Blog di Marco Castellani

Mese: Maggio 2007 Page 2 of 5

Gli anelli di Saturno? Forse “pesano” il doppio…!

Nuove osservazioni dalla sonda Cassini della NASA hanno mostrato come l’anello più esteso di Saturno non è costituito
da una distribuzione regolare di particelle, senza discontinuità, come si potrebbe desumere dalle fotografie. Al contrario,
è in realtà composto da addensamenti di materia molto densi separati tra loro da spazio praticamente vuoto… e la massa totale
potrebbe essere anche il doppio di quanto stimato in precedenza.

Lo scenario che si va definendo, con il contributo insostituibile della sonda Cassini, è piuttosto articolato: l’anello
sembra costituito infatti da frammenti che sono continuamente in collisione tra loro, si frantumano, si riformano. E non è
tutto, perchè tali “grumi” hanno finora tenuto nascosto, si può dire, il vero valore della massa degli anelli: il valore ritenuto
valido fino ad oggi, difatti, si basava sull’assunzione che la massa fosse distribuita in maniera omogenea, ma appunto pare che questa
ipotesi debba essere abbandonata. Se si tiene in conto la presenza di questi “grumi”, il valore totale della massa per gli anelli
potrebbe essere pari al doppio od anche di più.




Questa immagine a falsi colori degli anelli principali di Saturno è stata fatta combinando dati da diverse occultazioni
stellari, utilizzando lo spettrografo ultravioletto di Cassini.

Credits: NASA/JPL/University of Colorado

Per effetturare il calcolo, gli astronomi hanno misurato la luminosità di una stella nel momento in cui si trovava a passare
dietro gli anelli. Questo ha permesso a Cassini di valutare la quantità di materia che si trova sulla linea di vista della stella,
oscurandone la luce, determinando in tal modo lo spessore degli anelli. Per la natura degli anelli, invece di sfumare gradualmente,
la luce della stella brilla in maniera irregolare quando si trova a passare dietro i frammenti di materia che formano gli anelli
stessi.



NASA/JPL/University of Colorado Press Release

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In caccia dei buchi neri… più veloci!

Alcuni astronomi si sono dedicati ad una indagine piuttosto difficile: la caccia ai buchi neri espulsi dal centro delle loro galassie! In realtà, taluni dubitano perfino che la ricerca abbia un obiettivo “esistente”, visto che sappiamo che un buco nero deve “rubare” materia da un disco di accrescimento, per emettere (sia pure indirettamente) radiazione luminosa, e dunque poter essere individuabile dai ricercatori.

Tuttavia…

…se il buco nero viene espulso dalla sua galassia e gettato negli “spazi aperti”, c’e’ da chiedersi se il disco di accrescimento possa andar via con lui, o piuttosto se rimane indietro…

Adesso arrivano dei nuovi calcoli, da parte del teorico Avi Loeb (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics), che danno ai “cacciatori di buchi neri”, ragionevoli speranze che la loro ricerca possa avere dei frutti. Loeb ha mostrato, infatti, come in genere un buco nero espulso dal centro di una galassia, possa ben portare con se anche il suo disco di accrescimento, e dunque rimanere “alimentato” e visibile anche per diversi milioni di anni.

“La materia nel disco (di accrescimento) ruota intorno al buco nero molto più velocemente del valore tipico della velocità di espulsione del buco nero stesso.Questo implica che la materia sia così strettamente legata che può seguire il buco nero come un gregge di pecore segue il pastore”, ha detto Loeb al proposito.

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Nello scenario esaminato da Loeb, due galassie entrano in progressiva collisione e alla fine si fondono. Allora i buchi neri ruotanti, di grande massa, presenti al centro delle rispettive galassie, si fondono, emettendo fasci di radiazione gravitazionale in particolari direzioni. Le simulazioni al computer mostrano come il momento netto trasportato dalla radiazione fornisce al buco nero risultante una forte spinta nella direzione opposta al fascio di radiazione gravitazionale. In questo modo, il buco nero può acquisire una velocità considerevole, tale da permettergli di traversare una intera galassia nel tempo (cosmologicamente assai breve) di appena dieci milioni di anni…!

