Blog di Marco Castellani

Mese: Aprile 2010 Page 1 of 3

Un’immensa protuberanza solare

La sonda STEREO ha catturato questa spettacolare protuberanza solare nell’estremo ultravioletto sulla superficie solare tra il 12 e il 13 aprile 2010. E’ una tra le protuberanze tra le più immense mai viste e riprese da STEREO o dalla missione SOHO e che raggiunge circa 70 milioni di chilometri di altezza.

Le protuberanze solari sono addensamenti di idrogeno che talvolta si innalzano rapidissimi nello spazio, curvandosi secondo le linee di forza dei campi magnetici, simili a colossali fontane. La loro densità è circa 100 volte quella della corona nella quale si muovono, mentre la temperatura è 100 volte inferiore. Già notate con meraviglia dagli antichi durante le eclissi totali di Sole, si è potuto studiarle nei minimi dettagli a partire dalla seconda metà dell’Ottocento grazie a strumenti e filtri speciali, che permettono di isolare una finestra strettissima dello spettro elettromagnetico alla lunghezza d’onda di 6563 Angstrom, nella quale l’idrogeno emette protuberanze eccezionali e che hanno assunto dimensioni comparabili al diametro solare. Quando non si levano dal bordo ma si proiettano sul disco, le protuberanze assumono l’aspetto e il nome di “filamenti”.

Fonte NASA: http://www.nasa.gov/mission_pages/stereo/multimedia/Huge-Eruptive-Prominence.html .  A questo link è possibile scaricare o vedere il video della NASA.

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Occhi aggiuntivi per le pulsar!

Un team internazionale di astronomi ha appena stabilito un nuovo record mondiale nella “copertura” in lunghezza d’onda, nell’osservazione delle peculiari sorgenti radio chiamate pulsar. Per tale impresa è stato utilizzato il nuovissimo telescopio europeo LOFAR, in combinazione con due dei più grandi radio telescopi nel mondo, il telescopio Effelsberg in Germania e il Lovell, nel Regno Unito.

Questa unica combinazione di così potenti radiotelescopi ha permesso di osservare simultaneamente l’emissione in banda radio da sei differenti pulsar, in un intervallo di lunghezze d’onda che va da 3,5 cm a 7 metri – una differenza di un fattore 200 (!).

La combinazione di dati da diversi radiotelescopi ci farà capire come brillano le pulsar (Crediti: ASTRON website)

Queste differenti lunghezze d’onda sono l’equivalente delle differenti lunghezze d’onda  percepite dall’occhio umano nel caso della luce visibile, e ci restituiscono una “vista” senza precedenti di come brillano le radio pulsar.

Con ogni singolo telescopio, una pulsar può essere osservata solo in un intervallo di lunghezze d’onda piuttosto ristretto, ad ogni dato tempo. Ma combinando tutti questi strumenti, gli astronomi sono riusciti per la prima volta ad osservare questo set di sei pulsar, ognuna simultaneamente in un intervallo di quasi otto “ottave”.

Obiettivo primario dello studio è capire come “pulsa una pulsar”. Ma c’è di più, molto di più da imparare, perché i dati forniranno preziose informazioni anche sul gas interstellare che si trova tra noi e le pulsar.

ASTRON Press Release

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Anche Google celebra i 20 anni di Hubble

Un veloce aggiornamento all’articolo precedente che si occupava del ventennale di attività del Telescopio Spaziale Hubble. Ebbene, era mai possibile che la ricorrenza potesse sfuggire al gigante dei motori di ricerca, il celeberrimo Google? Ecco infatti come salutava i visitatori della sua pagina nella giornata di oggi (la schermata l’ho acquisita oggi pomeriggio, ora sembra già tornata alla struttura “classica”)

Anche Google festeggia Hubble (Crediti: Google)

Al di là della simpatia dell’operazione, forse questo fa anche riflettere sul fatto che vi sono alcuni “grandi strumenti” – e Hubble è senz’altro uno di questi – che non solo hanno fatto (e stanno facendo) la storia della moderna astronomia, ma hanno anche un impatto assai deciso e chiaro in una cerchia ben più allargata dei normali “addetti ai lavori”.

