Blog di Marco Castellani

Mese: Gennaio 2003 Page 1 of 2

Scoperte nubi di formazione stellare nello spazio intergalattico

Importanti ricerche condotte in cooperazione da ricercatori al telescopio Subaru e al VLT nell’ammasso di galassie della Vergine, svelano la presenza di nubi “isolate”, sede di intensa formazione stellare…

L’ammasso di galassie della Vergine si trova ad una distanza di circa 50 milioni di anni luce da noi, ed e’ il piu’ vicino ammasso di galassie. E’ anche piuttosto popolato, tenendo conto che comprende al suo interno centinaia di galassie.




Campo stellare nell’ammasso di galassie della Vergine
(Credits: ESO)

Fino ad ora, era stata registrata la presenza di stelle solamente nella parte piu’ luminosa delle galassie. Le nuove osservazioni condotte con il telescopio Subaru e con il Very Large Telescope (VLT) hanno mostrato ora che le stelle di grande massa si possono formare anche in regioni piuttosto isolate, lontano dalla parte piu’ luminosa delle rispettive galassie: difatti e’ stata osservata una regione HII proprio al confine tra l’alone piu’ esterno di una galassia facente parte dell’ammasso, e lo spazio intergalattico dell’ammasso stesso. Le regioni HII prendono il nome dalla abbondanza in esse di idrogeno ionizzato, e sono luoghi di intensa formazione stellare.

Per quanto trovare nubi HII in posizione isolata sia comunque da considerarsi un evento raro, nondimeno tale scoperta potrebbe giocare un ruolo nella comprensione di alcune caratteristiche della nostra Via Lattea, difficilmente interpretabili finora negli attuali schemi teorici, quali la presenza di stelle giovani ad alta latitudine galattica, ovvero in posizione molto lontana dalle usuali “sedi” di formazione stellare, primo tra tutti (essendo una galassia spirale) il piano galattico stesso.

Per approfondimenti ed altre foto consultare la press release dell’ESO

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Nuove conferme per il decadimento dei neutrini

Dall’esperimento giapponese KamLAND arrivano nuove conferme per la teoria dell’oscillazione dei neutrini.

I neutrini sono delle particelle assai elusive: il Sole ne produce in grande quantita’, ma sappiamo che la maggior parte di esse attraversa il nostro pianeta senza subire alcuna interazione… Proprio studiando il flusso di neutrini proveniente dal Sole si e’ formulata la teoria dell’oscillazione delle varie specie di neutrini: il fatto che per lungo tempo i conti dei neutrini solari non si accordassero con le previsioni teoriche, ha indirizzato le ricerche sulla possibilita’ che – durante il tragitto tra il Sole ed il nostro pianeta – una certa percentuale di neutrini si trasformasse “in volo”, cambiando “specie” (le specie di neutrini sono elettronico, muonico e tauonico).

Ora i dati provenienti da KamLAND (che in realta’ studia antineutrini prodotti da reattori nucleari) confermano indirettamente tale teoria, ed anzi indicano come anche gli antineutrini sarebbero soggetti a simili trasformazioni di specie… il fatto che il conto di antineutrini elettronici rilevati in un anno di misure non “tornasse” con la quantita’ attesa (ed in questo caso, conoscendo i dettagli della sorgente “artificiale” di neutrini – il reattore – non pare esserci molto spazio per dubbi…) indica piuttosto inequivocabilmente come parte di essi si siano trasformati nelle specie tauoniche o muoniche, non rilevate dall’esperimento KamLAND… Una importante conferma, dunque, anche per le teorie sui neutrini solari.



La struttura di KamLAND (dal sito del Caltech)

Links : per ulteriori dettagli si legga la notizia sul sito web de “Le Scienze”, oppure su “boiler”, giornale di scienza, innovazione e ambiente dell’Enel.

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Chandra rivela la natura dei fenomeni energetici in M83

Un’immagine della galassia a spirale M83 appena rilasciata dal team di Chandra evidenzia la presenza di diverse stelle di neutroni e (indirettamente) di vari buchi neri…

Nell’immagine, disponibile da ieri nel sito di Chandra, si puo’ notare in primo luogo il nucleo luminoso della galassia stessa. Si ritiene che il nucleo sia stato interessato da un episodio molto forte di formazione stellare, iniziato circa 20 milioni di anni fa (o meglio, 20 milioni di anni prima che la luce che ora osserviamo partisse dalla galassia stessa: il tempo che impiega la luce che parte da M83 per compiere il tragitto fino a noi infatti dura ben 12 milioni di anni!)

