Blog di Marco Castellani

Mese: Giugno 2011 Page 1 of 3

Con gli occhi di una particella

Atomo – Fisica in digitale. Disponibile su http://www.altranatura.it/?p=605


Per la XX Edizione de Il Carnevale della Fisica


L’Effemerottero (o Effimera) è un curioso insetto famoso per la brevità della sua vita che è stata descritta da Carlo Linneo con queste parole:

“Volatiles factae brevissimo fruuntur gaudio, uno saepe eodemque die nuptias, puerperis et exequias celebrantes – Le effimere divenute alate, godono di una brevissima gioia poiché celebrano nello stesso giorno nozze, puerperio e morte”.

Se osservassimo con gli occhi di questo animale, sicuramente la nostra valutazione del trascorrere del tempo sarebbe differente, perché il nostro tempo è lungo se confrontato con quanto l’Effimera riesce a fare, pur in periodi così brevi, rispetto al nostro punto di vista di osservatori esterni.

Nel suo Codice Trivulziano, Leonardo da Vinci, cercando di definire l’essenza del tempo, ci dà un’immagine molto suggestiva di come noi riusciamo a percepire il tempo presente:

“L’acqua che tocchi dei fiumi è l’ultima di quella che cade e la prima di quella che viene; così è il tempo presente… Una vita bene spesa lunga è”.

La fisica con le sue leggi e i suoi principi attribuisce alle particelle una vita che si manifesta nel tempo ed è legata al movimento, dato che molte particelle evolvono e sono soggette ad un decadimento che le trasforma in altre particelle. Per questo motivo si afferma che le particelle si materializzano e interagiscono tra loro, ossia risentono della presenza di altre particelle come se avessero “qualità sensoriali”, concetto che risale ai tempi di Francesco Bacone.

Soffermiamoci a considerare la vita media delle particelle. Sembra che il protone abbia un tempo di vita dell’ordine di 10^31 anni, ossia un 1 seguito da 31 zeri. Questo tempo non siamo mai stati in grado di misurarlo, ovviamente.
Come si fa allora ad affermare che il tempo di vita delle particelle può arrivare a questo ordine di grandezza? Dato che non è possibile misurarlo su ogni singola particella, si considera il comportamento statistico di un gran numero di particelle e tanto più elevato è tale numero, tanto più indicativo è tale valore. Quindi, il concetto di vita media di una particella è un valore statistico.

L’età del nostro universo è di circa 13 miliardi di anni. Il decadimento di un protone risulterebbe quasi sempre speranza perché i calcoli portano ad affermare che statisticamente in 10^31 protoni si osserva un solo decadimento all’anno. Tuttavia, è proprio questo quello che si vuole osservare e molte ricerche vanno proprio in questa direzione. Il protone è considerata la particella più stabile, insieme all’elettrone che non decade. I neutroni, invece, quando sono liberi e quindi non fanno parte del nucleo atomico, hanno una vita media di soli 10,8 minuti. Il neutrone, come il protone e l’elettrone, fa parte della famiglia delle particelle stabili anche se i tempi di vita sembrerebbero brevi.

 

Il mesone è una particella che ha una massa intermedia tra quella dell’elettrone e quella del protone, con dimensioni di circa 10^13 cm e con una velocità media di circa 10^10 cm/s e la sua vita media è pari a circa un centomilionesimo di secondo, che tradotto in numeri equivale a 1,8×10^-8 s.
In questo tempo di vita apparentemente il mesone è in grado di percorrere 100.000 miliardi di volte la propri dimensione, che è pari a un centomiliardesimo di centrimetro. Questo significa una distanza pari a 100 cm. Ma questa particella è stabile o meno?

 

Tabella di alcuni decadimenti disponibile su: http://www.bo.astro.it/universo/webuniverso/bedogni/bed6.html


Per capire bene se questo è valore piccolo o grande facciamo un confronto con la nostra automobile. La nostra automobile si può definirla stabile anche dopo che essa ha percorso 300.000 km (o forse sta perdendo i pezzi per strada). Tuttavia, l’auto essendo lunga circa 5 metri, percorre solo 60 milioni di volte la propria lunghezza, mentre il mesone, vivendo “solo” un centomilionesimo di secondo, percorre la propria lunghezza ben 100.000 miliardi di volte.
Da questo punto di vista si può concludere che il mesone è sicuramente più stabile della nostra automobile che dura solo qualche anno!
Possiamo ritenere, dunque, il mesone una particella stabile.Per convenzione, da un punto di vista fisico si ritiene instabile una particella che viva per un tempo inferiore a 10^-18 s.