Hubble fa ormai parte del patrimonio comune di chiunque sia curioso di cose c’è sopra la sua testa.. e questo è un grandissimo risultato, non meno importante della enorme quantità di dati scientifici che ha portato a terra in questi venti anni. Gli dobbiamo veramente tanto, della nostra moderna conoscenza del cielo.

Ancora complimenti, Hubble!! 😉

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Hubble, vent’anni sulla breccia…

È da 20 anni sulla cresta dell’onda e non accenna a tramontare. Anzi, al giro di boa del suo ventesimo compleanno (è stato lanciato esattamente il 24 aprile del 1990 a bordo dello Shuttle Discovery), l’Hubble Space Telescope è in forma più smagliante che mai. Pochi strumenti scientifici possono uguagliare una carriera così lunga, brillante e allo stesso tempo accidentata. Più volte sul punto di abbandonare il campo da gioco e ogni volta incredibilmente capace di tornare all’attacco e segnare in rete. Hubble ha fatto sognare. È per questo il più celebre e il più amato dei telescopi.

Colonne di gas e polvere, alte 3 anni luce, nella Nebulosa della Carena. Immagine scattata da Hubble. Crediti: NASA, ESA

L’Istituto Nazionale di Astrofisica celebra i primi vent’anni del Telescopio Spaziale Hubble dedicandogli un servizio speciale  con uno slideshow che raccoglie le immagini più belle e un servizio radiofonico che ne ripercorre la storia. Inoltre, in un video esclusivo i racconti degli astronauti che per l’ultima volta hanno fatto visita al telescopio.

Curioso oggi ripensare che quando è stato progettato quasi nessuno all’interno della comunità scientifica era favorevole a uno strumento così ambizioso e costoso, che avrebbe rischiato di catalizzare enormi quantità di denaro penalizzando le ricerche “a portata di mano” con i telescopi a Terra. Per chi, al contrario, aveva creduto nelle capacità senza precedenti di un telescopio spaziale ottico –  in grado per la prima volta di ammirare l’Universo oltre le nuvole, oltre la cortina di fumo dell’atmosfera –  fu pesantissima la batosta di accorgersi, una volta in orbita, che Hubble era nato difettoso: il suo specchio principale rifletteva immagini sfocate. Eppure, anche da quell’imprevisto scaturì del buono. Il sistema di primo soccorso per correggere le immagini, prima che il danno venisse aggiustato attraverso lenti correttive, fu un software di manipolazione digitale delle immagini che oggi trova comunemente impiego negli screening mammografici del tumore al seno.

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Un pianeta davvero buffo, per Spitzer…

Il telescopio spaziale Spitzer  ci riporta la scoperta di una interessante peculiarità che riguarda un pianeta distante – in pratica, manca il metano, un ingradiente fondamentale a molti pianeti del nostro Sistema Solare e comunissimo in gran parte dei corpi celesti.

Il pianeta Gliese 436 b (Credits: Spitzer website)

Lo studio appare oggi sulla prestigiosa rivista Nature: in esso gli scienziati (assai onestamente) non nascondono come le recenti scoperte siano per loro motivo di perplessità. Dalle loro parole si percepisce bene tale imbarazzo: “I modelli ci dicono che il carbonio in questo pianeta dovrebbe trovarsi in forma di metano. I teorici avranno il loro bel daffare per riuscire a spiegare la sua assenza”.

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Il tuo quotidiano di astronomia!

Ci perdonino i meno avvezzi alle nuove forme di comunicazione, perché estiamo ancora in ambito web con questo post, stretto parente di quello inviato ieri riguardante il nostro account Twitter gruppolocale, gemello di questo sito.  Oltre alla lista appena inaugurata @gruppolocale/astronomia, grazie ai servizi del sito http://paper.li ora disponiamo anche di un simpatico “quotidiano astronomico”, raggiungibile all’indirizzo http://paper.li/gruppolocale.

