Blog di Marco Castellani

Mese: Maggio 2007 Page 1 of 5

Proprio a metà, tra una stella ed un pianeta…

Le nane brune sono stelle “mancate” la cui massa è appena un pò sotto il limite minimo
perchè si inneschi la fusione dell’idrogeno. Ma dove si può tracciare la linea di
confine tra un pianeta molto grande ed una “quasi-stella” ? L’osservatorio Gemini
ci ha aiutati a scoprire la più fredda nana bruna mai vista: è proprio a metà tra una
stella ed un pianeta…

L’oggetto è denominato ULAS J0034-00, e ha una massa di circa 15-30 volte quella del nostro
Giove. Per quanto sembri parecchio, è in realtà ancora così poco che risulta possedere
la temperatura di superficie più bassa mai registrata per una nana bruna: appena
600-700 gradi Kelvin. Si trova a solo 50 anni luce da noi, molto più vicina della
gran parte delle stelle che si possono vedere ad occhio nudo nel cielo notturno: ma è
così fredda, che sono con strumenti molto potenti si riesce a scorgerla…




La nana bruna ULAS J0034-00

Credits: Gemini Observatory



Gemini Observatory Press Release

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Anche le stelle di grande massa possono fare le binarie…

Gran parte delle stelle nell’Universo si trovano in sistemi binari, od anche multipli, dove
diverse stelle orbitano intorno ad un comune centro di gravità. Ora gli astronomi hanno scoperto
un sistema binario peculiare, dove due stelle di massa molto grande stanno orbitando l’una attorno
all’altra…

La scoperta è stata fatta tramite il satellite della NASA chiamato
Far Ultraviolet Spectroscopic Explorer (FUSE, in breve). FUSE si è rivolto ad un sistema
chiamato LS54-425 nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della nostra Via Lattea.
Il sistema contiene due stelle: una la cui massa è circa 37 volte quella del Sole, e l’altra la cui massa
è invece 62 volte quella della nostra stella.




Rappresentazione “artistica” di un sistema binario massivo

Credits: NASA/Casey Reed

Per quanto siano estremanente masive, queste due stelle di “tipo O” orbitano l’una intorno all’altra,
a circa un sesto della distanza tra la Terra ed il Sole, completando un’orbita in un tempo di poco
superiore ai due giorni. Entrambe le stelle generano una grande quantità di vento solare, che collide,
producendo radiazione in banda X ed ultravioetta: è stata proprio questa a permettere a FUSE di rilevare
il peculiare sistema binario, in effetti.

Si ritiene che, col tempo, le due stelle si avvicineranno progressivamente, fino a fondersi in una unica stella gigante, circa cento volte (!) più grande del Sole…



NASA Press Release

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VLA trova indicazioni dell’esistenza di buchi neri di massa intermedia

Sappiamo bene ormai che i buchi neri supermassivi si nascondono nel centro delle galassie, con una massa
tipica che può arrivare anche a quella di milioni di stelle. Dall’altro lato, vi sono i buchi neri “stellari”
con massa pari a qualche volta il nostro Sole. Gli astronomi si sono spesso domandati come mai non
riscivano a trovare buchi neri di massa “intermedia”, ovvero dell’ordine di centinaia o migliaia di masse
solari… almeno, fino ad oggi!

Utilizzando il radio telescopio Very Large Array (VLT) della National Science Fundation, gli astronomi
hanno indiiduato un ammasso globulare nella galassia di Andromeda (M31) che sembra contenere un
buco nero di circa 20.000 masse solari: finalmente, uno dei tanto ricercati buchi neri di massa intermedia!



Very Large Array. Image credit: NRAO/AUI/NSF


I ricercatori, all’inizio, hanno rilevato la radiazione in banda X emessa dall’ammasso globulare; hanno
poi effettuato osservazioni nello spettro delle onde radio, per trovare conferma che un oggetto
compatto di grande massa fosse presente al suo interno. Sebbene la spiegazione migliore rimane quella
di un buco nero, in effetti potrebbe anche essere un ammasso di oggetti compatti, come le stelle di
neutroni e buchi neri. E’ molto interessante il fatto che la quantità di emissione radio proveniente dall’oggetto sembra rispettare in pieno
le stime effettuate per buchi neri con massa intermedia tra quella della categoria “stellari” e “supermassivi”…



La notizia su Universe Today


NOAO Press Release

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Messier 81, come non l’abbiamo mai vista…

E’ senza dubbio l’immagine più definita della galassia Messier 81 che sia mai stata acquisita. Costruita con una serie di immagini prese con il telescopio spaziale Hubble, è tra le più estese in nostro possesso. M81 è una delle galassie più luminose che si possano vedere dalla Terra…

La galassia Messier 81 risulta inclinata di un certo angolo lungo la linea di vista, il che ci permette di poter osservare meglio la sua conformazione a spirale. E’ una galassia simile alla nostra Via Lattea, ma l’angolo di vista favorevole ci permette di comprenderne meglio la morfologia complessiva anche rispetto alla nostra stessa Galassia, dandoci una vista d’insieme dell’architettura di una tipica galassia a spirale, cosa che nel caso della Via Lattea sarebbe chiaramente impossibile.

LaGal

L’immagine della galassia M81 rilasciata da Hubble: è davvero suggestiva, soprattutto se ammirata a pieno schermo (cliccare sulla foto per il formato più grande)! Credits: NASA, ESA, and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA) Acknowledgment: A. Zezas and J. Huchra (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics)

Per quanto la galassia sia distante da noi ben 11,6 miliardi di anni luce, la visione di Hubble è così definita che si riescono anche a risolvere alcune singole stelle, insieme con addensamenti quali ammassi aperti e globulari, ed anche regioni di gas fluorescente…

Spacetelescope.org Press Release

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Un… buco su Marte?

