di fotografie.


Lo stand di Astrofili.org in allestimento…

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Rilasciate nuove immagini della luna di Giove “Io”

Il team di Galileo ha da poco rilasciato una serie di interessanti immagini del satellite “Io” acquisite dalla sonda negli ultimi anni…

In una delle immagini (mostrata in questa pagina) si puo’ vedere il monte detto Mongibello, nella parte sinistra della foto, piu’ in bianco, che con la sua rispettabile altezza arriva a circa 3/4 del monte Everest.



Credit: NASA/JPL/University of Arizona/Arizona State University

L’immagine e’ stata presa “al tramonto”, quando il sole era basso sull’orizzonte, e illuminava la scena dalla sinistra della foto. Il monte Mongibello si erge per un’altezza di circa sette chilometri sopra le pianure di Io

Non sono molte le montagne di Io ad ospitare vulcani. Si ritiene che le montagne su Io si siano perlopiu’ originate da movimenti di zolle della crosta del piccolo pianeta…

Altre immagini e descrizioni della luna “Io” si possono trovare presso il sito della NASA“Galileo – Journey to Jupiter” oppure al sito dell’University Arizona’s Planetary Image Research Laboratory, Tucson

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Una finestra in infrarosso sull’universo lontano

Rilasciate da un team internazionale di astronomi, le immagini in banda infrarossa piu’ “profonde” mai realizzate finora.

Le immagini sono state acquisite utilizzando lo strumento ISAAC montato sul telescopio VLT da 8.2 m dell’European Southern Observatory (ESO).

Per realizzarle, il VLT e’ stato puntato per piu’ di cento ore, in condizioni di osservazione ottimali, in una zona di cielo denominata Hubble Deep Field South (HDF-S), utilizzando filtri in tre lunghezze d’onda infrarosse. Le immagini risultati rivelano galassie estremamente lontane: tali galassie appaiono in immagini infrarosse, mentre si scorgono appena in banda ottica, perfino nelle immagini piu’ profonde mai ottenute con il telescopio spaziale Hubble (HST).

Cio’ conferma come osservazioni condotte nel vicino infrarosso siano fondamentali per ottenere informazioni sull’universo piu’ lontano, ovvero, sfruttando la velocita’ finita della luce, sulle prime fasi di vita dell’universo stesso. Di fatto, le nuove immagini VLT hanno aperto un nuovo “campo di ricerca” che finora non era stato accessibile a livello osservativo.

Il campo denominato HDF-S e’ un piccolo campo di cielo nella costellazione del Tucano, nel cielo del sud, e copre un’area di cielo pari a solo l’un per cento di quella corrispondente alla luna piena. Tale zona e’ stata investigata da Hubble a piu’ riprese, con un tempo di esposizione totale pari a circa una settimana. Cio’ ha fornito l’immagine in banda ottica piu’ profonda mai realizzata, analogamente a quanto e’ stato fatto sul campo corrispondente nel nostro emisfero, con il campo Hubble Deep Field North (HDF-N). Sono campi scelti appositamente privi di stelle brillanti, al fine di poter investigare gli oggetti piu’ lontani, come galassie ed ammassi di galassie.

Le immagini VLT (nella foto ESO, un di queste immagini, in tre colori) di tali campi sono state ottenute nel corso di un importante progetto di ricerca, denominato Faint InfraRed Extragalactic Survey (FIRES), e sono state acquisite nelle bande infrarosse, dove il Telescopio Spaziale Hubble non e’ competitivo.

L’infrarosso si dimostra una banda molto proficua per la investigazione di galassie lontane, poiche’ la radiazione in banda ottica emessa da tali galassie viene spostata, per effetto del redshift, a lunghezze d’onda maggiori, fino appunto alla regione del vicino infrarosso. In realta’, alcune delle galassie trovate nelle immagini sono cosi’ lontane che – a motivo appunto della velocita’ finita della luce – in realta’ sono osservate com’erano quando l’universo era ancora estremamente giovane, ad un’eta’ inferiore ai due miliardi di anni (si stima che l’eta’ attuale dell’universo sia di 10-12 miliardi di anni).