Il concetto di vita media di una particella risulta molto più chiaro quando si considerano i fenomeni di radioattività naturale, dove la vita media di un elemento è legata al tempo di dimezzamento, tempo durante il quale un numero di atomi radioattivi decadendo si riduce alla metà del numero iniziale.
Per capire cosa succede, possiamo pensare ad una vasca di un acquario con 16 pesciolini gialli. Con questi 16 pesciolini vogliamo descrivere il decadimento radioattivo del Fermio 256, dove i 16 animaletti rappresentano i 16 nuclei dell’isotopo che ha un tempo di dimezzamento di tre ore. Il decadimento consiste nel cambiamento di colore dei pesciolini da gialli a rossi.
L’esperimento inizia alla mezzanotte. Dentro il nostro acquario ci sono 16 pesciolini tutti gialli.
Se andiamo a contare il numero di pesciolini gialli che non si sono ancora trasformati in pesciolini rossi alle ore tre del mattino, osserviamo il primo dimezzamento: dentro la vasca ci sono 8 pesciolini gialli e 8 pesciolini rossi.
Alle ore sei del mattino si assiste al secondo dimezzamento: i pesciolini gialli sono rimasti solo in quattro.
Alle ore nove si registra il terzo decadimento: i pesciolini gialli sono rimasti in due, tutti gli altri sono rossi.
Infine, se andiamo a vedere l’acquario a mezzogiorno, osserviamo che un solo pesciolino giallo è rimasto nella vasca, tutti gli altri sono diventati rossi.

 

Andamento del decadimento. La formula è data da:


 

Anche qui i tempi di dimezzamento possono essere estremamente grandi, fino all’ordine di miliardi di anni, mentre quelli più brevi si aggirano intorno a qualche decimilionesimo di secondo. Consideriamo, per esempio, un isotopo dell’uranio U238 che vive per 4,5 miliardi di anni. Questo significa che gli atomi di un certo campione dopo 4,5 miliardi di anni saranno decaduti del 50%, e si saranno trasformati in atomi di un altro elemento e con un numero di massa inferiore, ossia in Torio Th 238.

“L’uomo che osa sprecare anche un’ora del suo tempo non ha scoperto il valore della vita.”
Charles Darwin

Pubblicato sul sito “Storie di Scienza” di Giovanni Boaga in occasione del “XX Carnevale della Scienza”: http://giovanniboaga.blogspot.com/

Sito Web del Carnevale della Fisica: http://carnevaledellafisica.ning.com/

Altre informazioni su: http://carnevaledellafisica.ning.com/profiles/blogs/il-carnevale-della-fisica

Ringrazio di cuore Giovanni Boaga per questa opportunità meravigliosa.

Sabrina

Loading

A Padova il Simposio IAU 281

Poster del Simposio IAU 281. Cliccare per ingrandire. Disponibile sul sito dell’Osservatorio Astronomico di Padova: http://www.pd.astro.it/oapd/IAU281/IAU281.html


Dal 4 all’8 luglio 2011 si svolgerà a Padova, presso il Centro civico d’arte e cultura Altinate-San Gaetano, il Simposio IAU 281 dal titolo: “Binary Paths to Type IA Supernovae Explosions” (ossia il percorso che percorrono le stelle binarie fino alle  esplosioni di Supernova Ia). Il Simposio farà convergere a Padova esperti di binarie vicine, di supernove e sintesi di popolazione.

E’ del novembre 2010 la notizia che Warren Brown e il suo team di ricercatori dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cambridge, Massachussets, USA) avevano trovato le prime stelle iperveloci sfuggite via dalla nostra Galassia. Nel corso di questo studio essi si imbatterono su una dozzina di sistemi binari, la metà dei quali potrebbero esplodere come supernove in un futuro molto vicino da un punto di vista astronomico.

 

 

In questa immagine uno di questi nuovi sistemi binari, denominato con la sigla J0923+3028, nel quale la stella maggiore è di 0,23 masse solari, mentre quella minore, più densa e non visibile direttamente, ha un valore di 0,44 masse solari. I due corpi si trovano ad una distanza reciproca di circa 350.000 km. In basso a sinistra è stata posta la Terra per confronto.

Tutti questi sistemi doppi sono formati da due stelle nane bianche. Un nana bianca è un nucleo caldo estremamente compatto di una stella di massa confrontabile con quella del nostro Sole e di dimensioni simili a quelle della Terra. La stella è arrivata alla fine del suo ciclo evolutivo a causa dell’esaurimento dei combustibili nucleari al suo interno e all’espulsione dei suoi inviluppi esterni durante la fase di “gigante rossa”.

 

Dalla simulazione del video realizzato da G. Galletta (Dipartimento di Astronomia, Università degli Studi di Padova).


Oltre a sistemi di questo tipo durante il Simposio verranno prese in esame anche le supernove. Esistono vari tipi di supernove (Ia, Ib, Ic, II) classificati in base ai loro spettri. I tipi II, Ib e Ic sono riconducibili al collasso del nucleo in stelle massicce, e rappresentano la fase finale dell’evoluzione delle stelle.

