Blog di Marco Castellani

Mese: Agosto 2009 Page 1 of 3

Cygnus X-1, ancora sotto i riflettori…

Fino dalla sua scoperta, avvenuta ben 45 anni fa, Cygnus X-1 è stata una delle sorgenti in banda X più accuratamente studiate. Dopo circa un decennio di indagini, Cygnus X-1 si era già assicurata un posto nella storia dell’astronomia, poichè la combinazione di studi in banda ottica e in X aveva portato alla conclusione che al suo interno vi fosse un buco nero: un oggetto fino a quel momento solo teorizzato ma ancora mai identificato.Il sistema Cygnus X-1 – sappiamo ora –  consiste per la precisione in un buco nero stellare di massa circa 10 volte pari a quella del Sole, in orbita stretta con una stella supergigante blu di massa pari a circa 20 volte il Sole. Il gas strappato via dalla supergigante si riversa sul buco nero, formando delle spirali che cadono intorno all’oggetto compatto. E’ proprio l’energia gravitazionale rilasciata dal gas in caduta verso il buco nero a costituire la sorgente dell’emissione in banda X, così caratteristica di Cygnus X-1.

Una immagine del sistema Cygnus-X1
Crediti: NASA/CXC/SAO

Benchè ormai più di un migliaio di articoli scientifici siano stati scritti su questo sistema, la sua natura di buco nero “brillante” e vicino continua ad attrarre l’interesse degli scienziati, che cercano di capire l’esatta natura di questi peculiari oggetti  e  come interagiscano con  l’ambiente circostante. In questo senso, osservazioni con la sonda Chandra e lo strumento XMM-Newton di ESA sono preziose per studiare le proprietà del vento stellare di cui si nutre Cygnus X-1, e per determinare la sua velocità di rotazione.

C’è motivo di interesse su quest’ultimo punto, in effetti: i risultati più recenti indicano che Cygnus X-1 sta ruotando piuttosto lentamente. Questo rende al momento perplessi gli scienziati, che ritengono potrebbe indicare che il sistema si sia formato da un tipo piuttosto inusuale di supernova, che in qualche modo ha inpedito al buco nero appena formato di acquistare una velocità di rotazione paragonabile ad altri sistemi con buchi neri all’interno.

Chandra Press Release

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E’ giorno di scuola domani?

Un piccolo racconto, sì come si fosse bambino 😉


E’ giorno di scuola domani? Sì ancora giorno di scuola. Ecco perchè mamma ci manda a letto presto. Io un pò speravo fosse venerdì, che mamma e papà ci fanno rimanere più alzati. Meglio ancora quando viene papà dal lavoro e dice a mamma e a noi se andiamo a prendere la pizza. Ogni tanto mamma dice che lei ha già preparato, ma poi io so che se insistiamo un pò lei dice sempre “va bene, la roba pronta ce la mangeremo magari domani” e dice di sì e allora andiamo.

Sono contento che oggi siamo andati al parco. Lo so che magari avrei dovuto ripassare la poesia, ma si stava tanto bene a giocare fuori, magari me la ripasso un pò domattina. Meno male che papà l’altro giorno si è deciso a rimettermi a posto la bicicletta. Mi sa che ho fatto bene a chiederglielo quel giorno che era tornato prima dal lavoro, mi sa che allora non era tanto stanco.

Leggi il resto…

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Piccola pausa estiva

GruppoLocale.it si ferma per qualche giorno: gli aggiornamenti riprenderanno il 31 agosto per proseguire (sperabilmente!) a cadenza regolare. In ogni caso il linkblog del nostro sito non si ferma, e da questo potrete seguire dei link alle principali news di astronomia di questi giorni (e anche votarli, naturalmente!). L’unica cosa è che molti link sono in inglese; chiedo scusa ai lettori non troppo anglofoni.

