Blog di Marco Castellani

Ghiacci polari e atmosfera terrestre

Fonte: http://www.scienze.tv/node/4608 .

Riportiamo qui di seguito un’interessante articolo del Colonnello Mario Giuliacci, fisico climatologo di Epson Meteo apparso su  “Meteo.it – Clima-cambiamenti-Wikimeteo” intitolato “Ghiacci polari e atmosfera terrestre”.

Fonte Meteo.it: http://www.meteo.it/Clima-Cambiamenti/Ghiacci-polari-e-atmosfera-terrestre/content/it/1-693-305344-57754

Negli ultimi decenni i ghiacci polari hanno sempre più richiamato l’attenzione dei climatologi, sia perché è maturata la convinzione che abbiano sul clima un effetto termoregolatore maggiore di quello fin ora loro assegnato, sia perché ogni modifica della loro estensione e del loro spessore costituiscono un sicuro indizio di mutamenti climatici in atto.
La misura della copertura dei ghiacci polari è oggi affidata, oltre che alla prospezione fotogrammetrica aerea, soprattutto ai satelliti in orbita polare, i quali, percorrendo traiettorie abbastanza basse, consentono di avere un continuo e accurato aggiornamento della situazione.

Molto più problematica invece è la misura dello spessore e della densità dei ghiacci. Non è possibile infatti impiegare allo scopo radar montati su aerei o satelliti poiché le onde elettromagnetiche centimetriche emesse da tali apparati non sono in grado di penetrare la coltre ghiacciata, nemmeno per 1-2 metri. Infatti il segnale emesso dal radar viene fortemente attenuato dalla miriade di minuscole bolle di soluzione salina inglobate nel ghiaccio. Pertanto fino a pochi anni or sono si è fatto uso di sonde acustiche montate sui sommergibili nucleari militari, gli unici dotati di sufficiente autonomia per restare, anche per mesi, sotto la banchisa polare.
Oggigiorno, anche in considerazione del problematico impiego dei sommergibili militari, le misure di spessore della coltre ghiacciata vengono effettuate mediante profilografi al laser aerotrasportati, i quali sono in grado di misurare l’altezza dei ghiacci che emergono al di sopra della linea di galleggiamento, e da qui si risale poi allo spessore totale.
Ancor più sofisticata è la tomografia acustica, mediante la quale si rileva il tempo necessario perché un segnale acustico, emesso orizzontalmente da una sorgente sottomarina, venga ricevuto da un rivelatore posto a un centinaio di chilometri di distanza.

Attraverso tali tecniche è stato possibile appunto stimare le variazioni di copertura e di spessore nel corso dell’ultimo quindicennio.
Le misure di copertura hanno evidenziato che i ghiacci antartici hanno una variabilità interstagionale molto più marcata di quelli artici. Infatti i primi passano da una copertura invernale di 20 milioni di chilometri quadrati ad appena 4 milioni in estate; la copertura artica invece varia da 15 a 8 milioni di chilometri quadrati. Inoltre, in una zona artica vasta quasi come l’Italia, è stato scoperto che lo spessore medio misurato nel 1987 si è ridotto di circa il 15% rispetto a quello rilevato sulla stessa area nel 1976.

Per quanto riguarda le variazioni di spessore dei ghiacci antartici non se ne sapeva nulla fino al 1985, poiché in tale area del mondo le convenzioni internazionali vietano l’accesso ai sommergibili nucleari. Nel 1986 comunque furono iniziati rilevamenti di spessore anche al Polo Sud, effettuando nella banchisa circa 4000 perforazioni, un’operazione ripetuta poi nella stessa area nel 1989. Dal confronto delle due serie di successive misure è stato così evidenziato che il ghiaccio polare giovane (quello di 1 anno) costituisce circa il 90% della copertura antartica. Ma la sorpresa più strabiliante è stata data dalla scoperta che i ghiacci del Polo Sud hanno uno spessore medio di appena 1 metro, un valore di gran lunga inferiore a quello dei ghiacci del Polo Nord, i quali sono spessi in media 4-5 metri.
L’inatteso fenomeno ha subito posto agli scienziati una serie di preoccupanti interrogativi: uno spessore così modesto è una naturale caratteristica della banchisa antartica oppure è il risultato di un progressivo assottigliamento intervenuto negli ultimi decenni? La copertura dei ghiacci antartici è forse al limite dell’instabilità? Un’ulteriore incremento dell’effetto serra potrà portare alla completa fusione del sottile pellicola ghiacciata? I problemi appena enunciati non sono di poco conto se si pensa a quale enorme impatto potrebbe avere sul clima del futuro una fusione anche parziale dei ghiacci polari a seguito di un riscaldamento dell’atmosfera. Purtroppo, a tal riguardo, i modelli di simulazione dell’evoluzione del clima concordano nel prevedere per i prossimi decenni un massimo riscaldamento proprio sulle calotte polari. E’ questo il motivo per cui la particolare sottigliezza dei ghiacci polari desta serie preoccupazioni.