Le supernove di tipo Ia invece, sono riconducibili all’esplosione di una stella di massa molto prossima a quella solare in sistemi stellari che potremmo definire “vecchi”. Questi sistemi binari sono costituiti da una gigante rossa e una nana bianca. La perdita di massa della gigante rossa aumenta la massa della nana bianca e la porta sopra il limite di Chandrasekar. Si ha così il collasso del nucleo e quando la temperatura è sufficientemente alta si innesca il bruciamento esplosivo del Carbonio. La stella è completamente distrutta dall’esplosione.
Le supernove di tipo II lasciano come residuo una stella di neutroni o un buco nero (il nucleo di una stella).
Le supernove di tipo I e II  producono un “resto” di supernova (remnant), che viene prodotto dalla nube di gas caldissimo che spazza via il mezzo interstellare e che permane per circa 1000 anni. Per esempio, il resto della supernova di Keplero deriva dall’esplosione di una supernova avvenuto nel 1604. La Nebulosa del Granchio è un resto di supernova esplosa nel 1054 e documentata dagli astronomi cinesi. Fu visibile di giorno per ben 23 giorni.

IAU Symposium 281
Binary Paths to Type Ia Supernovae Explosions
Padova, Italy • July 4 – 8 2011

Scientific Organizing Committee (S O C):
G. C. Anupama (India) & Marina Orio (Italy, USA) co-chairs, Şölen Balman (Turkey), Lars Bildsten (USA), Rosanne Di Stefano (USA), Jeno Sokoloski (USA), Paula Szkody (USA), Domitilla de Martino (Italy), Laura Greggio (Italy), Lilia Ferrario (Australia), Rosario Gonzalez Riestra (Spain), Margarita Hernanz (Spain), Pilar Ruiz Lapuente (Spain), Mariko Kato (Japan), Rubina Kotak (UK), Joanna Mikolajewska (Poland), Dina Prialnik (Israel).

Local Organising Committee (L O C):
Marina Orio (INAF Padova & U Wisconsin) & Rosanna Maregini Strunce (Madison) co-chairs, Antonio Bianchini (Università di Padova & Planetario di Padova), Stefano Ciroi (Università di Padova), Valentina Cracco (Università di Padova), Renato Falomo (INAF di Padova & Planetario di Padova), Daniela Faro (INAF di Padova), Carmen Fasolato (Padova), Anita Makuluni (Università di Wisconsin & Astronomical Journal), Elvira De Poli (Planetario di Padova), Valeria Zanini (INAF di Padova).

Sito Web: http://www.oapd.inaf.it/oapd/IAU281/IAU281.html
Email: iau.281@oapd.inaf.it
Sito Web del Centro Culturale Altinate/San Gaetano, Padova: http://www.padovanet.it/dettaglio.jsp?id=12026 – Via Altinate, 71, Padova.
Per informazioni contattate il numero 049 82 04 715, il lunedì e mercoledì dalle 9:00 alle 12:00; e-mail: centroculturalealtinate@comune.padova.it

Ringrazio Maria Orio per l’invito alla conferenza che mi onora molto. Nei prossimi giorni foto e aggiornamenti del Simposio.

Sabrina

Loading

Cos’è dunque il tempo

Sunrise Solstice at Stonehenge Credit & Copyright: Max Alexander, STFC, SPL.

In collaborazione con Umberto Genovese
Per la XX Edizione de Il Carnevale della Fisica 2011

Il Tempo è l’amico che ci accompagna per tutta la
nostra effimera Vita
che ci rammenta di vivere la bellezza di ogni istante
perché questo non ritornerà mai più …
Umby

“Cos’è dunque il Tempo?
Se nessuno me lo chiede, lo so.
Se voglio spiegarlo a uno che me lo domanda, non lo so più”.
Sant’Agostino, “Le confessioni”

 

Il concetto di Tempo è così integrato nel nostro sentire comune, nella nostra esperienza quotidiana che non ci rendiamo neppure conto della sua importanza.
Tra tutte le unità usate nella pratica comune per esprimere il trascorrere del tempo, “un giorno” è sicuramente quella fondamentale e senza dubbio più antica.
Per contare intervalli più lunghi di tempo fu naturale ricorrere a “una Luna”, cioè un mese.
Nel corso dei secoli furono inventati gli orologi per poter suddividere i giorni in unità più piccole e si fece ricorso al calendario per registrare il passaggio dai giorni agli anni.
Quando, circa diecimila anni fa, le primitive tribù nomadi si stabilirono in villaggi stanziali e cominciarono a dipendere interamente dall’agricoltura per il cibo, diventò fondamentale avere un calendario per pianificare il momento dell’aratura, della semina e della raccolta.
In quell’epoca storica la maggior parte dell’umanità viveva di agricoltura, di conseguenza si è sempre sentita la necessità di elaborare un calendario.
Infatti, i semi, se fossero stati piantati troppo presto, avrebbero potuto marcire. oppure i giovani germogli avrebbero potuto morire per il gelo. Se, al contrario, si fosse seminato troppo tardi, i raccolti non avrebbero potuto maturare prima dell’arrivo dell’inverno.
Perciò, la conoscenza del momento migliore per la semina e il raccolto era legata alla sopravvivenza stessa.
Coloro che si occupavano di tenere il computo del tempo e di divinare il corso futuro degli eventi, studiando attentamente le relazioni tra le attività umane e le stagioni, diventarono ben presto una casta molto potente all’interno delle neonate civiltà, ed arricchirono con linguaggi esoterici e misteriosi la loro opera.
Essi indicavano i momenti più propizi per le varie necessità umane durante l’anno creando ricorrenze periodiche che assunsero ben presto il carattere religioso. Nacquero così le prime forme di religione: interessandosi al moto del Sole, delle stelle e dei pianeti, i primi astronomi furono i sacerdoti stessi.