A presto dunque con nuovi articoli! 😉

Marco

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Ricontiamo le stelle: ce lo chiedono le galassie…

Per decenni interi, gli astronomi hanno continuato a fare il loro lavoro consistente nello studiare, appunto, il cosmo, con la sicurezza che le stelle di date dimensioni si formassero in certe determinate quantità relative. In poche parole, la proporzione delle stelle piccole e grandi è stata ritenuta fissa e abbastanza conosciuta per diverso tempo. Tutto sommato i fatti sembravano semplici: per ogni venti stelle di massa pari o superiore a quella del Sole, dovevano formarsi circa cinquecento stelle con la massa non superiore a quella solare (…sì, le stelle piccole sono molte di più di quelle grandi!).

Queste immagini spettacolari sono state ottenute combinando i dati del Galaxy Evolution Explorer con quelli del Cerro Tololo Inter-American Observatory in Cile. Combinando insieme i dati, gli astronomi hanno capito che non tutte le galassie formano stelle di varia massa, nelle stesse quantità relative, come si pensava finora..
Crediti: NASA/JPL-Caltech/JHU

Questa “certezza” – basata certo non su estemporanee considerazioni, ma su anni di ricerche – è stata messa di recente in discussione dai nuovi dati che provengono dal Galaxy Evolution Explorer della NASA. Infatti il telescopio ultravioletto ha trovato prove di come le stelle piccole si formino in proporzioni ancora maggiori, rispetto alle stelle di massa più grande (e a vita più breve) di quanto si era ritenuto finora: in alcune regioni del cosmo, sembra che possano formarsi anche 2000 stelle di piccola massa, per ogni stella “cicciona” che si forma.

Il fatto è che queste stelle molto piccole non sono certo facilmente osservabili, ma tendono piuttosto a “mascherarsi” dietro ed intorno alle stelle più grandi, rendendo dunque difficile un accurato “conteggio relativo” effettuato sul campo. Proprio in questo ambito risulta prezioso il contributo del Galaxy Evolution Explorer, che ha rivelato una quantità prima insospettata di stelle di piccola massa, contribuendo a far ripensare la “funzione di massa iniziale”, ovvero proprio quell’equazione che lega la quantità di stelle di nuova formazione, alla loro massa relativa…

Dunque c’è sempre da imparare: anche le cose che credevamo acquisite, spesso possono riservare delle sorprese. Non è proprio in questo, in fondo, il fascino della ricerca astronomica?

GALEX Press Release

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Dieci anni fa, il più recente incontro con la Terra di Cassini

E’ ormai trascorsa una decade piena, da quando la sonda Cassini della NASA passò un’altra volta “vicino” alla Terra, ad una distanza di poco più di mille chilometri, sulla strada del suo appuntamento con il secondo più grande inquilino del Sistema Solare, Saturno.

Lanciata nell’ottobre del 1997, Cassini ha richiesto un totale di ben quattro flybys (passaggi ravvicinati) per ottenere la spinta gravitazionale necessaria a raggiungere il mondo fatato con gli anelli. L’effetto di “fionda gravitazionale” che si è sfruttato è ben noto e si basa sull’utilizzo della massa del pianeta e della velocità orbitale per imprimere una consistente “spinta” alla sonda verso gli obiettivi che si sono definiti.

Un disegno artistico della sonda Cassini presso gli anelli di Saturno.

Crediti: NASA/JPL
Prima del passaggio presso la Terra, la sonda Cassini aveva già volato fin dopo Venere in due occasioni (26 aprile 1998 e 24 giugno 1999). Il flyby con la Terra ha fornito alla sonda una velocità di 5,5 chilometri al secondo, spingendola vigorosamente verso la sua prossima “stazione di rifornimento gravitazionale”, costituita dal pianeta Giove, che gli avrebbe fornito una velocità supplementare di 21.44 chilometri al secondo.

Cassini poi arrivò presso Saturno e si fece appositamente “catturare” in una orbita del sistema il 30 giugno 2004. Da allora, ha ricondotto a Terra una grande quantità di importantissimi dati riguardo il pianeta, i suoi anelli e le sue lune.. e continua a lavorare tuttora, fornendoci  tra l’altro diverse bellissime immagini!

