Blog di Marco Castellani

Mese: Febbraio 2010 Page 2 of 3

Quelle galassie a spirale che forse non c’erano

di Sabrina Masiero, Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Astronomia, Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio Astronomico di Padova

Le due sequenze di Hubble. Crediti: NASA, ESA, Sloan Digital Sky Survey, R. Delgado-Serrano and F. Hammer (Observatoire de Paris). Disponibile su: http://www.spacetelescope.org/images/screen/heic1002a.jpg .

Una nuova “prima volta”dell’Hubble Space Telescope. Hubble ha compiuto un “censimento demografico”sulle galassie visibili nell’Universo attuale fino a quelle formatesi circa sei miliardi di anni fa (poco più di un miliardo di anni prima della formazione del nostro Sistema Solare).
Contrariamente a quanto si pensava, i dati rivelano che a quell’epoca dovessero esistere meno galassie a spirale rispetto a quelle che si osservano oggi, mentre quelle classificate come “galassie peculiari” dovevano essere molto più numerose. Quest’ultime, sono oggetti che per forma, dimensione, luminosità e composizione non sono classificabili come spirali, ellittiche, lenticolari o irregolari. Da questo studio si è arrivato a ipotizzare nel passato recente l’esistenza di collisioni e fusioni di moltissime galassie, studio che fornisce pure preziose informazioni sullo stato della nostra Galassia.

La morfologia e la formazione delle galassie sono fonte di numerosi dibattiti tra i ricercatori. In particolare, un importante strumento nell’analisi della loro morfologia è dato dal diagramma detto “sequenza di Hubble”, una classificazione schematica di tutte le galassie realizzato da Edwin Hubble nel 1926 sulla base delle immagini di varie galassie ottenute dalle lastre fotografiche, che divideva, quelle regolari in tre classi principali: le ellittiche, le lenticolari e le spirali.
Un gruppo di ricercatori europei guidati da François Hammer dell’Observatoire de Paris, per la prima volta ha completato un censimento demografico delle galassie in base ai tipi morfologici in due diversi momenti nella storia dell’Universo, creando in definitiva, su un campione di 116 galassie locali e 148 galassie lontane, due sequenze di Hubble che permettono di spiegare come si siano formate le galassie. Emerge chiaramente che la sequenza di Hubble sei miliardi di anni fa era molto differente da quella che gli astronomi osservano oggi.

Sei miliardi di anni fa, c’erano molte più galassie peculiari di oggi, un risultato davvero sorprendente” ha affermato Rodney Delgado-Serrano, primo autore dell’articolo pubblicato recentemente su Astronomy & Astrophysics (R. Delgado-Serrano, et al, 2010, How was the Hubble Sequence, 6 Giga-years ago?, Astronomy & Astrophysics, 509, A78). “Questo implica che negli ultimi sei miliardi di anni, queste galassie peculiari devono essere diventate spirali normali, mostrandoci un’immagine dell’Universo recente più drammatica rispetto a quella nota“.

Si pensa che queste galassie peculiari siano divenute galassie a spirale attraverso numerose collisioni e fusioni. Il tracciare la storia della formazione delle galassie permette di avere un’idea dell’Universo attuale. Andando indietro nel tempo, deve esserci stato un periodo molto caotico seguito da un periodo più tranquillo, dove galassie nascenti collidevano facilmente con altre permettendone la nascita di nuove. Sebbene finora si ritenesse corretta l’idea che la fusione delle galassie dovesse essere diminuita sensibilmente circa otto miliardi di anni fa, il nuovo risultato porta a credere che le fusioni dovessero essere ancora in atto a quell’epoca e fossero molto frequenti da quel momento in poi  fino a circa quattro miliardi di anni fa.

Il nostro obiettivo è quello di trovare uno scenario che possa connettere l’immagine attuale dell’Universo con le morfologie delle vecchie lontane galassie in modo da far combaciare i vari pezzi del puzzle sull’evoluzione delle galassie” ha affermato Hammer.

