Blog di Marco Castellani

Mese: Ottobre 2009

Anni diVersi, il primo libro di poesie

E’ abbastanza curioso, ma non ne ho ancora scritto nulla, nonostante lo abbia completato da qualche settimana. Eppure è una cosa che davvero, fino a tempi anche recenti, avrei pensato appartenesse al dominio dei sogni. Ma tutto sommato, i sogni sono interessanti perchè a volte presentano delle intersezioni non nulle con la realtà: a volte fanno la gentilezza di diventare materia. Ora, da un certo punto di vista, la premessa potrà apparire esagerata, trattandosi solo (diciamo, finalmente diciamo l’oggetto!) di un piccolo libretto: Anni diVersi è il mio primo libretto di poesie, una collezione elaborata e predisposta per la stampa, grazie alle possibilità offerte dal sito di Lulu.com.

Da tanti anni, con intervalli di maggior e minore convinzione, ho scritto poesie. Un pò tutti i computer su cui ho messo le mani, prima o poi hanno materializzato nel loro disco rigido una cartellina scrivere con qualche poesia, completa o in forma di abbozzo su cui lavorare. Alcune sicuramente le ho anche disperse; in tempi più recenti, per ovviare alla mia tendenziale entropicità mi sono spostato on the cloud e lavoro su Google Documenti: almeno le ritrovo sempre tutte lì. Magari ne riprendo una che all’inizio non mi convinceva e ne traccio una direzione nuova, che più mi lascia indifeso, mi convince a continuare.

Bene, ma tutto questo è ancora nulla, al confronto di trovarsi tra le mani un libretto, un libretto vero, materiale, consistente di una consistenza dignitosissima di cosa, oggetto tra gli oggetti. Semplicissimo ed esistente: che si può aprire, leggere, lasciare appoggiato sul comodino, sul tavolo, sul letto. Esiste, fuori da ogni computer e idea e progetto e speranza e sogno: esiste, finalmente! Che sensazione particolarissima toccarlo, aprirlo, sfogliarlo.

Poi si aprono cammini dall’inizio non previsti, nè calcolati. Che ad esempio ai più vicini e ai congiunti piaccia, e davvero, non è cosa che io consideri scontato, piuttosto mi gratifica realmente. Che la madre lo abbia mostrato alla zia, che ne chieda una copia, mi fa contento davvero. Che apprezzi la poesia sulla scomparsa di mio papà, anche di più: quando la avrei mostrata alla mamma, alla zia, altrimenti?

Così potrei comprarlo solo io, la cosa non perderebbe d’importanza, per me. Anzi sto pensando al libro con i racconti e le poesie, o un secondo libro di poesie. E’ bello dare sostanza concreta ai propri sogni.

Così sarei ipocrita se non vi invitassi a leggerle alcune, delle poesie, se volete: il libretto oltre alla versione a stampa permette di essere scaricato anche in forma digitale, e ho fatto sì che fosse gratuita. Se poi voleste lasciare una breve recensione (veritiera, non lusinghiera..) mi fareste certo anche più contento. C’è il tastino “Scrivi una recensione” proprio nella pagina del libro…  😉

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NGC 2623, o della fusione delle galassie…

Una recente immagine del Telescopio Spaziale Hubble ci regala una vista di quella che potrebbe sembrare una galassia singola brillante, magari dalle fattezze piuttosto bizzarre: in realtà  quel che si vede è il risultato dell’interazione di due distinte galassie a spirale, non troppo diverse dalla nostra Via Lattea, che hanno sperimentato un gigantesco fenomeno di “collisione”. Il prodotto di questa spettacolare interazione viene denominato NGC 2623 (o anche Arp 243) e si trova a circa 250 milioni di anni luce nella costellazione del  Cancro.

