GLi ammassi globulari sembrano sempre uguali, perchè le immagini acquisite con i telescopi li mostrano, ovviamente, come “congelati” nel tempo. In realtà, invece, le stelle che fanno parte dell’ammasso, oltre a muoversi in esso, presentano frequenti variazioni di luminosità, cos’ che l’ammasso stesso “brilluccica”, si può dire…

Per quanto il tempo che impiega una stella a traversare tutto l’ammasso in cui si trova, sia piuttosto lungo (dell’ordine di centomila anni), dunque difficilmente osservabile, così non è per le variazioni di luminosità superficiale, per nostra fortuna. Queste presentano un periodo tipicamente di qualche ora, e dunque nell’arco di una notte la loro variazione di brillanza si ripete diverse volte.




L’ammasso globulare M3

Credits: J. Hartman & (Harvard CfA) & K. Stanek (Ohio State U.)

Nella foto (presentata da APOD nella giornata di ieri) dell’ammasso globulare M3, in realtà un’animazione composta da diverse immagini acquisite nell’arco di una notte, si possono agevolmente individuare le stelle che “brillucicano”: principalmente sono variabili di tipo RR Lyraae, presenti a decine (o centinaia anche) in molti ammassi globulari. Sono assai importanti per gli astronomi, dato che dalla misura del loro periodo di variazione di luminosità, si può risalire alla loro luminosità intrinseca: questo ad esempio permette, dal confronto con la luminosità apparente, di determinare la loro distanza, con una precisione impossibile con altre tecniche…



http://antwrp.gsfc.nasa.gov/apod/ap070415.html

Loading