L’interesse dell’immagine e’ proprio nei dettagli che essa fornisce sulla zona del nucleo: in particolare, le osservazioni rivelano la regione nucleare presenta una concentrazione di stelle di neutroni e di buchi neri (questi ultimi, rilevati attraverso la radiazione in banda X diffusa nell’ambiente circostante) assai piu’ elevata rispetto al resto della galassia.

Il quadro che emerge da queste nuove e dettagliate osservazioni e’ quello di una storia di formazione stellare nelle zone nucleari che avrebbe prodotto una grande quantita’ di stelle di alta massa, che poi su tempi relativamente brevi (ricordiamo che le stelle di grande massa “vivono” molto meno di quelle piccole) , avrebbero a loro volta prodotto esplosioni di supernova, stelle di neutroni e buchi neri. Indizi di tale attivita’ si sarebbero anche riscontrati dall’analisi delle abbondanze chimiche del gas caldo presente all’interno della galassia.

Links: la press release nel sito di Chandra.

Crediti immagine: NASA/CXC/U.Leicester/U.London/R.Soria & K.Wu

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“Avvenire” intervista Paul Davies

L’esistenza è basata su delicati rapporti matematici che fanno escludere il caso. Variare di poco tale equilibrio potrebbe cancellare la vita?

“Avvenire” di domenica 19 gennaio presenta una interessante intervista al famoso fisico e divulgatore Paul Davies. Da oggi si può leggere l’intervista anche dal sito web di Avvenire.

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Non partirà la sonda Rosetta

Alla fine la sonda non sfrutterà la prevista finestra di lancio, in questo mese. Il ritardo potrebbe essere anche di due anni e mezzo…

Rosetta, la missione spaziale più complessa ed ambiziosa diretta verso una cometa, non parte in gennaio, come inizialmente previsto. Il motivo che ha spinto l’ESA (L’Agenzia Spaziale Europea) a tale drastico rinvio pare sia collegato ai dubbi sull’affidabilità del “lanciatore” Ariane 5.

L’ESA sta ora considerando una serie di scenari alternativi, che permettano il lancio della sonda nei prossimi due anni e mezzo, naturalmente verso un diverso obiettivo.

Links:

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Scoperte nuove lune attorno a Nettuno

Tre “nuove” lune orbitanti attorno a Nettuno sono state appena scoperte da un team di astronomi guidati da Matthew Holman (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics) and JJ Kavelaars (National Research Council of Canada). Tale scoperta porta ad undici il numero di lune conosciute attorno al pianeta gigante…

Non venivano scoperte nuove lune di Nettuno dall’epoca del passaggio vicino al pianeta della sonda Vojager II, nel 1989 (da terra e’ ben dal 1949 che non si scoprono nuove lune di Nettuno).

Allo stato attuale delle conoscenze, sembra proprio che la varia popolazione di satelliti che accompagna i pianeti giganti sia il risultato di una collisione tra una antica “luna” e una cometa od un asteroide “di passaggio”. In questo senso, tali famiglie di piccole lune sono proprio ci? che gli astronomi si aspettano di trovare.

Va detto comunque che trovare i nuovi satelliti ? certamente stata un’impresa non facile, dato che sono realmente piccoli (30-40 Km di larghezza ognuno). Tali piccole dimensioni, insieme con la rilevante distanza dal Sole, fanno s? che tali oggetti brillino (per cosi’ dire) con una magnitudine pi? debole della venticinquesima, ovvero circa cento milioni di volte pi? deboli di quanto si possa scorgere ad occhio nudo!