La costruzione di molti dei grandi edifici dell’antichità rispecchiava un preciso orientamento astronomico: le grandi piramidi egiziane e le tombe dei faraoni hanno i lati orientati esattamente lungo le direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest.
Sembra che anche le cerchia di pietre gigantesche a Stonehenge, in Inghilterra, siano state portate in quella località nel 200 a.C. per permettere accurate osservazioni astronomiche delle posizione del Sole, della Luna e dei pianeti.

Fin dal 1000 a.C. e forse anche in precedenza, i Babilonesi [1] e gli Egizi fecero molti progressi nella misura del tempo. Anche oggi si continuano a scoprire documenti che riportano le loro osservazioni.
Così, per migliaia di anni, i moti dei corpi celesti furono osservati e registrati con molta cura. In nessun altro campo la scienza antica ha raccolto una così grande quantità di dati come per l’astronomia.

Solo agli inizi del XX secolo con la rivoluzione relativistica nella scienza abbiamo capito che il tempo è parte integrante del tessuto spaziale grazie ai lavori di Einstein [2] di Lorentz [3] e di Minkowsky [4].
Per Newton, infatti, spazio e tempo erano due assoluti rispetto ai quali si potevano definire i corpi in movimento, ma questa assunzione non poteva più essere valida nel quadro della Relatività Speciale.
Dopo l’articolo di Einstein del 1905, il matematico Hermann Minkowsky, che fu uno dei professori di Einstein, avanzò nel 1908 l’ipotesi che spazio e tempo non potessero più essere considerati separatamente ma che i loro concetti dovessero essere sostituiti da un continuo a quattro dimensioni chiamato “spazio-tempo”.
Non esiste quindi un tempo assoluto e universale, ma esistono solo i vari “tempi propri” dei vari corpi dell’Universo. Questi tempi concordano solo quando i due corpi sono a riposo l’uno relativamente all’altro e, in tal caso, il tempo trascorre per entrambi con lo stesso ritmo.
Il tempo inteso come esperienza implica sempre tre punti cardine: un prima e un presente e un futuro: a differenza delle altre tre dimensioni spaziali  (lunghezza, larghezza, altezza) l’unico percorso possibile  è segnato da un prima e un dopo non modificabile chiamato “Freccia del Tempo”.
Nell’Universo infatti, i fenomeni sembrano accadere in un ordine ben definito che separa nettamente il passato dal futuro, secondo un rapporto di causa ed effetto, che non può essere invertito. Dal passato non modificabile, si passa, attraverso il presente, al futuro modificabile. Esiste realmente un orientamento del tempo, o come disse Eddington, una “freccia del tempo”?

 

Il concetto di spazio tempo nella metrica di Minkowski.

Anche se le equazioni della Relatività Ristretta non impediscono un corso temporale inverso, l’esperienza comune c’insegna che è altamente improbabile che, dopo che abbiamo fatto cadere la nostra cara e preziosa tazza della nonna piena di latte, possiamo farla tornare alle condizioni iniziali di prima dell’urto.

Allo stesso modo è praticamente impossibile che dai nostri fornelli il calore di una pentola si riversi nel fornello e questo ricarichi di butano la nostra bombola del gas.

Quando noi pensiamo allo scorrere del tempo, la prima immagine mentale che ci facciamo è quella delle lancette del nostro orologio, magari con il caratteristico ticchettio.

 

Disponibile su: http://www.conversationagent.com/2010/06/ten-books-that-stand-the-test-of-time.html

Molti studiosi moderni hanno individuato la direzione verso cui scorre il tempo. Per il fatto che noi ricordiamo il passato e non il futuro grazie alla memoria, è possibile definire una “Freccia del Tempo Psicologico”.
Questo cosa significa? Ritorniamo alla nostra tazza di latte che improvvisamente cade per terra e va in mille pezzi. Se questa caduta non è ancora avvenuta, noi non ne serbiamo memoria. Altrimenti staremmo ricordando il futuro!
La tazza sul tavolo rappresenta uno stato altamente ordinato, mentre i frammenti della nostra tazza sparsi per terra rappresentano uno stato disordinato con alto contenuto entropico.

Questa si chiama “Freccia Entropica” e si muove unicamente in un’unica direzione: un sistema passa sempre da uno stato ordinato ad uno disordinato aumentando la sua entropia in modo spontaneo [5].

La Freccia del Tempo termodinamico punta nella stessa direzione della Freccia Psicologica.
Dato che l’entropia è in continuo aumento, l’Universo andrà incontro a una situazione di stati sempre più disordinati. Potremmo tentare di riordinare la nostra camera, il nostro ufficio, la nostra scrivania, ma il disordine avrà la meglio sui nostri sforzi. L’entropia non diminuirà.
E questo articolo, inteso come una successione ordinata di parole, se fossimo in grado di ricordarle tutte, sarebbe una sequenza ben ordinata di informazioni, ossia uno stato di ordine e apparentemente una diminuzione di entropia. Ma l’energia persa sottoforma di calore durante la lettura e la memorizzazione di questo pezzo, ha portato ad aumentare l’entropia dell’Universo, cosa che è avvenuta anche dopo il tentativo di recuperare tutti i frammenti della nostra scodella di latte.

