Il microbo GFAJ-1 che cresce nell’arsenico. Crediti: Jodi Switzer Blum, Fonte NASA.


di Giuseppe Galletta, Università degli Studi di Padova


Il NAI (Istituto di Astrobiologia della NASA) giovedì 2 dicembre 2010 ha tenuto una conferenza stampa sugli esiti di una ricerca che è stata pubblicata su Scienze.

Si sapeva già da anni che esistono batteri che utilizzano l’arsenico per il loro metabolismo. L’arsenico è simile al fosforo come formazione di legami e forma Arseniati (AsO4), come il fosforo forma ioni fosfati (PO4) che si trovano nell’ossatura del DNA ed RNA e in molecole importantissime per i processi vitali. Lo ione con arsenico può sostituirsi a quello con fosforo ma il suo legame è instabile ed esso tende così a distruggere le cellule, acquistando così quella proprietà tossica che tutti associamo al nome “arsenico”. Questi batteri che vivono in acque idrotermali ricche di arsenico estratto dalle rocce lo utilizzano per estrarre l’ossigeno dall’anidride carbonica e utilizzare così il carbonio, in un processo simile alla fotosintesi dove la luce solare e l’acqua partecipano al processo. Essi vengono anche usati per purificare l’acqua in caso di contaminazioni da arsenico.

La novità è che dei batteri che utilizzano l’arsenico, estratti dal fango di sorgenti idrotermali dove vivono (in questo caso nel Mono Lake, in California vicino al parco di Yosemite) sono stati coltivati in laboratorio in una soluzione contenente sia fosforo che arsenico, in cui il fosforo è stato progressivamente eliminato col tempo in favore dell’arsenico. Si tratta del ceppo GFAJ-1, facente parte del gruppo dei Gammaproteobatteri. Questi batteri hanno continuato a riprodursi e sembrano aver sostituito del tutto il fosforo con l’arsenico all’interno delle loro cellule e nel loro DNA.

Se questo verrà confermato, sarà il primo caso di forme di vita chimicamente diverse da quelle terrestri. In questi termini, la notizia è certamente sensazionale. Perché indica che nelle future esplorazioni di altri pianeti alla ricerca di vita bisognerà tenere conto di forme viventi con elementi diversi da quelli utilizzati sulla Terra. Occorre però precisare che non si tratta di una forma di vita primordiale sopravvissuta ai tempi moderni. Questi batteri vivono in un’atmosfera di ossigeno, assente nell’atmosfera terrestre primordiale, e sono probabilmente la testimonianza di un adattamento ad un ambiente ostile da parte di batteri terrestri con lo stesso antenato comune degli altri batteri.

Naturalmente non sono mancate le critiche feroci alla scoperta, come avviene tutte le volte che si attaccano dei “dogmi”. Alcune di esse appaiono dettate da una avversione culturale se non addirittura dall’invidia. I critici accusano lo staff di aver agito col pregiudizio di voler trovare una nuova forma di vita a tutti i costi, di avere un laboratorio non all’altezza della scoperta, di aver usato tecniche troppo semplici per questa indagine, persino di aver scritto in un cattivo inglese (sic!). L’unica critica seria sembra essere quella di aver usato una soluzione nutriente che poteva avere tracce di fosforo, fatto di cui però non si ha la certezza. Dei veri scienziati farebbero di tutto per ottenere dei simili batteri e ripetere l’esperimento criticamente; le critiche a distanza mi appaiono un segno di mediocrità, soprattutto se esposte in pubblico e non direttamente agli autori. Ma è bene che il pubblico venga informato sia delle scoperte, sia di quanto esse siano o meno accettate dalla comunità scientifica. Solo le future ricerche sullo stesso batterio ci daranno una risposta certa.

Il microbo GFAJ-1 che cresce nel fosforo. Crediti: Jodi Switzer Blum, Fonte NASA.

Maggior dettagli sono su:

http://www.nasa.gov/home/hqnews/2010/dec/HQ_10-320_Toxic_Life.html

L’articolo scientifico è accessibile su
http://www.sciencemag.org/content/suppl/2010/12/01/science.1197258.DC1/Wolfe-Simon-SOM.pdf

Vera o falsa che sia, questa scoperta apre la strada a numerosissimi interrogativi.

Giuseppe Galletta

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