La bizzarra configurazione di NGC 2623 è in realtà un segnale di un evento di fusione di galassie in atto…
Crediti: NASA, ESA and A. Evans (Stony Brook University, New York & National Radio Astronomy Observatory, Charlottesville, USA)

Come ci si potrebbe ben attendere, il processo di fusione tra due galassie è tutt’altro che  tranquillo (anhe se avviene su tempi molto lunghi) ed ha un effetto dirompente su entrambe le parti in gioco. Gli studi condotti finora hanno potuto mostrare come – quando le galassie iniziano ad avvicinarsi l’una all’altra, per effetto della forza gravitazionale – enormi quantità di gas vengono strappate via da ogni galassia verso il centro dell’altra, fino a che il processo ha termine con la fusione vera e propria, a formare un’unica nuova entità.

L’oggetto nell’immagine, NGC 2623, è già in una fase avanzata del processo di fusione, poichè le parti centrali delle galassie originarie risultano già unite a formare il nuovo nucleo dell’enorme nuova galassia risultante. Quello che in maniera più evidente segnala agli astronomi il processo di fusione in atto, sono le due code luminose, sorta di brillanti filamenti formati da stelle giovani: difatti, durante simili collisioni, lo scambio e la compressione di tali grandi quantità di gas si traduce in una decisa incentivazione della formazione stellare in alcune zone, che appunto facilmente si evidenziano per la loro intensa luminosità.

SpaceTelescope Press Release

 

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STEREO, in diretta dal Sole…

STEREO (Solar TErrestrial Relations Observatory) è la terza missione della NASA dedicata allo studio del Sole iniziata tre anni fa. Si tratta di due sonde gemelle lanciate in orbite che consentissero di ottenere delle immagini stereoscopiche della nostra stella e dei suoi fenomeni: capire le cause e i meccanismi delle espulsioni dei getti di massa dalla corona (CME), caratterizzare la propagazione dei CME attraverso l’eliosfera del Sole, scoprire i meccanismi e i siti di accelerazione di particelle energetiche nella bassa corona e nel mezzo interplanetario e studiare in maggior dettaglio il vento solare….


Filament_Sun

Le sonde STEREO osservano gli spettacolari filamenti del Sole…

Crediti: NASA

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Una nuova visione della luna…?

Come saprete, verso le 13.30 della giornata di ieri, la sonda LCROSS, seguendo il suo piano programmato, ha rilasciato un vettore destinato ad impattare sulla superficie lunare, nel cratere Cabeus, nei pressi del Polo Sud del nostro satellite (qui il video distribuito dalla NASA). L’inusuale procedura serviva sostanzialmente a “smuovere” gli strati più esterni della superficie, in modo da permettere un’analisi dello “sbuffo” provocato dall’impatto stesso (con particolare attenzione alla possibile presenza di acqua), da parte della sezione della sonda rimasta in orbita, come pure da altri strumenti a terra e nello spazio.

Il sito scelto per l’impatto di Centaurus,
la parte di LCROSS progettata per l’impatto sulla superficie lunare.
Crediti: NASA

A testimonianza di questa interessante sinergia, si possono consultare già le press releases del Keck Observatory (che ha usato il telescopio Keck II per acquisire informazioni spettroscopiche in concomitanza dell’impatto della sonda) e del Telescopio Spaziale Hubble (il quale ha dedicato la nuova Wide Field Camera 3 e lo spettrografo STIS per analizzare gli sbuffi di materiale vaporizzato ed espulso nello spazio a seguito della collisione).

E’ forse troppo presto per tirare delle analisi sui risultati ottenuti, come si può evincere scorrendo i vari comunicati stampa, che comunque concordano nell’escludere riscontri particolarmente eclatanti in termini di quantità di acqua presente. Per ora basta sapere che la missione sembra essersi svolta senza imprevisti, secondo le direttive pianificate. E con un piacevole valore aggiunto, come è ormai quasi consuetudine: l’apertura (con le modalità di una “diretta” in tempo reale) alla fruizione al più vasto pubblico, complice Internet, la grande rete che in questi casi – al di là di eccessive enfasi retoriche – svolge effettivamente un suo ruolo nell’ambito della diffusione della conoscenza.

Qual è il vostro giudizio sulla missione, al di là dei risultati? Commentate la notizia qui oppure collegandovi al nostro sito in Facebook!