Noi diamo, quindi, per scontate certe esperienze fisiche che mostrano la direzione della Freccia del Tempo, che coincide esattamente con la Freccia Entropica.
Eppure, nonostante il nostro notevole progresso scientifico, ci chiediamo ancora una volta: “Il tempo è quello che si identifica nella meccanica relativistica o quello della meccanica termodinamica”?
La domanda: “Cos’è dunque il tempo” è forse la più antica delle domande, talmente antica che probabilmente è quella che ha dato origine all’epopea umana e forse ancora più importante della scoperta  del fuoco.

Tra le innumerevoli forme di vita che hanno calpestato questo mondo, solo una si è distinta evolvendosi in una civiltà tecnologica.
Le formiche o le api, ad esempio, pur avendo sviluppato un tipo di società altamente gerarchizzata ed efficiente, non si possono definire intellettualmente avanzati. Alcuni primati usano strumenti rudimentali nella loro quotidianeità, mentre altri animali hanno imparato approcci diversi per mangiare imparando dall’ambiente circostante, ma nessuno di questi sembra destinato a una evoluzione intellettuale come l’uomo.
Quest’ultimo, invece, ha iniziato a usare strumenti per vivere, per necessità: dal cibarsi di carogne di animale abbandonate da altri predatori l’uomo è diventato egli stesso cacciatore, da raccoglitore di frutti selvatici è diventato coltivatore. Tutto questo è stato possibile grazie alla capacità di osservazione dell’ambiente circostante.
Osservare il ciclo mestruale femminile o la gravidanza e notare la coincidenza di questi fenomeni con le fasi lunari, le messi con le stagioni, le piene periodiche dei fiumi col sorgere di alcune stelle particolari, ecc. ha spinto l’uomo verso quello che è oggi.
Con la scoperta della ciclicità dei maggiori fenomeni naturali, la linearità di particolari eventi, come ad esempio che l’ardere di un legno produce poi cenere e carbone ma mai il contrario, lo scorrere dell’acqua in un fiume, o l’alternarsi delle stagioni o delle fasi lunari spinse l’uomo a interessarsi al tempo.
Possedere la chiave del tempo e il poter anticipare gli eventi spesso diventava una questione di sopravvivenza.
Per questo nacque l’astrologia, che allora era considerata scienza, diversamente dall’astrologia dei ciarlatani di oggi.
E in questo modo, naquero le religioni e la scrittura [6]; furono eretti  i maestosi monumenti megalitici culminati poi nei particolari allineamenti dei monumenti egizi proprio per capire e conoscere il Tempo, sperando di riuscire a dominarlo.
Anche allora il Tempo finì per avere una sua dualità, proprio come oggi.
Prima nacque il concetto di Tempo Circolare [7], dominato dal ripetersi degli eventi su scale temporali ampie, come i cicli lunari, le stagioni o altri fenomeni ben visibili come le eclissi [8] e i loro multipli.
Solo successivamente vide la luce l’idea di un Tempo Lineare caratterizzato dai concetti di un “prima” antecedente e di un “dopo” susseguente, di un “principio” e una “fine”, che è alla base delle attuali religioni occidentali.
Presumibilmente questo salto cognitivo avvenne in Africa circa 6000 anni fa durante l’Olocene, nel momento in cui il Sahara divenne il deserto che conosciamo oggi e le periodiche migrazioni portarono alcune popolazioni verso regioni più fertili come il Basso Egitto e la Mesopotamia dove si svilupparono le civiltà egizie e sumere.

A questo punto è evidente la similitudine tra il Tempo Lineare, e le frecce del Tempo e dell’Entropia moderne: un prima e un dopo, non interscambiabili tra loro e non ripetibili come nel concetto circolare.

Per questo crediamo che l’idea di Tempo possa aver stimolato la capacità di pensiero umano come nessun altro, spingendo verso l’invenzione della scrittura e delle religioni, fino alla nascita dei miti della creazione del mondo.

Quindi “Cos’è dunque il Tempo” non è solo la domanda di Sant’Agostino, ma il motore dell’umanità.

[1] La suddivisione delle ore in sessanta minuti di sessanta secondi che usiamo ancora oggi lo dobbiamo proprio ai babilonesi di 3000 anni fa
[2] Relatività Ristretta
[3] Covarianza di Lorentz
[4] Spaziotempo di Minkowsky
[5] È inutile che metta in ordine il mio studio: il grado di disordine in esso tenderà sempre a crescere nonostante gli sforzi di mia moglie di convincermi del contrario (Umby)
[6] L’Osso di Ishango forse era un calendario lunare, ma certamente è una delle forme più arcaiche di scrittura che ci sia mai arrivato.
[7] Il calendario Maya tanto attuale oggi per le sue -presunte – profezie, oppure l’idea mistica di ere più o meno favorevoli – la mitica Età dell’Oro appartengono a questa forma di pensiero.
[8] Un esempio è il Ciclo di Saros.