NASA/JPL Press Release

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Doppio motore per la nebulosa intorno a HD87643

L’ESO ha reso pubblica una stupenda immagine di un campo stellare verso la costellazione Carina. La vista che si gode è alquanto suggestiva, con una quantità di stelle di tutti i colori e le luminosità, alcune delle quali si vedono stagliarsi davanti a uno sfondo composito di nubi di gas e polveri.

Una stella piuttosto insolita si trova proprio nel mezzo dell’intrigante “panorama”, ed è HD 87643: è già stata studiata con diversi telescopi ESO, incluso il Very Large Telescope Interferometer (VLTI).

L’immagine della stella HD87643. E’ stata ottenuta con il telescopio ESO da 2.2 metri a La Silla (Cile) ed è basata su dati ottenuti in tre differenti bande del visibile: B,V, R (blu, visibile, rosso). Crediti: ESO/F. Millour et al.
La stella è interessante per i ricercatori perchè (come si può anche vedere nella foto) si trova circondata da una nebulosa complessa e molto estesa, risultato di passate violenti eiezioni di materiale.  Una accurata indegine di queste caratteristiche sembrebbe indicare che avvengano regolari espulsioni di materia dalla stella ad intervalli variabili tra i 15 e i 50 anni.

E’ stato dimostrato che la stella possiede una compagna: si pensa dunque che le mutue interazioni  tra le stelle del sistema doppio, avvolto in un disco di polveri, possano essere il “motore” che sostiene la particolare struttura di nebulosa intorno alla stella HD 87643…

ESO Press Release

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Una vista suggestiva del Victoria Crater

La camera ad alta risoluzione a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter ci ha appena regalato una suggestiva immagie del cratere marziano che la sonda ha esplorato ormai per due anni. Quello che vediamo qui sotto è il Victoria Crater, visto da un’angolazione paragonabile a quella che si potrebbe godere osservando il panorama da una finestra di aereoplano. Alcune delle numerose immagini già acquisite, meno “angolate” di questa, hanno aiutato il team del rover a scegliere la traiettoria più sicura per Opportunity e hanno  contribuito proficuamente agli studi scientifici sul pianeta.

L’immagine del Victoria Crater ottenuta dalla camera HiRISE del Mars Reconaissance Orbiter
Crediti: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona

Il Mars Reconnaissance Orbiter è occupato a studiare Marte – con un insieme di strumenti sofisticati – dal 2006. Non si può dire che in questo tempo non si sia dato da fare: difatti ha già inviato a Terra più dati riguardo al pianeta rosso di tutte le missioni passate ed attuali messe insieme!

NASA/JPL Press Release

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Spitzer trova evidenze di una collisione tra due pianeti

Gli astronomi hanno riscontrato evidenze di come due corpi rocciosi – uno grande come la nostra luna e l’altro grande almeno quanto Mercurio – si siano “scontrati” tra loro, in un momento che risalirebbe alle ultime migliaia di anni (cioè non troppo lontano nel tempo, per gli standard astronomici). A quanto pare l’impatto avrebbe distrutto completamente il corpo più piccolo, vaporizzando nell’impatto grandi quantità di roccia, e proiettando nello spazio imponenti fasci di lava calda.

Planetary Demolition Derby

Una rappresentazione artistica dell’impatto tra i due corpi celesti

Crediti: NASA/JPL Caltech

Il telescopio spaziale Spitzer è infatti riuscito a rilevare nello spazio i segni delle rocce vaporizzate, insieme con pezzi di lava ormai ghiacciata. I ricercatori evidenziano di come il processo possa essere analogo a quello che creò, quattro miliardi di anni fa, la nostra stessa Luna, risultato appunto di una collisione della Terra con un corpo delle dimensioni approssimative di Marte.

La stella osservata da Spitzer, che ospita il sistema di pianeti coinvolto dal gigantesco “impatto”, prende il nome di HD 172555, è vecchia circa 12 milioni di anni (cioè alquanto giovane, secondo le scale astronomiche) e si trova a circa 100 anni luce di distanza nella costellazione del Pavone.

Spitzer Press Release

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