Non ci può essere vera felicità se ci si gioca su un atteggiamento sleale verso la moglie, la famiglia. Dal coraggio di capire che si è davvero a casa, che non ci può essere situazione migliore, che le fantasie sono solo fantasie (percezioni distorte per fragilità, impazienza dell’attesa di un compimento), viene la letizia e la pace. 
E viene perché non è una cosa fine a se stessa, non è per un inutile buonismo, uno sterile moralismo. Nemmeno può essere per un quieto vivere (che brutto e sottilmente disperato sarebbe un “quieto vivere” senza un’apertura, un respiro, un riverbero di un Altro!). E’ come una umile domanda, una ricerca di un incanto, di un prodigio, “Il prodigio che tutti aspettiamo“. Il compimento del desiderio del cuore.
Altrimenti il tempo vincerebbe, come sempre vince se non c’è (o non si riconosce) una radice che non muore, che non ha scandalo del passare del tempo. “Mia giovinezza non ti ho perduta / Sei rimasta, in fondo all’essere” dice Ada Negri. 

“Luci della sera”
(scatto di oggi per Picplz)



Essere in se stessi, nella propria storia, trovarci il fondamento, stupirsi della sua consistenza… questo dà pace. Questa pace, questa sicurezza, permettono la creatività e l’efficacia del proprio stare nel mondo. Insieme, sono la risposta più solida alle paure e alle nevrosi.
Bisogna avere una radice, per fiorire. Per gustarsi il tempo.

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