Gli astronomi hanno misurato la distribuzione di massa all’interno di un filamento opaco in una nube molecolare, con un incredibile livello di dettaglio. La misura è basata su un nuovo metodo che consiste nel guardare la luce diffusa nella banda del vicino infrarosso, e che in questo caso si appoggia sul telescopio NTT di ESO…

Associata con il nuovo telescopio VISTA, ora in allestimento, questa nuova tecnica permetterà di comprendere ben più a fondo i dettagli delle regioni di fresca formazione stellare.

I vasti spazi tra le stelle sono permeati da giganteschi “complessi” di gas freddo e polvere, che risultano opachi alla luce visibile. Tuttavia, queste sono le future “nursery” stellari, e dunque rivestono una grande importanza per gli astronomi, che sperano – attraverso lo studio di queste regioni – di comprendere sempre meglio “dove” e “quando” le nuove stelle si potrebbero formare.

Non è comunque un compito facile: essendo queste nubi opache alla luce visibile, la distribuzione della materia può essere investigata solo con metodi indiretti. Uno di questi è appunto basato sulla misura della luce dalle stelle che sono poste dietro la nube molecolare stessa. La limitazione di questo metodo è naturalmente quella che i livelli di dettaglio ottenibili dipendono dalla distribuzione delle stelle sullo sfondo della regione in oggetto.



Parte di un filamento nella nube molecolare Corona Australis.

Credits: NTT/SOFI/ESO website

Nel 2006, alcuni astronomi – tra cui Paolo Padoan – hanno avanzato l’idea secondo la quale le “mappe” di luce diffusa potrebbero essere usate come traccianti alternativi della struttura interna delle nubi: il punto è di stimare la quantità di polvere posta lungo la linea di vista, misurando l’intensità della luce diffusa, nella banda del vicino infrarosso.

Le nubi molecolari infatti sono debolmente illuminate dalle stelle vicine: la luce viene diffusa dalla polvere stessa all’interno delle nubi, secondo un effetto chiamato “cloudshine” (traducibile forse in “brillamento di nuvola” ?) e ben noto agli astrofili, perchè è i grado di creare meravigliosi capolavori d’arte nella luce visibile, come ne è esempio lo splendido complesso di nubi di Chamelon I.

Le recenti osservazioni ESO mostrano in pieno la validità di tale approccio, almeno altrettanto interessante rispetto a quello “classico” consistente nell’impiego della luce delle stelle sullo sfondo.


Press Release ESO

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