CfA Press Release

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Ben più attivi di quanto ritenuto finora…

L’evento di scoppio di un lampo gamma è noto per la sua grande quantità di energia rilasciata, tanto da essere considerati uno dei fenomeni astrofisici più “energetici” in senso assoluto. L’energia viene usualmente rilasciata per un tempo molto breve, poiché i lampi gamma sono eventi molto rapidi. Ora però sembra che il satellite Swift della NASA abbia trovato evidenze di come alcuni lampi possono rimanere attivi anche per diversi minuti, se non addirittura ore…

La esatta natura dei lampi gamma (“gamma ray burst”) è rimasta un mistero per l’astronomia fino ai tempi più recenti. La quantità di energia rilasciata ha sempre intrigato gli astronomi, stimolandoli nella ricerca della esatta natura fisica di tale fenomeno, che può rilasciare in breve tempo una energia comparabile a quella fornita dal Sole nell’intero arco della sua esistenza. Ora si ritiene che essi siano originati da un tipo particolare di evento di supernova, quando il nucleo di una stella di grande massa collassa a formare un buco nero oppure una stella di neutroni (a seconda della massa della stella). In tale scenario, si forma un disco gassoso intorno al nucleo centrale, e i forti campi magnetici presenti concorrono ad incanalare il meteriale in una coppia di fasci che si dipartono dal buco nero, ad una velocità pari quasi a quella della luce.

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Una illustrazione “artistica” di un lampo gamma. Crediti: NASA

Alcune osservazioni preliminari condotte dal satellite Swift della NASA hanno trovato che i lampi gamma si originano perlopiù alcuni minuti, od anche ore, dopo i corrispondenti lampi in banda X, a durata molto breve. Tali lampi ci suggeriscono che l’oggetto che ha creato il ampi gamma sia ancora attivo, in realtà, dopo il flash iniziale. Sembra proprio, alla luce di queste osservazioni, che invece di consumare tutto il “propellente” a disposizione in un singolo grande “scoppio” di grande energia, si debba invece pensare ad una caduta progressiva di materiale all’interno del buco nero, quasi ad “ondate”. Ogni volta che arriva l’ondata di materia sul buco nero, essa viene trasformata in energia e il buco nero emette un torrente di radiazione in banda X. Il fenomeno prosegue fino ad esaurimento completo del materiale…


NASA Press Release

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Ti mando un mail…

Accipicchia… Forse questa cosa della tecnologia ci sta prendendo un pò la mano.

Ieri sera stavo sul letto con il portatile sulle ginocchia. Stavo finendo di sistemare un piccolo racconto, e ho pensato “Lo dico anche a Paola, ora gli mando un mail….” Dopo aver scritto ed inviato il messaggio, mi sono improvvisamente reso conto dell’aspetto bizzarro della situazione: ma tu guarda, mi sono detto, sto comunicando vie email non con una persona lontana, che non posso raggiungere fisicamente, ma ad una persona – mia moglie – che ho vicinissimo in questo momento: è proprio accanto a me che dorme…

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Da Chandra nuove immagini della galassia di Andromeda, la… nostra vicina!

L’osservatorio spaziale in banda X Chandra ha acquisito delle interessante immagini della galassia Andromeda (M31), tra
le grandi galassie la più vicina alla Via Lattea…

Nella figura qui riportata, l’immagine più grande è quella acquisita in banda ottica, mentre la regione ingrandita
rappresenta una composizione di immagini in banda X e nell’ottico. L’obiettivo della ricerca era di individuare
regioni attive in banda X e sorgenti puntiformi, all’interno del nucleo centrale della galassia.

L’alone bluastro diffuso intorno al centro della galassia, proviene da gas caldo, brillante, mentre i puntini bianchi
sono per la maggior parte stelle binarie in mutua interazione. In determinate configurazioni, può accadere che una nana
bianca “strappi” della materia dalla sua stella compagna. In tal caso, quando la quantità di gas raccolto supera un certo
limite, si verifica una esplosione sulla superficie della nana bianca, che gli astronomi possono rilevare sotto forma
di un flash in banda X, fenomeno che viene chiamato “nova”.


La composizione di immagini della galassia di Andromeda (M31)

Credits: Credit: X-ray: NASA/CXC/MPE/W.Pietsch et al; Optical: NOAO/AURA/NSF/T.Rector e B.A.Wolpa

Studiando queste novae per un periodo di tempo prolungato, utilizzando diversi telescopi che operano in banda X, i
ricercatori hanno scoperto come molte di queste novae siano visibili soltanto per un periodo di tempo
sorprendentemente breve: ciò significa che probabilmente molti eventi di nova non sono stati rilevati durante le
precedenti osservazioni.

Tra le ipotesi al vaglio della teoria, una è che le novae così “rapide” si verifichino quando le nane bianche sono di
massa molto elevata, dunque con caratteristiche vicine alla configurazione che conduce poi alla supernova di “tipo 1a”…



Chandra Press Release

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Le mille stelle giovani di Orione…

L’immagine più recente che ci giunge dal telescopio spaziale Spitzer mostra un addensamento
di stelle “bambine” all’interno della nebulosa di Orione. Gli astronomi ritengono che, circa
tre milioni di anni fa, la regione sia stata raggiunta dalle onde d’urto di una supernova, che
hanno portato all’addensamento delle nubi di gas e polveri, dando così inizio ad una
nuova generazione di stelle.

