Blog di Marco Castellani

Mese: Maggio 2008 Page 1 of 2

Braccio di ferro su Marte

Un articolo su “La Stampa” fa il punto in maniera efficacie sullo stato della sonda Phoenix appena arrivata su Marte, e sulle sfide che la attendono…

“Le immagini che arrivano da Marte sono chiare, desolanti e dunque perfette: la pianura di polvere e rocce si estende a perdita d'occhio..”

Leggi l’articolo online Braccio di ferro su Marte

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L’antico oceano di Marte: troppo salato per la vita?

Proprio mentre la sonda Phoenix – atterrata con successo su Marte – sta predisponendo il suo braccio meccanico
per raccogliere frammenti di suolo marziano da analizzare, alcuni scienziati ci forniscono notizie che raffreddano
gli entusiasmi riguardo la possibilità che Marte abbia potuto ospitare dei microorganismi: il problema sarebbe nella
salinità dell’acqua…

… Per la precisione, sembra che l’acqua che una volta copriva la superficie del pianeta, fosse troppo salata e troppo
acida per poter sostenere lo sviluppo di forme di vita. E’ questo il risultato di un nuovo insieme di analisi
geochimiche su campioni di terreno analizzati dai rovers giunti in precedenza sulla superficie del pianeta, analisi riportate
sul periodico Science proprio questa settimana.




Una immagine del suolo di Marte recentemente acquisita da Phoenix

Credits: NASA

Gli scienziati valutano che l’oceano su Marte, che avrebbe coperto parte del pianeta tra 3,5 e 4 miliardi di anni fa, sarebbe
stato più salato del Grande Lago Salato negli Stati Uniti, ed in pratica quasi salato come il Mar Morto, e dunque decisamente inospitale per
eventuali forme di vita.

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Permafrost su Marte e sulla Terra

Le prime osservazioni compiute dalla sonda Phoenix – appena arrivata su Marte – mostrano un ambiente che risulta
piuttosto familiare agli scienziati, ed in particolare a quelli che studiano gli ambienti polari del nostro stesso
pianeta…

… In particolare, si può notare una peculiare conformazione a “poligoni” in cui si struttura il permafrost
allorchè con periodicità stagionale alterna fasi di ghiaccio a fasi liquide.
Questa configurazione è stata “catturata”
sul suolo marziano anche da precedenti missioni, tanto che è tra le più decise evidenze del fatto che le regioni
polari di Marte ospitino grandi quantità di ghiaccio d’acqua.




Permafrost sulla Terra e su Marte: non così diversi, in questo caso..!

Credits: NASA

La coppia di immagini mostra bene le similarità tra la superficie di Marte dove è atterrata la sonda Phoenix (in alto) e il
permafrost in una regione polare presso le isole Svalbard (Norvegia).
La configurazione poligonale si forma nel permafrost allorchè il terreno passa dallo stato ghiacciato a quello
liquido e viceversa (per quanto la foto “terrestre” mostri una grande quantità di acqua in superficie, il processo presumibilmente
si verifica al di sotto della superficie stessa, in una regione con molta meno acqua).



NASA Earth Observatory Press Release

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Da Phoenix, le prime immagini a colori del suolo marziano

La sonda Phoenix, appoggiatasi con pieno successo al suolo marziano, sta inviando delle interessanti e dettagliatissime
immagini a colori dell’ambiente circostante…

…se non è come essere su Marte, certo ci manca poco! Per quanto i colori non vadano pensati come
assolutamente “fedeli”, dato che la procedura di “colorazione” si basa – al momento – sulla differenza in luminosità
in un paio di bande, nondimeno l’occhio riesce a percepire una serie di particolari interessanti in
queste nuove immagini che arrivano da Phoenix: personalmente trovo impressionante poter vedere il suolo
di un pianeta così remoto con una definizione così alta, tale da far sembrare possibile camminare sul pianeta
stesso!




Una immagine del suolo di Marte, visto da Phoenix

Credits: NASA

Dal punto di vista “tecnico”, è interessante specificare che al momento la Phoenix (arrivata appena l’altro ieri su Marte) ha avviato una procedura
di auto-calibrazione dei colori, confrontando le immagini che acquisisce all’esterno con dei colori predisposti
sulla navetta stessa, in modo da poter inviare a Terra, in breve tempo, delle immagini i cui colori mostrino i “veri”
colori del pianeta Marte…



NASA Press Release

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La sonda Phoenix è atterrata su Marte!

La NASA ha annunciato che la sonda Phoenix ha completato con successo l’atterraggio nella regione del polo
nord di Marte, per iniziare un ciclo di misurazioni della durata di tre mesi…

In data 25 maggio 2008 la sonda Phoenix è riuscita nella manovra di atterraggio, sopravvivendo alla
difficile ed impegnativa discesa sul pianeta; la conferma si è avuta circa quindici minuti più tardi, allorchè i segnali radio inviati dalla sonda hanno potuto raggiungere la Terra (tale è infatti il tempo che impiega il segnale,
che viaggia alla velocità della luce, ad arrivare fino a noi).