L’edizione appena uscita, disponibile su http://paper.li/gruppolocale

Per gli interessati, dirò che il sistema è semplicissimo da configurare; in pratica basta autorizzare il sito ad accedere al proprio account Twitter, poi ci pensa lui ad estrarre le “notizie” che acquisisce dalla timeline propria e di quella delle persone che si seguono. L’effetto non è malvagio, a mio avviso… Comunque, giudicate voi!

Tenete presente che – come ogni quotidiano che si rispetti – si ha una sola edizione ogni 24 ore. L’unica differenza è che – almeno per ora – non lo trovate in edicola.. 😉

 

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Il catalogo è questo…

O meglio, dovremmo dire “la lista è questa”, forse sarebbe più opportuno in questo caso – anche se perdiamo la citazione mozartiana 😉
La lista cui si fa riferimento è quella costruita tramite il nostro account Twitter “gemello”, raggiungibile all’indirizzo http://twitter.com/gruppolocale.

Sfruttando la possibilità, abbastanza recente, di creare “liste” di utenti Twitter da poter tenere d’occhio, abbiamo idi recente naugurato una lista “astronomia” per il nostro account, ed iniziato ad inserire degli “utenti” dei quali monitorare gli aggiornamenti – chiaramente scelti tra quelli di interesse squisitamente astronomico (e ce ne sono tantissimi su Twitter, come molti sanno, anche perché più volte abbiamo avuto occasione di parlare di questa famosa piattaforma di microblog). La nostra lista si può seguire alla pagina http://twitter.com/gruppolocale/astronomia. Naturalmente gli iscritti a Twitter possono facilmente “iscriversi” alla lista stessa, ricevendo così aggiornamenti nella loro timeline. L’iscrizione è comunque semplicissima e ovviamente gratuita; se trovate comoda l’idea della lista, è una possibilità da prendere in considerazione.

la pagina della nostra lista di astronomia, su Twitter:
gli iscritti sono solo due, ma speriamo in una rapida “inflazione” del numero 😉

Al momento la lista comprende un certo numero di siti in lingua inglese ma molto rappresentativi (tipo la NASA), e qualche sito di lingua italiana (come il nuovo account Twitter di mediainaf). In futuro vorrei cercare di enfatizzare la percentuale di siti in lingua italiana : visto infatti di liste di astronomia in lingua inglese ve ne sono moltissime (a titolo di esempio, la NASA, al momento in cui scrivo, risulta presente in 15.773 liste!), ritengo non sarebbe male “specializzarci” verso l’italico linguaggio..

Se avete voglia, fateci sapere cosa pensate della lista. Vi pare uno strumento utile, oppure le occasioni di aggiornamenti sono già tante anche senza di questa? Aspettiamo i vostri commenti 😉

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Un’estate su Tritone

di Sabrina Masiero

E’ piena estate nell’emisfero sud di Tritone, satellite di Nettuno, sulla base della primissima analisi della sua atmosfera compiuta da un gruppo di ricercatori europei che ha utilizzato il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory (ESO) rivelando la presenza di monossido di carbonio e compiendo la prima rilevazione di metano sulla sua sottile atmosfera. Queste osservazioni mostrano che il sottile spessore dell’atmosfera cambia con le variazioni stagionali, in particolare aumenta nel periodo più caldo.

Abbiamo trovato evidenza di come il Sole faccia sentire la sua presenza su Tritone, nonostante sia molto distante da esso. Questo mondo ghiacchiato ha stagioni simili a quelle terrestri, sebbene esse varino molto più lentamente” afferma Emmanuel Lellouch, primo autore dell’articolo pubblicato su Astronomy & Astrophysics dal titolo: “Detection of CO in Triton’s atmosphere and the nature of surface-atmosphere interactions“.

