Blog di Marco Castellani

Mese: Febbraio 2010 Page 1 of 3

Fontane di ghiaccio zampillano su Encelado

Enormi getti di acqua ghiacciata si sprigionano dalla superficie del polo sud di Encelado, una delle lune di Saturno. Questa spettacolare immagine composita arriva dalla sonda Cassini, dedicata allo studio del pianeta e dei suoi satelliti.

Crediti: NASA/JPL/SSI

Nella foto, presa da una distanza di circa 14.000 chilometri da Encelado, si possono scorgere più di 30 getti, molti dei quali sono stati osservati per la prima volta. Queste vere e proprie “eruzioni di ghiaccio” provengono da fratture sulla superficie di Encelado prodotte dalle potentissime azioni mareali esercitate dalla forza di attrazione gravitazionale di Saturno. Gli scienziati stanno studiando con grande interesse queste immagini per riuscire a determinare con precisione la quantità di acqua presente sotto la superficie di Encelado.

Cassini-Huygens è una missione robotica realizzata in collaborazione tra la NASA, l’ESA e l’ASI con la partecipazione di numerosi ricercatori italiani. Il 14 gennaio del 2005 la navicella denominata Huygens, staccatasi dalla sonda madre, ha raggiunto la superficie di Titano, uno dei satelliti di Saturno, inviando a terra spettacolari immagini della sua superficie. L’INAF contribuisce alla missione con lo spettrometro a immagine nel visibile e vicino infrarosso VIMS-V (IFSI Roma), l’esperimento RADAR e lo strumento HASI su Huygens, dedicato allo studio dell’atmosfera di Titano.

Fonte: Press Release INAF

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Ammassi “alieni” riempiono la Via Lattea…?

Circa un quarto degli ammassi globulari nella nostra Via Lattea sarebbero in realtà “invasori” da altre galassie. E’ questo il sorprendente risultato di uno studio di un gruppo di scienziati dell’Università di Swinburne (Australia). In un articolo accettato per la pubblicazione nella rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, il professor Duncan Forbes ed i suoi collaboratori dimostrano come molti degli ammassi globulari presenti nella nostra galassia siano in realtà degli “stranieri”, ovvero si siano originati altrove e solo in un secondo tempo siano stati “annessi” alla Galassia (ricordiamo che la Via Lattea annovera al suo interno circa 150 di queste strutture, quasi tutte catalogate ed accuratamente studiate).Va detto che anche in precedenza, più volte gli astronomi avevano sospettato che alcuni ammassi globulari – ognuno dei quali contiene un numero di stelle variabile tra poche decine di migliaia ad alcuni milioni – tradissero un’origine “esterna”, ma di fatto era sempre stato difficile identificare con sicurezza quali fossero. Nel presente studio, usando i dati del Telescopio Spaziale Hubble, i ricercatori hanno potuto effettuare una accurata “rassegna” degli ammassi globulari nella Via Lattea. Il lavoro ha permesso di redigere un catalogo di qualità mai raggiunta prima, comprendente l’età e i rapporti di abbondanza chimica di ognuno di questi ammassi.

“Utilizzando questo database siamo riusciti ad identificare delle caratteristiche peculiari in molti di questi ammassi globulari, che ci hanno mostrato il segno di una origine esterna” ha detto Forbes. La parte interessante e “nuova” è però quella del dato quantitativo, realmente impressionante: si stima che circa un quarto degli ammassi globulari sia stato accresciuto dall’esterno; il che implica che – già solo con questo meccanismo – siano decine di milioni le stelle della nostra Galassia in realtà originatesi in ambienti esterni.

Il lavoro dei ricercatori sembra indicare anche come la Via Lattea abbia probabilmente “cannibalizzato” le piccole galassie nane nei suoi dintorni, in misura decisamente maggiore di quanto si riteneva tempo addietro. I ricercatori hanno riscontrato evidenze di come gli ammassi accresciuti fossero all’origine dentro queste piccole strutture, una sorta di “mini galassie” contenenti fino a cento milioni di stelle, che si trovavano in prossimità della grande Via Lattea , e dunque risentivano della sua potente interazione gravitazionale.

