Tu che ora forse dormi, sotto un cielo diverso, guadagnato attraverso stazioni aereoporti fermate coincidenze e combinazioni di orari. Sei arrivata a Vienna oggi. Il telefono restituiva poco fa una voce dolce ma straniera, che non ci mette in comunicazione appoggiandosi forse a misteriose ma alquanto fredde incongruenze tecniche.

Non m’importa, il nostro linguaggio ci è ben noto e attraversa le distanze. Più che altro riposa un comune approdo, che ci permette di scherzare con gli schizzi della superficie, con le nostre angolature episodiche.

Tu lo sai, lo so io. Ora dormi. Su questo riposiamo. Ora dormi davvero; c’è una storia che continua. Non me la merito, ma c’è.

Oh Vienna. Stamattina andando al lavoro mi veniva in mente la vecchia canzone degli UltraVox.

A presto rivederti, mia sposa.

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