Lampada a incandescenza.

di Giovanni Boaga

Storia di un piccolo, grande oggetto

L’oscurità ha sempre rappresentato per l’Uomo un problema serio da affrontare. Al buio non si può fare quasi nulla e, inoltre, si è fortemente vulnerabili non essendo dotati di un sistema di visione efficiente in condizioni di scarsa luminosità. Il controllo del fuoco da parte di Homo erectus, le cui prime testimonianze risalgono a un milione e mezzo di anni fa, rappresentò quindi un passo fondamentale nel cammino culturale umano. Oltre alla possibilità di consumare cibi cotti e riscaldarsi nelle giornate di freddo, questi primi uomini ebbero l’opportunità di illuminare la notte, aumentando la sicurezza e rafforzando i rapporti umani, contribuendo a porre le basi per le prime comunità.
Da allora di strada ne è stata fatta tanta e oggi quello dell’illuminazione è, per noi abitanti delle società tecnologiche, una presenza tanto insostituibile quanto scontata e basta anche una breve interruzione della fornitura di elettricità per mandarci nel panico, alla ricerca (al buio) di candele nascoste chissà dove e torce elettriche con le batterie scariche. Questa necessità vitale ha un simbolo: la lampadina elettrica a incandescenza.

 

Thomas Alva Edison.

 

L’uomo che ha legato il suo nome a questa piccola compagna delle nostre attività notturne non ha bisogno di presentazioni, con i suoi più di mille brevetti registrati in tutto il mondo e una capacità fuori del comune di unire al processo inventivo i principi della produzione di massa: Thomas Alva Edison. Il suo laboratorio di Menlo Park, nel New Jersey, fu proprio costituito allo scopo non solo di produrre innovazioni tecnologiche ma anche di migliorare quelle di altri inventori e, successivamente, registrare il prodotto finale a proprio nome. Senz’altro un grande intuito, quello di Edison, che lo portava ad acquistare brevetti altrui anche quando la qualità non era eccelsa ma migliorabile, una notevole dose di spregiudicatezza e, soprattutto, la possibilità di contare su bravi collaboratori, in grado di supportarlo sia dal punto di vista ingegneristico che da quello commerciale: «[…] è aiutato da un numero grande di assistenti e qualunque cosa gli salti in mente di costruire lo può fare senza difficoltà», scriverà in una delle Lettere americane Camillo Olivetti, fondatore dell’omonima industria di Ivrea, in visita ai laboratori di Edison durante un viaggio negli Stati Uniti nel 1893.
Quello della lampada a incandescenza è proprio un esempio paradigmatico delle caratteristiche del grande inventore americano e tratteggiare la storia della sua realizzazione ci permette di sfatare il luogo comune che attribuisce frettolosamente la paternità di questa importante invenzione a un uomo solo, trascurando la complessità della vicenda storica che vede come protagonisti molti altri inventori ottocenteschi, e di scoprire un “lato italiano” di questa interessante vicenda.

Menlo Park.

Fine prima parte

Giovanni

Pubblicato inizialmente su Storie di Scienza: http://giovanniboaga.blogspot.com/2011/02/la-lampada-incandescenza.html

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