Circa un quarto degli spettacolari ammassi globulari della Via Lattea, in realtà vengono da fuori…!
Crediti: NASA / The Hubble Heritage Team / STScI / AURA

La cosa interessante è che – per quanto le galassie nane siano state frammentate ed inglobate nella nostra galassia, gli ammassi globulari di queste ultime sono riusciti a sopravvivere intatti, senza grandi influenze dal processo di “annessione” alla Via Lattea.Il loro studio – alla luce dei più recenti risultati – conferma una volta di più, di come le galassie non si possano quasi mai rappresentare come “isolate” ma come entità interagenti anche in misura frequente, ed apre dunque delle eccitanti prospettive per una maggiore comprensione della storia dell’evoluzione della nostra stessa Via Lattea.

Royal Astronomical Society Press Release

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Dal mare al cielo alla scoperta del cosmo

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova, Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astronomico di Padova

 

Al largo delle coste siciliane un nuovo telescopio sottomarino osserverà i neutrini, i messaggeri dell’Universo. Si chiama KM3 e da pochi giorni si è conclusa la fase 2 del progetto Nemo, l’osservatorio marino per i neutrini dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Il 14 febbraio scorso, a oltre duemila metri di profondità a largo di Catania, una torre alta 600 metri (circa il doppio della famosa Tour Eiffel parigina) è stata calata sul fondo del mare dalla nave Certamen in un’operazione durata ben dieci ore.

Il progetto Nemo, a cui partecipano circa 80 ricercatori italiani, ha come scopo la progettazione, la realizzazione e la validazione di prototipi dei componenti chiave per un progetto internazionale ancora più ambizioso: il telescopio sottomarino KM3 ossia, “Chilometro cubo”. Nemo è tenuto in posizione verticale da un boa di superficie. Sulla torre si trovano 80 sensori che hanno il compito di fotografare i lampi prodotti nei processi di interazione con l’acqua dai neutrini di altissima energia. Queste particelle provengono da zone remote dell’Universo, attraversano la Terra e gli oceani continuando la loro corsa. Questa ottantina di sensori saranno in grado di rilevare i piccoli lampi causati da particelle dette muoni generate dall’impatto dei neutrini con l’acqua.
Un’altra torre sarà presto sistemata a 3500 metri di profondità presso la stazione sottomarina di Capo Passero e invierà i dati raccolti alla stazione di terra tramite un cavo elettro-ottico di 100 chilometri già in funzione.

I neutrini, in quanto particelle neutre (non cariche), interagiscono poco con la materia e non subiscono alcuna deflessione causata da campi magnetici. Sono i messaggeri più penetranti dell’Universo che possiamo definire “violento”, una sorta di chiave di lettura che permette di svelare l’origine dei raggi cosmici, particelle cariche che bombardano continuamente la Terra con energie che arrivano fino a milioni di volte superiori a quelle raggiunte dall’acceleratore più potente esistente al mondo, l’LHC di Ginevra.
Il telescopio marittimo fornirà importanti informazioni su sorgenti estremamente lontane quali i nuclei galattici attivi, i quasar, i lampi di raggi gamma che si pensa siano all’origine dei neutrini di alta energia, e non ultimo, su possibili sorgenti presenti nella nostra Galassia.

Lo stesso telescopio sarà fondamentale anche per l’installazione a profondità abissali di stazioni di “easy warning” per il monitoraggio di tsunami e di stazioni per il monitoraggio sismico; lo studio della presenza di mammiferi marini e di altre specie grazie al sistema di rilevamento acustico che funzionerà di continuo e in tempo reale. Saranno inoltre acquisiti i parametri oceanografici (temperatura, salinità, correnti, ecc.), necessari a monitorare l’evoluzione e la qualità dell’ecosistema marino della Sicilia Orientale.

KM3 è situato in posto privilegiato per l’osservazione dei neutrini provenienti dall’emisfero Sud. In particolare, potrà osservare il Centro galattico e una frazione importante del piano galattico in cui sono state individuate numerose sorgenti come possibili candidati per l’emissione di neutrini di alta energia.

Per maggiori informazioni, si visiti il sito dell’INFN sotto la voce “Comunicati stampa” del 19-02-2010: http://www.infn.it/indexit.php .