Il maggiore riscaldamento previsto alla alte latitudini sarebbe l’effetto di un processo a catena di autoesaltazione degli effetti (feed-back positivo). Infatti un aumento della temperatura sulle zone polari determinerebbe una parziale riduzione della copertura dei ghiacci, specie intorno ai 60-65° di latitudine, ove è ubicato il bordo meridionale della banchisa. Di conseguenza su tali regioni diminuirebbe l’albedo, cioè la frazione di energia solare riflessa dal suolo verso lo spazio. Infatti, mentre le distese ghiacciate riflettono l’80-90% dei raggi solari, un suolo spoglio da ghiacci ne riflette appena il 15-20%. Pertanto sulle regioni interessate da una fusione dei ghiacci polari aumenta la quantità di energia solare trattenuta e immagazzinata dal suolo, la quale viene poi riversata sulla sovrastante atmosfera, determinandone un riscaldamento.

Tale rialzo termico causerebbe un ulteriore arretramento dei ghiacci, il quale a sua volta ridurrebbe l’albedo delle zone interessate dal fenomeno, e così via in un processo a valanga. Inoltre si teme che l’aumento dell’effetto serra possa provocare anche lo scioglimento del permafrost, il sottostrato di suolo permanentemente gelato che attualmente ricopre gran parte della Siberia e del Canada Settentrionale, con l’effetto di trasformare la tundra in palude e liberando così nell’atmosfera gas metano, un gas-serra. Anche tale processo è chiaramente a feed-back positivo.
Una riduzione significativa dei ghiacci polari avrebbe serie ripercussioni sull’habitat del Pianeta. In particolare vi sarebbe uno slittamento verso più alte latitudini della fascia temperata, attualmente compresa tra i 30° e i 50° gradi di latitudine. Inoltre la fusione dei ghiacci determinerebbe un innalzamento del livello degli oceani che, agli attuali ritmi di riscaldamento atmosferico, potrebbe essere dell’ordine di 6 centimetri per decennio, a fronte di un aumento complessivo di 10-20 centimetri dal 1900 ad oggi.

Mario Giuliacci

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2 Comments

  1. emiliano cassardo C.A.V.Verona

    Ovvio che il problema dell’albedo diminuito riguardi i mesi di luce. Tuttavia mi incuriosisce il fatto che ad esempio il sofferente Artico, a fronte di estati disastrose mostri nei mesi invernali dei recuperi inattesi, per poi sgretolarsi nuovamente nella stagione successiva. Probabile che l’albedo diminuita a causa della scomparsa dei ghiacci e che aumenta l’assorbimento della radiazione termica, abbia l’effetto opposto durante i mesi di buio (emissione del corpo nero), dissipando il calore nello spazio con maggiore efficienza. (Ricordiamoci che una calotta di ghiaccio isola dal raffreddamento eccessivo il terreno od il mare sottostante durante la fase dissipativa).
    Pur condividendo con il competente dott. Giuliacci le preoccupazioni climatiche, resto molto perplesso sulla reale esistenza di un trend inarrestabile al riscaldamento, della sua eventuale causa prima dovuta all’uomo e che, anche fosse certo, non sia in buona parte imputabile agli effetti che la nostra stella ha sul clima terrestre.

  2. Pietro Cassaro

    Volevo fare solo un’osservazione a proposito del feed-back positivo dovuto alla diminuzione di albedo. Assolutamente vero che si possa verificare un fenomeno del genere, ma mi sembre si dimentichi che per circa sei mesi ogni anno ciascuna calotta polare si trova al buio, quindi qualsiasi sia l’albedo in quei mesi quella calotta non si riscanderà diminuendo anzi la sua temperatura. Bisognerebbe tener conto di questo nel calcolo globale di perdite e guadagni. Grazie e ciao
    Pietro Cassaro

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