La regione investigata da Spitzer si chiama Barnard 30, ed è posta a circa 1300
anni luce dalla Terra, appunto nella costellazione di Orione. Più in dettaglio,
è localizzata appena a destra dietro la stella considerata la “testa” di Orione, chiamata
Lambda Orionis.



La regione “Barnard 30” nella Nebulosa di Orione, investigata da Spitzer

Credits: NASA/JPL-Caltech/D. Barrado y Navascués (LAEFF-INTA)

Dato che la regione è immersa in spesse nubi di gas e polveri che bloccano il percorso
della luce visibile, questo è chiaramente un obiettivo ideale per Spitzer, che operando
in banda infrarossa, riesce a penetrare attraverso questi strati per investigare le popolazioni
stellari che vi si trovano. Nella figura, le colorazioni arancione-rosso rappresentano
particelle riscaldate dalle stelle di recente formazione. I punti più rossastri sono invece
proprio le stelle più giovani, immerse negli aloni di gas e polveri (le differenze si apprezzano
meglio osservando la figura ad altra risoluzione, disponibile
sul sito di Spitzer.
Attenzione è di 1.5 Megabyte, piò essere un pò lenta da caricare)…



Spitzer Press Release

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Buchi neri supermassivi in un processo di fusione galattica

Alcuni astronomi hanno individuato un processo di fusione galattica in atto. Ciò è avvenuto attraverso la determinazione della esatta posizione dei buchi neri di grande massa, presenti all’interno di ognuna della due galassie. Questa coppia di giganti stanno spiraleggiando uno intorno all’altro, e nel tempo di milioni di anni, alla fine si fonderanno insieme, rilasciando una gran quantità di onde gravitazionali…

Le due galassie sono note con il nome di insieme di NGC 6240, e si trovano a circa 300 milioni di anni luce dalla Terra. Sono state oggetto di recente indagine da parte del telescopio dell’osservatorio del Keck nella Hawai. Grazie al suo efficace sistema di ottiche adattive, il Keck ha potuto rilevare come queste galassie possiedano due dischi di stelle in rotazione, ognuno
dei quali ospita al suo centro un buco nero supermassivo.

Milioni di anni fa, queste erano due galassie ben distinte, che pian piano hanno cominciato ad avvicinarsi e a risentire dell’attrazione gravitazionale della compagna, iniziando così il processo destinato a portarle alla completa fusione. Tale fenomeno di evoluzione galattica è simile ai processi stessi che hanno dato origine alla nostra Via Lattea, nell’arco di miliardi di anni.

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L’oggetto NGC 6240 è in realtà una coppia di galassie. Crediti: C. Max, G. Canalizo, W. de Vries

La coppia di buchi neri supermassivi al momento sta pian piano cadendo verso il comune centro di gravità. Si ritiene che, in un arco di tempo che potrebbe andare da 10 a 100 milioni di anni, siano destinati a fondersi in un singolo enorme buco nero. La collisione dovrebbe rilasciare una notevole quantità di onde gravitazionali.

UC Santa Cruz Press Release

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Da Cassini una bella immagine di Saturno… in blu!

E’ davvero bella a vedersi, questa recente immagine di Saturno acquisita dalla sonda Cassini. E gli anelli sono di un suggestivo colore blu…!

L’immagine è appena stata inserita nel sito della sonda Cassini, e quel che si può ammirare è una vista di Saturno da un punto in alto rispetto le latitudini più settentrionali del pianeta, la quale fornisce una visione molto estesa degli anelli principali, dall’anello”C” all’anello “A”.


Saturno ha vestito i suoi anelli di blu…

Credits: NASA/JPL/SSI

Perchè gli anelli appaiono in blu? Cassini in realtà ha catturato questa immagine in tre differenti lunghezze d’onda, tutte in luce infrarossa. Successivamente, le immagini sono state composte ed elaborate al computer, in modo da ricomporle con una una scala cromatica “artificiale” che spaziasse sui colori rosso, verde e blu. Simili procedure non sono affatto incosuete, poichè forniscono una maniera molto diretta
di poter apprezzare anche le più sottili differenze sul pianeta e sui suoi anelli. Tenendo presente, però, che quel che si vedrebbe
ad occhio nudo sarebbe diverso, ovviamente…!



NASA/JPL Press Release

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