Sabrina

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Tempo di volo per un neutrone

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova, Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astronomico di Padova

Da: l’articolo “Neutroni in volo” apparso su “Asimmetrie” n. 9 /9.09 / nuclei e stelle, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, a cura di Nicola Colonna (ricercatore nella sezione INFN di Bari e che dal 2001 è coordinatore per l’INFN dell’esperimento N_TOF).

Grande importanza in ambito astrofisico viene data dalla cattura di neutroni da parte di nuclei atomici che è responsabile della formazione di elementi più pesanti del ferro. Questo processo di formazione di elementi più pesanti del ferro avviene normalmente all’interno delle stelle durante la loro fase evolutiva o nella fase di supernova, evento esplosivo che viene a modificare completamente la sua struttura.
Oltre al campo astrofisico,  reazioni indotte da neutroni sono alla base di numerose altre applicazioni, come una importante, relativa alla produzione di energia nucleare da fissione. Lo studio delle interazioni neutroni-nuclei è, perciò, di particolare rilievo in astrofisica per comprendere lo studio e l’evoluzione dell’Universo, la formazione ed evoluzione delle stelle, ma anche per lo sviluppo di nuovi reattori nucleari e per le applicazioni in campo medico o industriale.

Da qualche anno al CERN (Centro Europeo della Ricerca Nucleare)  di Ginevra, è possibile studiare reazioni indotte da neutroni, grazie alla disponibilità di un fascio di neutroni a largo spettro di energia e alto flusso: si parla di “Neutron Time Of Flight”e viene indicato con la sigla n_TOF. Il fascio, che viene prodotto dall’interazione di protoni accelerati fino a 20 GeV su un bersaglio di piombo, permette di studiare le reazioni neutrone-nucleo in funzione dell’energia dei neutroni ricavata dal loro tempo di volo (appunto, Time Of Flight), cioè dalla misura del tempo impiegato da questa particella a percorrere la distanza fra il bersaglio di produzione e il punto di misura. Le misure sono compiute grazie a numerosi rivelatori all’avanguardia.
L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) italiano collabora con altri enti a livello internazionale in questo programma sperimentarle per lo studio delle reazioni indotte da neutroni che sono di interesse per l’astrofisica e per le tecnologie nucleari emergenti, quali per esempio le reazioni su elementi transuranici, di particolare interesse per migliorare la sicurezza dei reattori attualmente in funzione, per la realizzazione dei reattori di IV generazione e per la progettazione dei sistemi per la trasmutazione delle scorie nucleari a lunga vita media.

Per ulteriori informazioni, si visiti il sito http://www.cern.ch/n_TOF .

Sabrina

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M87 fa scintille

La galassia gigante M87, anche nota come Virgo-A, è in una fase molto attiva. Insieme al brillante getto radio che punta dritto verso di noi, in questo momento il suo nucleo galattico attivo (AGN) emette lampi di raggi gamma super energetici. La strana coincidenza di emissioni è stata catturata contemporaneamente da due progetti internazionali a cui l’INAF partecipa: per la banda radio, la rete e-VLBI, l’insieme delle dieci antenne sparse per il mondo e collegate in fibra ottica tra cui la parabola di 32 metri di Medicina (Bologna), e per la banda gamma grazie alla collaborazione MAGIC.


Mentre il getto radio è una caratteristica ben nota di M87, ampiamente studiato per la relativa vicinanza alla Terra di questa galassia, la più brillante della costellazione della Vergine, l’attività alle alte energie è prodotta solo saltuariamente dal buco nero che si trova nel cuore della galassia e ha una massa tre miliardi di volte superiore a quella del Sole. In questo caso, l’osservazione radio è stata contemporanea alla emissione alle alte energie ma la localizzazione del getto gamma richiede ulteriori studi ed osservazioni.

“La chiave che ci permetterà di scoprire l’origine della emissione alle alte energie è il confronto tra i dati radio e quelli gamma. Il getto radio e gamma potrebbero provenire da una strana struttura all’interno di M87, chiamata con la sigla HST-1, che si muove a velocità apparentemente superiori a quella della luce e mostra una fortissima variabilità nella emissione di radiazione radio ed ottica”, spiega Gabriele Giovannini, docente dell’Università di Bologna con un incarico di ricerca presso l’Istituto di Radioastronomia (IRA-INAF) di Bologna, che ha seguito il monitoraggio insieme al PI Marcello Giroletti, ricercatore dell’Istituto di Radioastronomia di Bologna.