Sono stati scoperti del “punti neri” sulla superficie di Marte, così scuri che non si riesce a vedere nulla all’interno. Con ogni probabilità, sono delle entrate per delle caverne sotterranee…

…capaci anche (almeno così riporta il sito di APOD oggi) di custodire forme di vita marziane, se ci dovessero essere.
La bizzarra imagine si riferisce ad una zona di Marte vicino al vulcano gigante Arsia Mons, ed è stata catturata dall strumento HiRISE a bordo del Mars Reconnaissence Orbiter, che al momento sta orbitando intorno a Marte.


L’entrata della cavità “oscura” su Marte

Credit: NASA, JPL, U. Arizona

Della notizia ne riferisce anche il sito Universe
Today
che riporta anche un link al blog della Planetary Society

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Le stelle in “fusione” potrebbero formare la nuova classe delle “nove rosse luminose”

Gli astronomi conoscono da tempo diversi tipi di “esplosioni” nello spazio. Gli eventi di
supernova si generano quando stelle di grande massa terminano in maniera esplosiva la loro
evoluzione, per diventare buchi neri, ad esempio. Potrebbe essersi trovata ora una nuova classe
di esplosioni: una “nova rossa” luminosa…

L’evento esplosivo è stato scoperto in una galassia vicina nell’ammasso della Vergine, chiamata Messier 85. Gli astronomi hanno osservato una stella diventare molto più brillante: non brillante come una supernova, comunque, seppure più brillante di una classica “nova”. Invece di un flash molto rapido, l’aumento
della luminosità è più graduale, con un caratteristico colore rosso.

Gli astronomi nell’articolo originale che riporta la scoperta,ipotizzano che questo tipo di esplosioni si verifichino quando due stelle normali
in un sistema binario finiscono per interagire strettamente l’una con l’altra, formando quello che
viene chiamato un “inviluppo comune”.




La galassia M85

Credits: NOAO/AURA/NSF

Il residuo rimasto dopo l’evento esplosivo risulta troppo debole per essere visto perfino da Hubble,
ma ancora abbastanza brillante, in banda infrarossa, per essere rilevato con il telescopio spaziale
Spitzer. Sembra esserci poco dubbio sul fatto che si sia trovata una nuova classe di oggetti, ed ora
gli astronomi tenteranno di raffinare i loro metodi di ricerca, per trovare altri oggetti dello stesso
tipo…



Caltech Press Release

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Gatto Tigrato al debutto…

Ieri mi sono deciso… Da un pò di giorni pensavo che la piccola storia Gatto Tigrato, scritta per mio figlio Simone (e con alcune idee concordate con lui), fosse praticamente pronta. Però ogni volta che trovavo il tempo per rileggerla, trovavo delle correzioni da fare, dei periodi da sistemare, parole da cambiare, e così via.

Alla fine ho pensato beh basta con le revisioni, ieri l’ho stampata e gliela ho messa sulla sua scrivania “dei compiti”. Quando l’ha vista ho scorto lo stupore nel suo viso, al vedere le tre pagine stampate fitte fitte… Accipicchia quanto è diventata lunga, mi ha detto sfogliando le pagine (più o meno)

Ora attendo la sua revisione critica, se ci sono modifiche da fare, ho messo in chiaro che le avrei fatte senz’altro…

http://writer.zoho.com/public/mcastel/Gatto-tigrato1

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Anche le stelle povere di metalli possono avere pianeti…

Ben sappiamo come la materia che ci circonda, sia stata elaborata per mezzo della fusione nucleare, all’interno delle strutture stellari, e poi riversata nello spazio quando la stella termina il suo percorso finendo a supernova. In molti casi questi elementi “pesanti” hanno attraversato anche più di una stella, nel loro tragitto evolutivo che li ha condotti fino a noi. Dunque si può comprendere come sia sorprendente scoprire, ora, la scoperta di pianeti intorno ad una stella povera di “metalli”…

…Eppure pare ci siano! Specifichiamo, intanto, che in astronomia si usa definire come “metalli” gli elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio (i componenti largamente maggioritari nella composizione chimica delle stelle). Potremmo dire che i pianeti sono tanto ricchi di elementi pesanti quanto le stelle ne sono povere (e viceversa). La scoperta cui ci si riferisce è stata fatta
da un team di ricercatori dell’Università del Texas, utilizzando l’Hobby-Eberly Telescope presso il McDonald Observatory. Con tale strumentazione, gli astronomi sono riusciti ad individuare due pianeti di tipo gioviano che orbitano intorno ad una stella talmente povera in metalli che non si pensava potesse avere attorno alcun tipo di pianeta.

La stella è conosciuta con la sigla HD 155358, ed i pianeti sono stati scoperti usando un metodo basato sulle velocità radiali, sfruttando il fatto che la massa del pianeta provoca una minima oscillazione nella velocità della stella, che possiamo rilevare dalla Terra. Da questa, poi, si ricavano i dati come la massa dei pianeti e l’ampiezza della loro orbita.

In questo caso, uno dei pianeti ha un periodo orbitale di 195 giorni, ed una massa di poco inferiore a quella di Giove. L’altro impiega invece 530 giorni per fare un’orbita, e la sua massa è circa metà di quella di Giove. Risulta anche che essi orbitano così vicino l’uno all’altro, che si pensa debbano per forza interagire gravitazionalmente: in pratica, si spingono l’uno con l’altro…

University of Texas Press Release

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