Blog di Marco Castellani

Giorno: 5 Novembre 2010

Pieno successo per il flyby di EPOXI alla Hartley 2!

A poche ore dal flyby della sonda EPOXI con la cometa Hartley 2, gli scienziati dicono che già le prime immagini ci rivelano nuove importanti informazioni riguardo le dimensioni della cometa, come pure del materiale distribuito lungo la sua superficie….

“Le osservazioni preliminari della cometa mostrano come, per la prima volta, possiamo riuscire a collegare la sua attività a specifiche caratteristiche del nucleo”, ha detto il Principal Investigator di EPOXI, Michael A’Hearn, “Abbiamo certamente un sacco di roba (letteralmente, “our hands full”, le mani piene). Le immagini sono piene di formidabili dati cometari, ed è proprio quello che speravamo”.

Ricordiamo che EPOXI è l’estensione di una missione precedente, che già utilizzava la sonda Deep Impact. La sua fase di incontro con la cometa Hartley 2 è iniziata il 3 novembre alle 1 p.m. PDT, quanto la sonda ha iniziato a puntare i suoi due imagers verso il nucleo della cometa. Le immagini del nucleo stesso sono iniziate ad arrivare circa un’ora dopo.

La sonda ci ha fornito la più estesa osservazione di una cometa in tutta la storia“, ha detto Ed Weller, amministratore associato del Science Mission Directorate di NASA, “scienziati ed ingegneri  sono riusciti a spremere scienza di prim’ordine da una sonda il cui obiettivo era stato riformulato, per un costo a carico dei contribuenti pari ad una frazione di quanto avrebbe comportato un nuovo progetto scientifico”

Le immagini in arrivo da EPOXI  rivelano che la cometa Hartley 2 presenta un volume complessivo circa cento volte inferiore a quello della cometa Temple 1, il primo obiettivo di Deep Impact. Altre rivelazioni su Hartley 2 sono attese in seguito all’accurata analisi dei dati forniti dalla sonda.

Un montaggio di alcune immagini della cometa Hartley 2 (Crediti: NASA/JPL-Caltech/UMD)

Riguardo al flyby, le stime iniziali indicano che la sonda si è avvicinata fino a circa 700 chilometri dalla cometa: questa è esattamente la distanza che era stata calcolata e previta dagli ingegneri che hanno programmato il “passaggio ravvicinato”. Dai JPL della NASA fanno sapere che considerano questa riuscita come una dimostrazione della capacità di passare vicino ad un oggetto che si muove tanto velocemente nel cielo.

Ancora, mentre è indubbiamente eccitante osservare le immagini del flyby, ancora molto lavoro rimane da fare. In particolare si prevede di raccogliere immagini ancora per circa tre settimane, mentre la sonda prosegue, indomita, il suo lungo viaggio….

NASA JPL Press Release

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Pianeta… o pianeta nano ?


Fonte: Plutone e Caronte. Faint Object Camera (FOC) – Hubble Space Telescope, NASA.

Da qualche anno era sorto un dibattito per stabilire se Plutone fosse un pianeta. Le caratteristiche fisiche di questo corpo lontano furono fissate solo negli anni novanta del secolo scorso, quando l’ Hubble Space Telescope fotografandolo per la prima volta ne determinò il diametro in circa 2300 km.

Plutone era stato scoperto nel 1930 da Clyde W. Tombaugh al Lowell Observatory in Arizona, nell’ambito d’una ricerca del “Pianeta X”, ipotizzato per spiegare anomalie nelle orbite di Urano e Nettuno.

L’oggetto trovato, appunto Plutone, però era molto più debole del previsto e a causa della distanza c’erano enormi difficoltà a determinarne il diametro. Le imprecisioni furono molteplici:  negli anni sessanta del secolo scorso si stimava la sua dimensione in  circa 6000 km, che scesero a 3000 km negli anni ottanta.

Nel frattempo la scoperta del suo satellite maggiore Caronte permetteva di determinarne la massa, che risultava essere pochi millesimi di quella terrestre.

Si arrivò a ipotizzare che in realtà Plutone fosse solo un satellite di Nettuno sfuggito all’attrazione gravitazionale del pianeta, e sicuramente questo non migliorava la situazione del più piccolo e remoto dei pianeti.
Quando verso il 2000 si iniziarono a scoprire tutta una serie di oggetti più piccoli di Plutone – i cosiddetti oggetti della Fascia di Kuiper –  fu suggerito che Plutone, trovandosi all’ interno, fosse semplicemente il maggiore degli oggetti transnettuniani, oggetti cioè che orbitavano oltre l’orbita di Nettuno e che a causa della debole attrazione gravitazionale non erano riusciti ad aggregarsi per formare un pianeta all’atto della formazione del sistema solare.

Al Congresso dell’International Astronomical Union (IAU) il 24 agosto 2006 Plutone viene declassato a pianeta nano del nostro sistema solare. Durante questo congresso si arrivò ad una definizione ufficiale di “pianeta” che non era mai stata formalizzata prima. Dopo la scoperta di 2003 UB313 (Eris), con un diametro di 2400 chilometri e quindi maggiore di Plutone, che orbitava ad una distanza maggiore di Plutone, si era pensato di estendere la definizione di pianeta anche a Cerere, asteroide maggiore della Fascia degli asteroidi (1000 chilometri circa di diametro), Caronte e a 2003 UB313, arrivando in questo modo a contare 12 pianeti del nostro sistema solare. Mentre la notizia faceva il giro del mondo, fra gli astronomi invece si pensò di cancellare questa proposta e di formularne un’altra.

Il 24 agosto, dopo giorni di accesi dibattiti, è stata effettuata la votazione che ha promosso il modello di sistema solare interno composto da otto pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

Da pianeta a pianeta nano – Nuove norme per la definizione di un pianeta:

1.    Il corpo celeste orbita attorno ad una stella;
2.    il corpo non produce energia tramite fusione nucleare, ovvero non è esso stesso una stella;
3.    la sua massa è sufficiente a conferirgli una forma sferoidale;
4.    la sua fascia orbitale è priva di eventuali corpi di dimensioni confrontabili o superiori.

Il punto 4 fa la differenza tra pianeta (dove valgono le condizioni 1-2-3) con un pianeta nano (dove valgono simultaneamente 1-2-3-4).

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