I modelli attuali prevedono che l’emissione alle alte energie negli AGN provenga da regioni vicine a quelle del nucleo. Tuttavia, la peculiarità di HST-1 potrebbe portare a riconsiderare questa teoria. Per questo, gli astronomi stanno seguendo attentamente gli sviluppi della emissione alle alte energie ed in banda radio di M87. “Attualmente M87 è un sorvegliato speciale”, conferma Gabriele Giovannini.

L’immagine ottenuta dalle osservazioni della rete e-VLBI per M87

Come riferito su Astronomer’s Telegram #2431, il 10 febbraio scorso la rete di telescopi che fanno parte del network VLBI (Very Long Baseline Interferometry) e sono collegati in Rete (questo sottoinsieme di stazioni prende il nome di e-VLBI) ha registrato le onde radio di M87 proprio mentre i telescopi di MAGIC rilevavano un elevato flusso di emissione gamma ad energie superiori a 100 GeV. “Grazie al collegamento in fibra ottica dei 10 telescopi di e-VLBI, (Medicina in Italia, altri 7 sparsi in Europa, uno in Cina e quello di Arecibo, negli Stati Uniti), abbiamo già ottenuto le immagini ad alta risoluzione della sorgente”, continua il ricercatore INAF. “In particolare siamo interessati ad HST-1, la misteriosa regione che mostra un moto apparente superluminale”.

La velocità superiore a quella della luce non è una violazione della relatività di Einstein: è un effetto geometrico apparente, in realtà il getto si muove a velocità prossime a quella della luce verso di noi e solo la configurazione geometrica lo fa apparire dal nostro punto di vista più veloce della luce”, specifica Giovannini. Ora si tratta di capire la natura e la struttura di HST-1 e perché abbia un profilo di emissioni così unico. Ulteriori osservazioni radio sono in programma per metà febbraio e ancora per fine marzo.

Articolo originale apparso sul sito media di INAF

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Il mirabile spettacolo dell’aurora di Saturno

Alcuni ricercatori hanno utilizzato il Telescopio Spaziale Hubble per acquisire una stupenda immagine di Saturno con il sistema degli anelli visto esattamente di taglio: ne è risultato un filmato davvero peculiare, che include – proprio per la peculiare posizione del pianeta rispetto alla linea di vista – entrambi i poli.

Il pianeta Saturno si trova in tale posizione soltanto una volta ogni 15 anni: questa orientazione così favorevole ha già consentito di effettuare una grande mole di studi riguardo l’illuminazione praticamente simmetrica dei suoi due poli.

Solo una volta ogni 15 anni, Saturno si offre a questo suggestivo spettacolo…
Credit:
NASA, ESA and Jonathan Nichols (University of
Leicester)

Di grandi dimensioni, e con un esteso sistema di anelli: Saturno le ha proprio tutte per essere considerato uno dei più interessanti pianeti che orbiano intorno al Sole. Sappiamo bene che la durata dell’orbita di Saturno intorno alla nostra stella dura ben trent’anni, e dunque l’opportunità di osservare contemporamente emtrambi i poli del pianeta capita solo due volte nell’arco dell’orbita, appunto una volta ogni quindici anni circa.

Hubble dal canto suo ha continuato ad acquisire immagini di Saturno, ad angoli diversi, fin dall’inizio della sua missione, negli anni ’90. Tuttavia è stato solo nell’anno 2009 che ha avuto la preziosa opportunità di vedere Saturno esattamente “di fronte”, con entrambi i poli in vista. Allo stesso tempo, Saturno si stava avvicinando al suo equinozio, cosicché entrambi i poli erano anche illuminati dai raggi del Sole allo stesso modo.