Tra il team del Jet Propulsion Laboratory l’entusiasmo per questo successo è davvero forte; d’altra
parte questo è il primo atterraggio su Marte effettuato senza gli “airbag” dall’epoca della sonda Viking 2
nel lontano 1976.

Nel corso del viagglio lungo 422 milioni di miglia dalla Terra verso Marte, dopo il lancio avvenuto il 4 agosto
del 2007, Phoenix si è alimentata con eletricità fornita da pannelli solari di cui è equipaggiato lo stadio del
vettore.




Il “piedino” di Phoenix appoggiato sul suolo di Marte…

Credits: ASA/JPL-Caltech/University of Arizona

I primi segnali radio giunti a Terra dopo l’atterraggio confermano che tutto è andato bene e la sonda
è integra. Ora grandissima attesa vi è tra gli scienziati per i dati che la sonda invierà dai prossimi giorni: un
obiettivo molto atteso ora consiste nel dispiegamento del lungo braccio meccanico della sonda, predisposto
allo scopo di raccogliere campioni di suolo marziano. L’operazione comunque non verrà tentata prima di due giorni;
comprensibilmente, in casi come questi è davvero opportuno proseguire con calma…! 😉



Phoenis Mars Mission Press Release



Articolo su Corriere.it

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Hubble trova (buona parte della) materia barionica mancante…

In una estesa ricerca nell’Universo locale, gli astronomi sono riusciti a ritrovare evidenza di circa metà della materia in forma
barionica finora “mancante”, dispersa nello spazio tra le galassie…

Nel numero del 20 maggio della nota rivista “The Astrophysical Journal”, alcuni astronomi presentano il risultato di una estesa analisi
condotta con il telescopio spaziale Hubble e con il Far Ultraviolet Spectroscopic Explorer (FUSE) della NASA, consistente in una serie
di osservazioni condotte lungo la linea di vista di 28 lontani quasar.


L’immagine mostra il metodo seguito da Hubble per andare alla ricerca della materia barionica mancante: viene osservata la radiazione
luminosa proveniente da quasar distanti molti miliardi di anni luce. L’analisi spettrale di tale radiazione mostra il tipo e la quantità
di materia barionica che assorbe la luce ad alcune specifiche frequenze (mostrate negli spettri colorati sulla destra).

Credits: NASA, ESA, and A. Feild (STScI)

L’analisi rappresenta una delle indagini più dettagliate finora disponibili effettuate allo scopo di comprendere quale sia la natura
del mezzo intergalattico a circa quattro miliardi di anni luce dalla Terra. Gli astronomi sostengono di aver finalmente trovato circa
la metà della materia “mancante” di natura barionica (ovvero quella ordinaria di cui sono composte le stelle, i pianeti e il mondo di
cui facciamo esperienza ordinaria); la materia sarebbe dispersa proprio negli sconfinati spazi tra galassia e galassia.

La comprensione dettagliata della natura e della conformazione spaziale della materia barionica è di grande aiuto per tracciare la struttura a larga scala del mezzo intergalattico, ovvero di quella struttura che viene chiamata la “ragnatela cosmica”.


HubbleSite Press Release

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Se la luce è nascosta… dalla polvere!

Alcuni astronomi del Regno Unito, in collaborazione con colleghi tedeschi ed australiani, hanno scoperto che l’Universo è in realtà
ben più brillante di quanto ritenuto in precedenza!

Come per molti ambienti domestici, potremmo dire che… il problema è la polvere! In effetti la polvere cosmica riesce ad oscurare addirittura
la metà della luce che l’Universo sta generando al momento (prevalentemente, come sappiamo, in oggetti di tipo stellare).

Nel fascicolo del 10 maggio della prestigiosa rivista Astrophysical Journal Letter, vengono riportati i risultati di questa interessante
ricerca sulle proprietà della polvere cosmica.

Simon Driver, lo scienziato che coordina il progetto, dice “Per circa due decadi abbiamo
discusso se la luce che ci arriva dalle galassie più lontane ci dica tutta la storia oppure no. In realtà non lo fa; solo metà dell’energia
prodotta dalla stelle raggiunge i nostri telescopi; il resto viene bloccato da grani di polvere”.



S&T Facilities Council Press Release

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La supernova più giovane nella Via Lattea

E’ stato appena ufficializzato dagli scienziati, che la osservavano da tempo: l’oggetto denominato G1.9+0,3 è la più giovane supernova conosciuta nella nostra galassia…

… Con una età stimata di appena 140 anni (davvero un nulla, per i tempi scala tipici dell’astronomia) la G1.9+0,3 contiene i resti di supernova più giovani mai osservati nella Galassia. La scoperta si deve alla sonda Chandra e al Very Large Telescope ESO, ed è segnalata
in un articolo su Corriere.it

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