Su Tritone, dove la temperatura superficiale media è di circa -235 gradi Celsius, è estate in questo momento nell’emisfero sud e inverno in quello nord.
Non appena l’emisfero sud si riscalda, un sottile strato di azoto ghiacciato, metano e monossido di carbonio sublimano in gas sulla sua superficie, assottigliando sempre meno l’atmosfera fredda man mano che avanza la stagione, nel corso di un’orbita di Nettuno intorno al Sole, che è pari a 165 anni. Una stagione su Tritone dura un po’ più di 40 anni. Il satellite ha passato il solstizio estivo nel suo emisfero sud nel 2000.

Sulla base delle misure effettuate del gas, Lellouch e i suoi colleghi hanno stimato che la pressione atmosferica di Tritone debba essere aumentata di un fattore quattro se confrontata con le misure compiute dal Voyager 2 nel 1989, quando era ancora primavera sulla gigantesca luna. La pressione atmosferica del satellite è ora compresa tra 40 e 65 microbar, 20.000 volte meno che sulla Terra.

Il monossido di carbonio era noto per essere presente sottoforma di ghiaccio sulla sua superficie, ma Lellouch e il suo gruppo hanno scoperto che lo strato superiore di Tritone è arricchito di ghiaccio di monossido di carbonio di circa un fattore dieci se confrontato con gli strati più profondi, e questo rappresenta una sorta di pellicola che filtra l’atmosfera.
Mentre la maggior parte dell’atmosfera di Tritone è di azoto (molto più abbondante che sulla Terra), il metano nell’atmosfera, rilevato per la prima volta dal Voyager 2 e ora confermato in questo studio da Terra, viene a svolgere un importante ruolo. “I modelli climatici e atmosferici di Tritone devono essere rivisti ora, alla luce di questa scoperta del monossido di carbonio e si dovrà misurare nuovamente la quantità di metano” afferma il co-autore, Catherine de Bergh.

Delle 13 lune di Nettuno, Tritone è la più grande, con i suoi 2.700 chilometri in diametro (tre quarti di quello della nostra Luna), è il settimo satellite più grande nel nostro Sistema Solare. Dalla sua scoperta avvenuta nel 1846, Tritone ha affascinato numerosi astronomi non solo per la sua attività geologica e i numerosi tipi differenti di ghiaccio superficiale, come l’azoto ghiacciato o il ghiaccio secco (biossido di carbonio ghiacciato), ma anche per il suo moto retrogrado che è unico nel nostro Sistema Solare, un moto che avviene in direzione opposta rispetto alla rotazione dei pianeti.

Non è facile osservare l’atmosfera di Tritone che è approssimativamente 30 volte più lontano dal Sole di quanto non lo sia la Terra. Negli anni ’80 del secolo scorso gli scienziati avevano teorizzato che l’atmosfera della luna di Nettuno potesse essere sottile come quella di Marte (7 millibar). Fu solo quando il Voyager 2 visitò il pianeta nel 1989 che l’atmosfera di azoto e metano venne misurata (l’attuale pressione è di 14 microbar, 70.000 volte meno densa dell’atmosfera terrestre). Da allora, le osservazioni terrestri sono state molto limitate.
Le osservazioni di occultazioni stellari (quel fenomeno che si verifica quando un corpo del Sistema Solare passa davanti ad una stella e impedisce il passaggio della sua luce) indicavano che la pressione alla superficie di Tritone stava aumentando negli anni novanta. Grazie al Cryogenic High-Resolution Infrared Echelle Spectrograph (CRIRES) del Very Large Telescope (VLT) il gruppo di scienziati fu in grado di ottenere maggiori risultati nello studio dell’atmosfera di Tritone.
Avevamo bisogno della sensibilità e della capacità di CRIRES per prendere spettri estremamente dettagliati e osservare l’esigua atmosfera” ha concluso il co-autore Ulli Kaufl.

Eso Press Release: http://www.eso.org/public/news/eso1015/ .

Sabrina

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