Umberto e Sabrina

Loading

Il mare salato di Encelado

C’è acqua liquida salata sotto la crosta ghiacciata di Encelado, piccola luna di Saturno. La  nuova, decisa conferma giunge dalle ultime analisi dei getti di gas emessi dalla sua superficie. I risultati confermano che all’origine dei getti deve esserci una vasta sorgente di acqua salata allo stato liquido e non semplimente del ghiaccio d’acqua in evaporazione.

I getti sono in pratica enormi spruzzi, costituiti per lo più da vapor acqueo e particelle di ghiaccio: vengono fuori da fratture sulla superficie ghiacciata di Encelado prodotte dalle potenti azioni mareali esercitate dalla forza di attrazione gravitazionale di Saturno. La loro analisi è stata possibile grazie alla sonda Cassini e al suo strumento di bordo Cosmic Dust Analyser (CDA). In precedenza la Cassini aveva stabilito che le particelle espulse nello spazio dai getti di Encelado andavano ad alimentare uno degli anelli di Saturno. Successivamente la Cassini è passata più volte attraverso il materiale espulso da questi getti,  sino ad avvicinarsi ad appena 21 chilometri da Encelado.

Il "mare nascosto" di Encelado tradito dai getti di gas...

I nuovi risultati hanno stabilito che nei getti è presente un’alta abbondanza di sodio e potassio, situazione che coincide con quanto previsto nel caso che alla loro origine vi sia un oceano di acqua salata nascosto al di sotto della superficie ghiacciata. Scartata invece la possibilità che i getti siano solo il risultato dell’evaporazione del ghiaccio d’acqua.

La presenza di un oceano liquido sotto la crosta ghiacciata è analoga a quella su Europa, una delle principali lune di Giove, e potrebbe rendere Encelado un ulteriore satellite del Sistema solare dove andare a cercare la presenza di forme di vita elementari.

La missione Cassini è una collaborazione tra la NASA, l’ ESA e l’ ASI con la partecipazione di numerosi ricercatori italiani anche dell’ INAF che ha contribuito con lo spettrometro a immagine nel visibile e vicino infrarosso VIMS-V (INAF-IFSI Roma), l’esperimento RADAR e lo strumentoHASI su Huygens, dedicato allo studio dell’atmosfera di Titano.

Articolo originale di Media INAF

Loading

Sveglie o… addormentate?

Hanno scrutato nelle profondità dell’universo, trovando che le galassie appartengono a due soli tipi: quelle “sveglie” e quelle “dormienti”. In altre parole, galassie che formano nuove stelle in maniera molto attiva, o galassie che non ne formano più alcuna.

Gli scienziati sanno già da diversi anni che le galassie nell’universo locale, sembrano appartenere ad uno di questi due stati, senza grandi possibilità di soluzioni “intermedie”. Ora però la nostra conoscenza della faccenda si espande, grazie ad una esplorazione dell’universo più profondo, che ci mostra come anche galassie davvero molto giovani – lontane addirittura 12 miliardi di anni luce – obbediscano alla stessa “legge”, si assoggettino alla semplice dicotomia “sveglio/addormentato”.

Questo è importantissimo, perché ci racconta di una regola generale; ci dice che le galassie si sono sempre comportate in questo modo. O meglio, si sono comportate in questo modo almeno per l’85 % della storia del nostro universo.

“Il fatto che vediamo queste galassie così giovani nel lontano universo, che hanno già ‘chiuso’, è rimarchevole”, spiega Kate Whitaker (Yale University), primo autore nell’articolo dedicato alla ricerca, che è comparso proprio ieri l’altro nell’edizione online della prestigiosa rivista Astrophysical Journal.

Più formi stelle, più sei blu, in pratica... (Image: NASA, ESA, S. Beckwith (STScI) and the HUDF team)

Per capire in quale stato fossero le galassie osservate, Whitaker e colleghi hanno fabbricato una serie di nuovi filtri, ognuno sensibile ad un ben specifico intervallo di radiazione luminosa, e li hanno poi applicati al telescopio di 4 metri del Kitt Peak, in Arizona. Dopodiché è iniziato… il vero, paziente lavoro. Sono state spese ben 75 notti, impiegate a scrutare nel lontano universo e nel collezionare fotoni da ben 40.000 galassie, da quelle “dietro l’angolo” a quelle poste a distanze quasi inimmaginabili, la cui luce proviene (per l’effetto della velocità finita della radiazione) direttamente dai primordi dell’universo. Il risultato? La più profonda e completa esplorazione mai effettuata, a queste distanze e a questi intervalli di lunghezza d’onda.

Ma poi, raccolti i dati, come capire se vi è formazione stellare, oppure no? Il team ha decifrato il comportamento “duale” delle galassie attraverso il colore della luce che queste emettono. Di norma, infatti, le galassie interessate da formazione stellare attiva mostrano un colore predominante blu, mentre la luce emessa da galassie dormienti, con prevalenza di stelle vecchie, è più spostata verso la parte rossa dello spettro.