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NGC 6240, o la danza dei due buchi neri…

L’immagine che presentiamo si riferisce al sistema NGC 6240, ed è stata ottenuta combinando nuovi dati della sonda Chandra con immagini in banda ottica acquisite dal Telescopio Spaziale Hubble nello scorso anno. Già nel 2002, venne annunciata la scoperta in questo sistema di due buchi neri in fase di fusione, proprio basandosi su dati Chandra. I due buchi neri sono ad appena 3000 anni luce di distanza (un’inezia, per i parametri cosmici) e si possono vedere nella forma dei due puntini luminosi al centro dell’immagine.

Il sistema NGC 6240 come visto componendo dati da Chandra e da Hubble
Crediti: X-ray (NASA/CXC/MIT/C.Canizares, M.Nowak); Optical (NASA/STScI)

Gli scienziati ritengono che questi buchi neri siano tra loro così vicini perchè sono “colti” nell’atto di spiraleggiare uno intorno all’altro, in un processo che dovrebbe essere cominciato circa 30 milioni di anni fa. Si ritiene che alla fine i due oggetti compatti si fonderanno in un unico grande buco nero, anche se questo avverrà presumibilmente non prima di alcune decine o centinaia di  milioni di anni. Il fenomeno è certamente interessante e meritevole di ulteriori studi; basti pensare che il processo di fusione di buchi supermassivi ci si aspetta sia una delle più potenti sorgenti di onde gravitazionali che si possa trovare nell’intero Universo…

Chandra Press Release

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Scoperto un enorme anello intorno a Saturno!

Il telescopio spaziale Spitzer della NASA ha appena scoperto un enorme “nuovo” anello intorno a Saturno – di gran lunga il più esteso anello tra i molti del pianeta gigante!

L’anello appena scoperto risulta inclinato di circa 27 gradi rispetto al piano principale degli anelli di Saturno. La  gran parte del materiale di cui è costituito “inizia” a circa sei milioni di chilometri di distanza dal pianeta, e si estende per circa altri dodici milioni di chilometri. Molto interessante il fatto che una delle più distanti lune di Saturno, Febe, si trova a muoversi proprio all’interno dell’anello appena scoperto, tanto che si ritiene sia la sorgente del suo materiale.

E’ anche bello spesso, questo nuovo anello: la sua altezza è circa pari a venti volte il diametro del pianeta. Consideriamo che ci vorrebbero circa un miliardo di pianeti del tipo della Terra affastellati insieme, per poter riempirlo tutto!

L’enorme anello intorno a Saturno: guardate un pò come è esteso, in rapporto agli anelli “tradizionali” già conosciuti del pianeta…
Crediti: NASA

Il materiale dell’anello comunque non è particolarmente denso, essendo costituito di particelle di ghiaccio e polvere. Gli acuti occhi di Spitzer, che osservano nell’infrarosso, sono stati in grado di rilevarlo tramite l’alone proveniente dalle zone di polvere fredda (ad una temperatura di appena 80 gradi Kelvin sopra lo zero assoluto, decisamente freddino per i nostri gusti…).

La scoperta è importante, anche perchè potrebbe aiutare a risolvere un vecchio problema riguardo le lune di Saturno: Giapeto ha infatti una apparenza che è sempre stata ritenuta peculiare,  con una parte più scura ed una chiara. Nel contesto della nuova scoperta, i dati parrebbero potersi interpretare bene se consideriamo l’interazione di Iapeto con il nuovo anello, insieme con la considerazione che esso si muove in senso opposto al movimento del materiale nell’anello stesso (metre Phoebe si sposta invece nella stessa direzione): ana prima analisi dei dati sembra infatti fornire una convincente spiegazione dell’aspetto della luna.

Spitzer Press Release

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Si apre l’occhio di Herschel sulla Via Lattea

Una nuova immagine dall’Osservatorio Herschel ben mette in evidenza il naturale “talento” della sonda verso le osservazioni a lunghezze d’onda multiple. L’osservatorio opera nell’infrarosso, ed è una missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) con una quota importante di partecipazione anche dell’ente spaziale statunitense (NASA). Notevole il fatto che Herschel possa utilizzare due strumenti scientifici in maniera simultanea, per osservare in ben cinque diversi colori nell’infrarosso, una lunghezza d’onda com’è noto invisibile all’occhio umano, ma decisamente importante per una estesa serie di osservazioni spaziali (prima tra tutte lo studio della formazione stellare, come più volte abbiamo evidenziato in questo sito).