Che si puo’ concludere da tali nuovi dati? Almeno due cose molto importanti:

  • sebbene le galassie appena identificate non sembrano in fase attiva di formazione di stelle, esse probabilmente forniscono (con quelle simili a loro) circa meta’ della massa della “materia ordinaria” presente a tale epoca. Cio’ e’ in deciso contrasto con le galassie lontane trovate in banda ottica, che si vedono molto blu, a causa del gran numero di stelle giovani e luminose al loro interno,
  • ancora, che le galassie che esistevano a tale epoca erano anche piuttosto grandi, ed alcune con la struttura a spirale tipica di alcune delle galassie vicine a noi.

Inutile dire che tali informazioni saranno preziose per meglio definire i complessi scenari di formazione ed evoluzione delle galassie…!

Approfondimenti ed altre foto: si consulti la press release ESO.

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Nuove ricerche sulla quantita’ di acqua su Marte…

Alcuni studi pubblicati di recente, rivelano che Marte puo’ essere stata, in passato, piu’ fredda di quanto ritenuto finora…

Due lavori pubblicati recentemente sulla rivista Science, segnalano lo sforzo di comprendere quanta acqua effettivamente era sul pianeta nel passato, e quanta ne rimane adesso, informazione che puo’ essere di importanza basilare tanto nella ricerca di eventuali forme di vita, quanto per pianificare eventuali future esplorazioni umane del pianeta rosso.

Uno dei lavori riapre la famosa questione di come fosse l’ambiente su Marte tanti e tanti anni fa. L’analisi della conformazione dei “canali” insieme con altre evidenze, ha spinto infatti diversi planetologi nel passato a ritenere che Marte avesse, nella sua “giovinezza”, un clima assai piu’ confortevole, caldo abbastanza da ospitare acqua liquida, e magari oceani, sulla sua superficie.

Tale quadro e’ messo in forse dai modelli attuali, secondo i quali il pianeta sarebbe stato colpito a piu’ riprese durante la sua storia, da grossi “pezzi di ghiaccio”, larghi anche 200 chilometri: per quanto in seguito a tali urti si possano aver avute modificazioni del clima, tali fenomeni vengono considerati temporanei, destinati in breve a vanificarsi, nell’attesa del successivo impatto.

Secondo gli stessi studi, anche i famosi “fiumi” con relativi “tributari” che spesso avevano fatto pensare ad un trascorso di acqua corrente (nella foto evidenziata una zona che mostra tali caratteristiche – Credit: Mars Odyssey THEMIS public data archive), dovrebbero andare rivalutati, nel senso che l’evidenza che vi sia passata veremente dell’acqua non e’ cosi’ stringente…

Per quanto Marte possa non aver avuto un passato cosi’ “caldo” come si riteneva un tempo, pero’ ha comunque una quantita’ considerevole di acqua che e’ sopravvissuta fino all’epoca attuale in forma ghiacciata. Grandi depositi di ghiaccio sono stati trovati nel passato intorno al polo nord del pianeta e – piu’ di recente – anche sotto la superficie del polo sud. Infatti, uno dei lavori appena pubblicati riporta la prima detezione chiara di acqua in forma ghiacciata intorno al polo sud marziano. Per ottenerla, gli scienziati hanno utilizzato dati dal Thermal Emission Imaging System (THEMIS) a bordo della Mars Odissey, ed anche dal Thermal Emission Spectrometer (TES) a borso del Mars Global Surveyor.
Al di la’ di quanto trovato finora, gli scienziati ritengono che comunque vi sia ancora molta acqua da individuare attorno alla regione del polo sud di Marte…

Approfondimenti sul sito Spaceflightnow (il presente testo e’ una sintesi del testo inglese sul sito)

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Un salvaschermo con la Crab Nebula?

Dal sito di Chandra, per gli affezionati delle indagini del cielo alle “alte energie”, e’ possibile scaricare dei simpatici salvaschermi…

Analogamente a quanto offerto dal sito del Telescopio Spaziale Hubble (HST), anche il sito della missione Chandra dedica, come e’ giusto, una notevole attenzione al pubblico dei “non specialisti” – interessati magari, perche’ no, anche alla semplice bellezza di alcune immagini ottenute dalla sonda in questi anni di attivita’- con una serie di tools scaricabili sul proprio PC.

Tra questi, segnaliamo oggi la possibilita’ di scaricare alcuni salvaschermi con le immagini di Chandra, da utilizzare sul proprio PC. Per avere sempre un occhio nello spazio…!

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