Inoltre, contrariamente all’opinione più diffusa secondo la quale dalla fusione delle galassie ellittiche si formerebbero galassie minori, Hammer e il suo gruppo hanno portato avanti uno scenario nel quale le collisioni darebbero come risultato galassie a spirale. In un altro articolo pubblicato su Astronomy & Astrophysics (F. Hammer et al., 2009, The Hubble Sequence: just a vestige of merger events?, Astronomy & Astrophysics, 507, 1313) scavando più a fondo sulla loro ipotesi di “ricostruzione delle galassie a spirale”, i ricercatori hanno proposto che le galassie peculiari nelle fusioni con enormi quantità di gas, solo più lentamente rinascono come spirali giganti con dischi e bulge centrali.
Sebbene la nostra Galassia sia di tipo a spirale, sembra sia stata risparmiata dal dramma giovanile; la sua formazione pare sia avvenuta in modo più tranquillo e che non si siano svolte collisioni violente in tempi astronomici recenti. Tuttavia, la galassia di Andromeda che si trova nelle vicinanze della nostra, non deve essere stata così fortunata e sembra seguire meglio lo scenario della “ricostruzione delle galassie a spirale”. I risultati futuri permetteranno di chiarire meglio quale delle ipotesi sarà da confermare e quale da smentire.

Hammer e il suo gruppo hanno utilizzato i dati della Sloan Digital Sky Survey gestiti dall’Apache Point Observatory, New Mexico, (USA), da GOODS e dall’Hubble Ultra Deep Field grazie in particolare all’Advanced Camera for Surveys (ACS) a bordo di Hubble.

Per maggiori informazioni, si vedano gli articoli di: Hammer, et al. http://arxiv.org/abs/0903.3962 ;
Delgado-Serrano, et al.: http://arxiv.org/abs/0906.2805.
News Release dell’ESA/HUBBLE: http://www.spacetelescope.org/news/html/heic1002.html .

Sabrina

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La Nube di Magellano si svela con Spitzer Space Telescope

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova – Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astronomico di Padova

La Piccola Nube di Magellano. Crediti: NASA/JPL-Caltech/STScl. Disponibile alla pagina: http://www.nasa.gov/images/content/415381main_A-SMC_IRAC-MIPS_crop-med.jpg

L’immagine nell’infrarosso della Piccola Nube di Magellano, ripresa dallo Spitzer Space Telescope della NASA, mostra le stelle e la polvere di questa galassia come mai si erano viste prima. La Piccola Nube di Magellano è una galassia satellite della nostra, che dista approssimativamente circa 200.000 anni luce.

Qui si osserva il corpo centrale della Piccola Nube di Magellano che comprende una “barra” sulla sinistra e un'”ala” che si estende sulla destra della foto. La barra contiene sia stelle vecchie (in blu) che giovani che illuminano la polvere da cui si sono formate (in verde e rosso). L’ala è ricca soprattutto di stelle giovani. Inoltre, in basso a sinistra, si osserva un ammasso globulare di colore blu e, in verde a destra in alto e in basso nell’angolo, l’emissione delle polvere della nostra Galassia.

I dati ricavati da questa immagine vengono usati dagli astronomi per studiare il ciclo vitale della polvere dell’intera galassia: dalla sua formazione nelle atmosfere stellari, a quella consumata per formare nuove stelle, o come serbatoio per il mezzo interstellare attuale. La polvere formatasi nelle stelle vecchie ed evolute (quelle blu con un sfumatura rossa) viene misurata a lunghezze d’onda infrarosse centrali. La polvere interstellare attuale viene pesata misurando l’intensità e il colore di emissione a lunghezze d’onda nel lontano infrarosso. La velocità alla quale il materiale grezzo viene consumato è determinato studiando le regioni di gas ionizzato e le stelle giovani (le regioni estese in giallo e in rosso). La Piccola Nube di Magellano, e la sua compagna, La Grande Nube di Magellano, sono le due galassie dove questo tipo di studio è possibile e la ricerca non può essere fatta senza lo Spitzer Space Telescope.

