Decisamente, le scoperte in astronomia non provengono ormai solo dallo spazio “profondo”: anche la nostra Galassia ci riserva
delle simpatiche sorprese, come l’individuazione di un “nuovo” ammasso globulare, FSR1767, che risulta tra le altre cose essere il più vicino a noi finora rilevato…!

Con poche eccezioni, gli ammassi globulari sono oggetti estremamente antichi, poichè si sono formati nelle fasi iniziali della Galassia, e trattengono importanti informazioni, nella struttura e nella distribuzione nello spazio, che risultano essenziali
per comprendere le condizioni fisiche presenti al momento della formazione della Via Lattea. Comprendere dunque la distribuzione
spaziale degli ammassi, come pure la distribuzione nei loro valori di luminosità, è di grande importanza per gli scienziati
che studiano le modalità di evoluzione della nostra Galassia.

Di fatto, negli ultimi anni ci siamo accorti che il numero di ammassi globulari nella Galassia è lentamente aumentato,
a mano a mano che venivano condotte ricognizioni più profonde ed estese. Così appena un paio di anni fa, sono stati scoperti
GLIMPSE-C01, Whiting 1, ed altri ancora. Ancor più di recente, una ricognizione condotta nel programma 2MASS di indagini in infrarosso su vaste porzioni di cielo, ha permesso di
individuare e selezionare altri nove possibili candidati a ruolo di ammasso globulare, all’interno della nostra
Galassia. Pochi giorni fa è apparso in forma di preprint un lavoro a firma di Bonatto e collaboratori, che studia in dettaglio
uno dei candidati selezionati dall’indagine 2MASS, FSR1767, e mostra come sia senza ambiguità un “nuovo” ammasso globulare.
La cosa interessante è che è davvero vicino, avendo una distanza di circa 1.5 chiloparsec dal Sole, il che ne fa
l’ammasso globulare più vicino a noi finora conosciuto.

Come si può spiegare il fatto, dunque, che non fosse mai stato rilevato, mentre conosciamo bene da tempo ammassi globulari
assai più lontani? Una spiegazione è nel fatto che l’ammasso è assai vicino ma “nascosto” alla visione diretta dal nucleo
stesso della nostra Galassia, in maniera tale che la luce di questo (non troppo grande) agglomerato di stelle non risulta
chiaramente visibile da Terra, essendo schermata dai gas e polveri del nucleo galattico stesso. La radiazione in banda infrarossa
invece attraversa molto più agevolmente le regioni ricche di gas: questo ci fa comprendere come si sia dovuta attendere un
ambizioso progetto di ricognizione infrarossa come 2MASS per poterlo scovare!

Insomma, questo forse ci insegna come alle volte
ci sfuggono per anni anche le cose che abbiamo sotto il naso: è che bisogna sapere “come guardare”, per poterle scovare…



L’articolo scientifico originale
(in pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society)

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