La luna temporaneamente chiamata S/2002 N1 viene mostrata in queste immagini del quattro metri al
telescopio Blanco… la luna attende ancora una denominazione “ufficiale”.
(Credit: Matt Holman, Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics)

Tant’e’ che per trovarli, Holman e Kavelaars si sono dovuti inventare una tecnica innovativa. Usando il telescopio di quattro metri del telescopio Blanco al Cerro Tololo Inter-American Observatory , in Cile, ed il telescopio da 3.6 m CFHT, nelle Hawaii, gli scienziati hanno raccolto una serie di esposizioni della zona di cielo che circonda il pianeta Nettuno. Dopodiche’ hanno avuto cura di tracciare accuratamente il moto del pianeta stesso, ed hanno “sommato” le varie immagini dopo aver corretto le varie posizioni per il moto del pianeta. Questo accorgimento ha fatto si’ che la luce degli oggetti pi? deboli con moto simile a quello di Nettuno (come appunto le varie lune) venisse sommata nelle stesse posizioni dell’immagine, e dunque si potessero scorgere come “punti” luminosi, laddove invece le stelle venivano a formare “striscie” luminose, dunque facilmente separabili nel corso dell’analisi finale delle immagini… tecnica che come abbiamo visto, ha dato senz’altro i suoi frutti!

Links: si consulti la press release sul sito dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics

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Scoperta la nana bruna piu’ vicina mai osservata.

Un gruppo di astronomi ha scoperto una nana bruna ad una distanza che la rende la piu’ vicina mai osservata: meno di 12 anni luce dal Sole.

Le nane brune sono oggetti che hanno “mancato di poco” la possibilita’ di diventare stelle, poiche’ hanno una massa totale poco inferiore a quella necessaria per far partire le reazioni nucleari al centro della struttura, evento tipico delle stelle in fase di “sequenza principale”. In effetti si ritiene che la formazione delle nane brune sia del tutto analoga a quella delle normali stelle, solamente che per qualche motivo, per tali oggetti la massa totale non riesce a raggiungere la frazione di circa il 7.5 % di quella del Sole, limite minimo per l’innesco delle reazioni nucleari che trasformano l’idrogeno in elio, e forniscono energia alla struttura stessa.


La nana appena scoperta ha preso il nome di Epsilon Indi B, ed e’ la compagna di una stella brillante visibile nel cielo dell’emisfero sud, Epsilon Indi (con l’occasione, ribattezzata “Epsilon Indi A”), che fino a poco tempo fa si pensava fosse una stella singola.

Epsilon Indi B risulta possedere una massa pari a circa 45 volte quella di Giove, il pianeta piu’ grande del sistema solare, ed una temperatura superficiale di “soli” 1000 gradi centigradi. Dati che la pongono nella categoria delle “nane T”, oggetti che per le loro caratteristiche, si collocano a meta’ strada tra le stelle vere e proprie ed i pianeti giganti.

L’immagine ESO a fianco, mostra la nana bruna (evidenziata da un cerchietto) e la sua ben piu’ luminosa compagna Epsilon Indi A (sulla destra). La foto in altro proviene dalla “SuperCOSMOS Sky Surveys (SSS)”, in banda ottica, mentre quella in basso dalla “Micron All Sky Survey (2MASS)”, effettuata nel vicino infrarosso.

Approfondimenti: per maggiori informazioni, si puo’ consultare la press release dell’ESO.


Immagine: credits ESO

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L’immagine a colori piu’ profonda del cielo del sud…

ESO ha appena rilasciato un’immagine del campo Chandra Deep Field South (CDF-S) ottenuta con il telescopio a largo campo Wide Field Imager, che fornisce una visione eccezionalmente chiara sull’universo lontano…

L’immagine e’ il risultato della composizione di circa 450 esposizioni, per un tempo totale di telescopio di quasi cinquanta ore. L’area coperta e’ di poco maggiore di quella corrispondente alla luna piena, e comprende circa 100.000 galassie, diverse migliaia di stelle e centinaia di quasar.



L’immagine profonda ottenuta con il WFI
(clicca sull’immagine per vedere la versione piu’ grande)
Credits: ESO

La nuova immagine del Wide Field Imager (montato sul telescopio da 2.2 m, con un campo di circa 36 x 34 arcmin) non e’ certo cosi’ profonda come le corrispondenti immagini del campi HST denominati “Hubble Deep Fields”, ma va sottolineato come questa copra un campo di vista ben 200 volte piu’ esteso.

Immagini di questo tipo sono utilissime per ottenere un censimento accurato della distribuzione e del numero di galassie distanti e quasar, consentendo uno studio dettagliato di tutte le fasi evolutive dell’universo, fin dalle sue prime fasi, allorche’ aveva appena due miliardi di anni.

Ulteriori dettagli disponibili sulla press release dell’ESO.

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