Questa immagine è stata ripresa dalla camera e dal fotometro a bordo del telescopio spaziale (a 3,6 micron per le regioni blu, 8,0 micron per il verde, mentre il rosso è una combinazione di 24-70 e 160 micron). Il blu traccia prevalentemente le stelle vecchie; il verde l’emissione dei grani di polvere organica (principalmente i “polycyclic aromatic hydrocarbons”); il rosso l’emissione dei grani di polvere più grandi e freddi.

Per ulteriori informazioni, si visiti il sito di Spitzer Space Telescope alla pagina: http://www.nasa.gov/mission_pages/spitzer/multimedia/asmccaption.html .

Sabrina

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Segni di acqua allo stato liquido su Encelado!

Gli scienziati che stanno lavorando intorno alla missione Cassini hanno trovato di recente ioni di acqua carichi negativamente nelle particelle di ghiaccio di Encelado, uno dei satelliti di Saturno. La loro scoperta è davvero interessante: basata sull’analisi dei dati acquisiti dal passaggio ravvicinato della sonda avvenuto nel 2008, e riportato ora nella rivista scientifica Icarus, fornisce infatti una prova della presenza di acqua allo stato liquido, uno dei principali ingradienti per la vita, all’interno della piccola luna ghiacciata.

Lo spettrometro di Cassini, per dire la verità, non si è limitato a questo, ma ha anche trovato altre specie di ioni carichi negativamente, tra i quali sicuramente alcuni idrocarburi.




La luna ghiacciata Enceladus
(Crediti: NASA)

“Per quanto non via sia sorpresa nel fatto che vi sia acqua, questi ioni a vita breve sono una ulteriore evidenza per il fatto che sia presente acqua al di sotto della superficie, e dove c’è acqua, carbonio ed energia, sono presenti alcuni dei più importanti ingradienti per la vita”, ha detto Andrew Coates, a capo del team di ricerca che ha condotto l’indagine.

La presente scoperta permette di aggiungere Enceladus alla Terra, a Titano e alle comete, i luoghi nel Sistema Solare dove si conosce la presenza di ioni carichi negativamente. Alla superficie terrestre, ioni con carica negativa sono presenti laddove vi è acqua liquida in movimento, come vicino alle cascate oppure nei pressi delle grandi onde oceaniche… dunque un ottimo “sensore” per determinare la presenza di acqua liquida!

La storia dello spettrometro di Cassini, poi, meriterebbe un articolo a parte: originariamente progettato per acquisire dati nel campo magnetico di Saturno, misurando la densità, la velocità e la temperatura degli ioni e degli elettroni che entrano nello strumento, subito dopo la scoperta di ghiaccio d’acqua su Encelado, è stato “riconvertito” con pieno successo nell’indagine in questo interessantissimo e forse imprevisto filone di ricerca. Un altro esempio di come, se vogliamo, l’indagine scientifica debba sempre confrontarsi umilmente con il “dato” raccolto – in pratica, il nostro modo di interrogare l’Universo fisico – e modularsi secondo la risposta ottenuta…

STFC Press Release

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Hubble rivela cambiamenti sulla superficie di Plutone

Fin dal momento della sua scoperta, avvenuta nel lontano 1930, il pianeta Plutone è apparso ai telescopi – anche ai più grandi – come poco più di un puntino luminoso, a motivo delle sue ridotte dimensioni e della sua relativa lontananza dal nostro pianeta. Nonostante ciò, ora il Telescopio Spaziale Hubble è riuscito nell’intento di mappare la superficie del pianeta “nano” in un dettaglio davvero senza precedenti.

Tanto per capirci, possiamo dire che la nuova mappa è cos’ buona, che gli astronomi sono anche riusciti a individuare dei dettagli di alcuni cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, tramite il confronto  tra le immagini acquisite da Hubble nel 1994 con quelle più recenti acquisite nel 2002-2003. Il compito è realmente difficile, quasi come voler vedere una pallone da calcio dalla distanza di decine e decine di chilometri…

La “vista” di Hubble non è così acuta da vedere crateri o montagne, se pure queste strutture esistono su Plutone, ma Hubble riesce a rivelare comunque un pattern complesso di colori diversi. Questo si ritiene sia dovuto al risultato dell’azione della radiazione ultravioletta  proveniente dal Sole, che riesce a scindere il metano presente sulla superficie di Plutone, lasciandosi dietro un residuo scuro, ricco di carbonio.