Dobbiamo dire che le osservazioni recenti vanno ben oltre il piacere di una bella immagine, perché hanno consentito ai ricercatori di monitorare il comportamento di entrambi i poli di Saturno – negli stessi momenti – lungo un periodo di tempo abbastanza esteso. Il film che è stato creato dai dati, raccolti su un arco di tempo di diversi giorni, tra gennaio e marzo 2009, ha permesso agli astronomi di studiare contemporaneamente la dinamica delle aurore nel polo nord e sud del pieneta con gli anelli. Data la rarità di questo evento, questo filmato è probabilmente l’ultimo –  e anche il migliore – che Hubble possa produrre sul pianeta in questione!

Space Telescope Press Release

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Fiocca la neve fiocca!


Fiocca la neve fiocca!
Inserito originariamente da mcastellani

Che sopresa stamattina, dopo aver lasciato quel pò di nevicata di Roma che già stava diventando pioggia, arrivare a Monteporzio Catone e trovare tutti i monti intorno, imbiancati. Quasi fosse passata una gigantesca spruzzata di zucchero a velo!

E poi arrivati all’Osservatorio… piombare nel mezzo di una vera nevicata! Presto tutto il parco era imbiancato;qualcuno non era venuto per paura della neve, qualcuno girava (come me) a fare fotografie…

Anche adesso che scrivo cade ancora qualche fiocco. Che buffa sensazione, camminare nella neve mi fa sentire come fossi in Abruzzo, alla casa in montagna. Che silenzio dolce porta la neve che lenta si appoggia al terreno, con pazienza lo decora…

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Una cometa insolita tra la fascia degli asteroidi

 di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova – Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Osservatorio Astronomico di Padova

 

Una cometa simile ad un asteroide. L’oggetto è stato denominato P/2010 A2 e scoperto il 6 gennaio 2010 nella fascia degli asteroidi.
Immagine ottenuta con WFC3/UVIS dell’Hubble Space Telescope e
disponibile alla pagina: http://imgsrc.hubblesite.org/hu/db/images/hs-2010-07-a-print.jpg. Cortesia: NASA, ESA e D. Jewitt (UCLA).

Qualcosa di particolarmente curioso è stato scoperto nella fascia degli asteroidi, al di là dell’orbita del pianeta Marte: un nuovo oggetto che all’apparenza assomiglia a una cometa, ma che in realtà non lo è, visto che è privo di chioma. L’oggetto è stato denominato con la sigla P/2010 A2: si tratta di polvere sospinta dal vento solare che produce una coda nella parte più interna della fascia degli asteroidi ad una distanza di circa 250 milioni di chilometri dal Sole.

Mentre le comete si muovono su orbite ellittiche e in prossimità del Sole sviluppano code di gas e polveri, gli asteroidi si muovono principalmente su orbite circolari in una zona compresa tra Marte e Giove. In quest’ultimo caso non ci si aspetta di trovare degli oggetti di materiale “volatile” come lo sono il gas e la polvere. Ma è quello che è stato osservato.

L’oggetto in questione è stato scoperto il 6 gennaio 2010 dalla survey compiuta dal Lincoln Near-Earth Asteroid Research (LINEAR). Studi più particolareggiati hanno permesso di evidenziare, in prossimità della coda, un oggetto del diametro di 200 metri che potrebbe essere il frammento di un asteroide più grande dopo l’impatto con un altro. Per avere conferma di questa ipotesi si stanno cercando i frammenti più piccoli, grazie all’aiuto di telescopi più potenti.

L’esistenza di comete orbitanti all’interno della fascia asteroidale era già stata rilevata in passato, ma tutte erano dotate di chioma e, quindi, di nucleo; inoltre, avevano avevano rilasciato materiali volatili senza alcun impatto con altri oggetti della fascia.

Per la prima volta si osserva un oggetto che ha subito un violento impatto e che potrà fornire importanti informazioni sul processo dell’ “evoluzione collisionale” tra gli oggetti nella fascia di asteroidi. Si stima che l’impatto sia avvenuto poche settimane prima della sua scoperta quindi, con alta probabilità, nel mese di dicembre 2009. Nelle prossime settimane la coda di polveri si allontanerà sempre di più dal frammento principale, rivelando forse altri piccoli frammenti, che saranno di conseguenza la testimonianza dell’impatto con un altro asteroide.

Per maggiori informazioni, si visiti la pagina HubbleSite: http://hubblesite.org/newscenter/archive/releases/2010/07/ .

Sabrina

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