Alcune regioni tra le più fredde e ricche di polvere nello spazio, risultano ugualmente brillanti se osservate in luce infrarossa, come può fare Herschel…
Crediti: ESA/NASA/JPL-Caltech

La nuova immagine composita, appena rilasciata, è decisamente interessante e mostra una regione scura e fredda della nostra Via Lattea, dove il materiale interstellare viene compattato insieme, incamminandosi verso la sua prospettiva di formare nuove stelle. Va detto che gran parte della regione apparirebbe davvero scura nella luce visibile, tuttavia Herschel riesce a scorgere il rivestimento molto sottile di polvere, solo leggermente più calda della temperatura minima teoricamente ottenibile nella zona.

La visione della sonda rivela anche che la regione di formazione stellare è addirittura più ricca di materiale freddo e turbolento di quanto ritenuto fino ad oggi: dunque sta già fornendo dei dati importanti per  gli scienziati.  Herschel è in verità ancora in quella che viene detta performance verification phase, nella quale gli strumenti sono attivi ma prevalentemente per essere registrati e messi a punto, prima dell’inizio delle osservazioni scientifiche “programmate”.

Pur dunque nelle fasi iniziali del suo ciclo operativo, dunque, la sonda sembra già fornire ottimi risultati… Dunque un’altra missione spaziale, tra le tante ormai, dalla quale possiamo aspettarci con fiducia un non trascurabile contributo alla sempre migliore conoscenza del nostro Universo…!

NASA JPL Press Release

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Da Chandra, una finestra sul centro galattico

Una visione radicalmente nuova del centro della nostra Via Lattea: è quella che ci fornisce il Chandra X-ray Observatory, una visione che ci permette di ammirare nuovi livelli di complessità e inauditi “intrecci” nell’affollato ed esuberante centro Galattico.

Se la nostra Galassia fosse una città, com’è noto, noi dovremmo accettare il fatto di abitare in una estrema e tranquilla periferia, mentre il centro cittadino ferve di vita e di movimento. Magari un pò  troppo, come stiamo scoprendo grazie anche alla sonda Chandra…

Il mosaico di ben 88 puntamenti diversi della sonda Chandra, ben si può ritenere una istantanea di un gigantesco spettacolo di evoluzione stellare – quasi come una immagine che congelasse un momento particolare di un ambiente quanto più possibile variegato – con una compresenza di  oggetti stellari che spaziano da quelli brillanti e giovani, di grande massa, e si conclude con i buchi neri. Il tutto immerso in un ambiente decisamente affollato, e potremmo dire “ostile”, dominato da un buco nero supermassivo, che si trova nella regione centrale della Galassia.

Chandra ci apre una interessante “finestra” sull’inquieto centro galattico…
Crediti: NASA/CXC/UMass/D. Wang et al.

La regione è permeata da un alone diffuso di radiazione in banda X, originato da gas che è stato riscaldato fino a milioni di gradi per i forti venti originati dalle enormi stelle più giovani – che sembrano formarsi qui molto più frequentemente che in tanti altri posti della Via Lattea. E non è tutto: l’ambiente è rallegrato (per così dire) anche da esplosioni di stelle nelle fasi evolutive più avanzate, nonchè dall’attività del buco nero centrale (Sagittarius A). In particolare, i dati di Chandra e degli altri telescopi in banda X suggeriscono che tale enorme oggetto se ne stia tutt’altro che quieto (e buon per noi che ne siamo molto lontani!): enormi sbuffi di raggi X sembra siano stati emessi dal buco nero in varie circostanze., ad intervalli di qualche centinaia di anni.

Per finire, la zona contiene anche diversi filamenti di radiazione in  banda X di origine ancora piuttosto misteriosa (forse da porre in relazione con la presenza di stelle di neutroni). Insomma, se nonostante la stagione, state pianificando una vacanza, il consiglio è uno solo: evitate il centro galattico… ! 😉

Chandra Press Release

 

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