Va detto che questo modo di leggere la formazione stellare, probabilmente inevitabile per galassie così lontane, introduce un certo grado di semplificazione; si dà il caso infatti di galassie anche molto vecchie con evidenze di radiazione ultravioletta anche rilevante. E’ il caso ad esempio delleccesso ultravioletto nelle galassie ellittiche, che inizialmente si riteneva fosse dovuto a stelle giovani (inusuali in tali ambienti), mentre poi si è potuto mostrare come anche stelle vecchie, in determinate fasi, siano ottimi produttori di luce blu/ultravioletta.

Tenuto conto delle dovute cautele, dunque, i ricercatori hanno scoperto che le galassie in fasi “intermedie” sono davvero molto poche, e che vi sono molte più galassie “sveglie” di quante ve ne siano “dormienti”. La scoperta mostra di fatto come la fase di passaggio da uno stato ad un altro debba essere rapida, si che nemmeno una ricerca così accurata ne riesce a “cogliere” un buon numero.

Se poi le galassie che dormono, rimangano così indefinitamente, è un’altra faccenda, tuttora aperta.In ogni modo, lo studio suggerisce come le galassie “attive” stiano formando stelle ad un tasso circa 50 volte maggiore di quelle che classifichiamo come “addormentate”.

Siccome, si sa, l’appetito vien mangiando (e questo è vero soprattutto per la ricerca scientifica!), i ricercatori, lungi dal ritenere l’indagine conclusa, sono interessati a capire, adesso, se le galassie possano passare varie volte attraverso i due stati, e se si possa riuscire ad osservarne direttamente qualcuna in stato di “addormentamento”…

Yale University Press Release

Loading

Marie Curie in versione fumetto per l’Anno Internazionale della Chimica

La copertina del nuovo fumetto di Fiami, Le Vite di Marie Curie. Spero che ci sia la possibilità di pubblicarlo in Italia. Cortesia Fiami.


Dopo due anni di lavoro, ricerche in varie biblioteche, contatti con docenti universitari e con insegnanti di varie scuole, Fiami realizza una nuova avventura nella storia della chimica: “Les Vies de Marie Curie-The Lives of Marie Curie“.

Fiami è diventato famoso in tutto il mondo per la pubblicazione di “Le vite di Einstein” (2005) e “Le vite di Galileo” (2009); la versione italiana è stata pubblicata dalla Casa Editrice CLEUP di Padova, http://www.cleup.it al costo di 10 euro. Le copie sono ancora disponibili.

Chi è stata Marie Curie? Che cos’è la chimica?
E’ familiare il nome di Marie Curie. Ma che cosa conosciamo di lei? Questo nuovo fumetto educativo di Fiami di quaranta pagine a colori vuole mostrare alcuni aspetti della grande scienziata del secolo scorso. Il fumetto è diviso in sei capitoli principali dove Marie Curie assume ruoli differenti nelle varie epoche storiche.

 

 

Il primo capitolo siamo in compagnia del grande filosofo Aristotele (330 a.C.). La scena si svolge ad Atene, dove Marie è una giovanissima schiava che legge le teorie aristoteliche sulla natura del mondo e sulla natura delle donne.

 

 

Nel secondo capitolo ci spostiamo a Basel nel 1527. Qui, il fisico e alchimista Paracelse guarisce Marie dalla malinconia e le mostra i secreti della materia.

 

Si passa poi nel 1789 dove, in piena Rivoluzione Francese, Marie è la governante del chimico francese Lavoisier.

 

Nel 1869 nel cuore della Russia, Marie è studentessa di Mendeleev e sogna di fuggire a Parigi.

 


Nel penultimo capitolo Marie Curie è davvero se stessa, vedova di Pierre Curie e madre di due figlie ancora giovanissime. Ha da poco conseguito il sue secondo Premio Nobel per aver isolato chimicamente un nuovo elemento, il radio.

 

 

Infine, nel sesto capitolo, la scena si svolge nel 2011, in occasione dell’Anno Internazionale della Chimica, dove Marie Curie viene celebrata a scuola. Marie Curie è qui con noi, lo è sempre stata. Lo è nei nostri cuori e da oggi anche in questo nuovo e meraviglioso fumetto.

Fiami ci guida indietro nel tempo a scoprire come la chimica abbia rivoluzionato la vita delle persone, a ripercorrere alcune tappe fondamentali di questo importante cammino con un pizzico di allegria e di semplicità per celebrare il 2011 come Anno Internazionale della Chimica.

Sito web di Fiami: http://www.fiami.it
Le immagini sono tutte tratte dal sito web di Fiami: http://www.fiami.ch/MC/MC_E/MC_E_home.html;
Per contattare Fiami: info@fiami.ch (vi risponderà in francese, o in inglese o in italiano)
Sito web della Casa Editrice CLEUP di Padova per ordinare “Le Vite di Galileo“: http://www.cleup.it

 

 

The lives of MarieCurie – A woman in the history of chemistry


Who was Marie Curie? What is chemistry ?
Everybody is familiar with the name of Marie Curie. But what do we know about her? Here is Fiami’s next educational comic book with 40 pages in color! Marie Curie plays different roles through the ages of great discoveries:

Marie Curie and Aristotle (330 BC)
In Athens, she is a young slave who listens to Aristotle’s theories about the nature of the world and the nature of women.