Il mondo di Plutone, tutt’altro che statico e immutabile… !
Crediti: NASA, ESA, and M. Buie (Southwest Research Institute)

Gli astronomi sono rimasti piuttosto sorpresi nell’accorgersi che la brillanza superficiale di Plutone era cambiata negli ultimi anni – il polo nord è più luminoso e l’emisfero sud invece più scuro e più rossastro. L’estate si sta avvicinando al polo nord di Plutone, e questo può far sì che il ghiaccio alla superficie si sciolga e si condensi nuovamente nella parti più ombreggiate e fredde del pianeta.

Complessivamente, il quadro che ci regala Hubble dipinge Plutone non più come un semplice pezzo di ghiaccio e roccia, ma come un mondo dinamico in rapida mutazione, che viene sottoposto a notevoli cambiamenti climatici…!

Hubble Press Release

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Pianeti attorno a stelle massicce

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova – Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astronomico di Padova

 Rappresentazione artistica che mostra un pianeta delle dimensioni di Giove che si sta formando da un disco di polvere e gas che circonda una giovane, massiccia stella. La gravità del pianeta ha creato un anello nel disco. Crediti: David A. Aguilar, CfA. Immagine disponibile su: http://www.cfa.harvard.edu/image_archive/2010/2/hires.jpg .

 
La maggior parte delle ricerche di pianeti attorno ad altre stelle, noti come esopianeti, si è finora focalizzata su stelle simili al nostro Sole. Al momento il loro numero ha superato i 400.  Tuttavia, stelle simili al Sole, ossia con una massa confrontabile con quella solare, non sono potenzialmente le uniche ad avere pianeti che vi ruotano attorno. Circa un mese fa lo Spitzer Space Telescope e il “Two Micron All-Sky Survey” della NASA hanno confermato che la formazione di pianeti è un prodotto naturale di quella stellare anche attorno a stelle molto più massicce del Sole.

Maggiori informazioni si possono avere su: http://www.cfa.harvard.edu/news/2010/pr201001.html e sul sito della NASA: http://www.nasa.gov/mission_pages/spitzer/news/spitzer20100106b.html .

Sabrina

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Una domenica al cinema…

Metti allora che la piccola Agnese faccia il suo compleanno proprio oggi. Otto anni freschi freschi, e due occhialini sul viso, messi da pochi giorni, che le stanno benissimo (parola mia) tanto che tutti le fanno i complimenti ed anche mamma e papà si rassicurano e si tranquillizzano per il fatto che li porti proprio senza nessun problema…

Allora la mattina si prelevano i suoi amichetti e in due macchine, insieme alla moglie, si portano al cinema, a vedere Alvin Superstar 2. Che spettacolo trovarsi nove bimbi tutti in fila buoni buoni a vedersi il film! Presi gli undici biglietti, mi trovavo in mano un nastro lunghissimo che srotolato arrivava fino a terra! Poi gli immancabili pop corn e l’acqua, e tutti dentro la sala.

Usciamo e facciamo un pit stop da McDonalds, cercando di non smarrire la coordinazione tra fiumi di gente e roba da ordinare. Mentre mangiano, si avvicina una signora e noto che ci guarda interessata.  Chissà. Si allontana, ma poi evidentemente non resiste, e ritorna. Stavolta mi chiede, quasi ammirata: “Ma sono tutti vostri?”

No no, la rassicuriamo subito: sono amici, non fratelli. “Complimenti, comunque” ci dice sorridendo, forse perché li vede tutti insieme che interagiscono abbastanza pacificamente. in effetti è buffo portare in giro nove bimbi… Anche altri passano e sembrano curiosi, ma non si fermano.

Si torna e pian piano si distribuiscono i bimbi ai rispettivi genitori. Ce l’abbiamo fatta, e poi non è stata tanto complicata. Quel che più conta, è che sembra si siano divertiti tutti quanti.

… Ancora auguri, Agnese! Otto anni, due splendidi occhiali, e una dolce curiosità di capire il mondo e cercarne le cose belle, che mi insegna sempre qualcosa 😉

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Formazione di cristalli di silicati nel disco di una stella

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova – Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astronomico di Padova

Giovane stella di massa confrontabile con quella solare circondata dal disco di gas e polvere da cui si formeranno i pianeti. Crediti: NASA/JPL-Caltech.

L’animazione artistica illustra come i cristalli di silicati, simili a quelli trovati nelle comete, possano essere formati da un’outburst di una stella che si sta formando.
Dapprima viene mostrato una giovane stella delle dimensioni del Sole circondata dal disco di gas e polvere da cui si formeranno i pianeti. I silicati che costituiscono la maggior parte della polvere devono aver avuto origine da particelle amorfe, non cristallizzate.
Poi, il materiale dal disco spiraleggia sulla stella aumentandone la sua massa e accendendola, comportando un aumento improvviso della sua temperatura. L’esplosione fa aumentare le temperature nel disco che circonda la stella.
Successivamente, l’animazione viene a focalizzarsi sul disco per osservare da vicino le particelle di silicati. Quando il disco si riscalda per effetto dell’esplosione della stella, le particelle amorfe di silicati si fondono. Col raffreddamento, esse si trasformano in “forsterite”, un tipo di cristallo di silicati spesso trovato nelle comete del nostro Sistema Solare.
Nell’aprile 2008, lo Spitzer Space Telescope della NASA ha trovato evidenze di una questo processo che avviene su un disco di un giovane stella simile al nostro Sole chiamata EX Lupi.

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito della NASA sotto la voce: “Spitzer – Studying the Universe in Infrared”:
http://www.nasa.gov/mission_pages/spitzer/multimedia/spitzer-20090513anim.html. Qui è possibile scaricare e/o guardare l’animazione.

Sabrina

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Una coppia di quasar catturati in una “collisione” galattica

L’immagine composta che presentiamo qui sotto mostra due galassie “acchiappate” nel mezzo di un processo di fusione. Nel dettaglio, una immagine acquisita dal Chandra X-ray Observatory ci mostra una coppia di quasar in colore blu, posti alla rispettabile distanza di  circa 4,6 miliardi di anni luce da noi, ma separati tra loro di “appena” 70 mila anni luce. Queste sorgenti brillanti, chiamate collettivamente SDSS J1254+0846 (certo, non troppo mnemonico…….) sono alimentate da materiale che cade dentro buchi neri supermassivi.

Una immagine in banda ottica fornita dal telescopio Baade-Magellan, in Cile (in giallo) mostra poi bene le code mareali – formate da materiale in forma di lunghe strisce di stelle e gas, createsi per le interazioni gravitazionali del sistema – che fuoriescono dalle due galassie in collisione.

Due spettacolari galassie (con quasar) “colte” nell’atto di fondersi in una sola entità…

Crediti: X-ray: NASA/CXC/SAO/P. Green et al. Optical: Carnegie Obs./Magellan/W. Baade Telescope/J.S. Mulchaey et al

L’immagine è davvero importante, poiché è la prima volta che una coppia di quasar luminosi viene rilevata chiaramente in un sistema di galassie in fase di fusione. “I quasar sono gli oggetti compatti più luminosi nell’Universo. e sebbene se ne conoscano attualmente circa un milione, è un lavoro davvero duro quello di trovare due quasar fianco a fianco” ha detto Paul Green, dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics in Cambridge, che dirige il team che ha condotto la ricerca.

La coppia di quasar è stata rilevata la prima volta tramite la Sloan Digital Sky Survey, un importantissimo progetto di survey astronomica a largo campo di galassie e quasar. Successivamente il sistema è stato osservato al telescopio Magellan per determinare se i quasar fossero abbastanza vicini per mostrare chiari segni di interazione tra le loro galassie “ospiti”.

Il risultato è esaltante, ed è una forte evidenza che la coppia di quasar viene davvero coinvolta nel processo di fusione.

NASA Press Release

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