Marie Curie and Paracelsus (1527)
In Basel, Paracelsus, the alchemist-physician, heals her from her melancholy and shows her the secrets of matter.

Marie Curie and Lavoisier (1789)
At the heart of the French Revolution, she is the Lavoisiers’ housekeeper.

Marie Curie and Mendeleev (1869)
In Russia, she is Mendeleev’s student and dreams about going to Paris.

Marie Curie 1911
In 1911, she’s a widow and mother of 2 daughters and is awarded her second Nobel prize for having chemically isolated a new element: radium.

Marie Curie 2011
Marie Curie is back ! Come and meet her!


Sabrina

Loading

Cefalù Meeting, appunti e impressioni

Una settimana a Cefalù (in Sicilia) per il meeting “Advanced Computational in Astrophysics“. Una settimana in cui sono successe tante piccole cose belle, che mi hanno fatto capire di aver fatto bene a vincere le mie resistenze, ad andare. Perché poi uno si fa prendere dall’inerzia, dalla paure di non essere abbastanza bravo, abbastanza  capace. Così non si mette in gioco. Sbagliando.

Meno male che sono andato. Il talk sulla web application VOGCLUSTERS è andato bene (qui ci sono le slides), ma la vera sorpresa è stata l’amicizia confermata con colleghi, con persone, che conoscevo più o meno bene. In un caso è stata una conoscenza nuova e un approfondimento di stima reciproca, gratificante. Il lavoro è stato non troppo faticoso ma continuato; e in questo contesto aver percepito un senso di fiducia verso di me, da parte della gente intorno, è stato veramente un balsamo, contro le insicurezze con le quali devo convivere.

Cefalù...
La piazza del Duomo, con la locandina del congresso in primo piano…


E dai momenti di sconforto nel giorno dell’arrivo (a stare senza la famiglia per una settimana, “affrontare” il problema di parlare in pubblico…), fino alla crescita di confidenza, pian piano, per le cose che succedevano – pur attraverso tutti i miei limiti – è stata una bella progressione. Da guardare, perché in fondo non dobbiamo fare nulla, se non guardare cosa fa Lui, nella nostra vita. Tutta la ribellione, o l’ansia di fare, alla fine deve approdare a questa sponda (e per certe cose, ragionavo, anche il senso di impotenza a migliorarsi in certi difetti, anche quello può servire, a capire che da soli non possiamo far nulla). La pretesa che diventa domanda, come leggevo proprio in questi giorni.

E’ un lavoro da riprendere sempre, ogni mattina. Niente di acquisito, niente da buttar dentro il perimetro delle cose “possedute”, per passare oltre. Qui non si tratta di passare oltre, si tratta di mettersi nell’atteggiamento giusto per camminare davvero, magari zoppicando, ma camminare davvero. Un lavoro da riprendere ad ogni istante: il supremo lavoro della nostra libertà. Cercando di leggere anche i segni dentro la nostra inquietudine, questa “inquietudine che nessuna cosa concreta riesce a colmare” (per usare le parole, così piene di realismo, che il papa ha pronunciato appena ieri)

Cefalù mare...
Le case che si affacciano sul mare…
Cefalù è splendida, una piccola gemma. E’ come un microcosmo in cui si trova tutto, il Duomo, il mare, la spiaggia, la stradina deserta e Corso Ruggero affollato di negozietti colorati, il lungomare con i ristoranti, la gente che si muove, chi vestito di tutto punto chi con costume, parèo e ciabatte da spiaggia.

Alcune cose succedono quando devono succedere (o forse tutte, ma di alcune si ha percezione più chiara), la settimana a Cefalù è probabilmente una di queste.

Loading

Fabrizio Tamburini presenta i “fotoni ubriachi” a Venezia

Partendo dai lavori del fisico italiano Ettore Majorana del 1932, “Teoria relativistica di particelle con momento intrinseco arbitrario” e da quello del 1937, “Teoria simmetrica dell’ elettrone e del positrone” e nelle note non pubblicate sulla quantizzazione del campo elettromagnetico è stato possibile per Fabrizio Tamburini del Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova e per il suo gruppo di collaboratori scoprire nuove proprietà delle luce che avranno molte ed importanti applicazioni pratiche.

Sono delle proprietà particolari del campo elettromagnetico, e quindi della luce – racconta Fabrizio Tamburini  al TGR Leonardo –  che permettono alla luce non solo di oscillare (di avere cioè, una sua lunghezza d’onda) ma, al contempo, di attorcigliarsi su se stessa come un fusillo”. Si parla di vorticità ottiche. “Ogni frequenza – continua ancora Tamburini –  può avere associate un numero enorme di vorticità ottiche. Noi scherzosamente li chiamiamo “fotoni ubriachi” perchè si attorcigliano su se stessi … Sembra si siano beccati una balla di quelle micidiali…”.

Da questo studio quindi, emerge che  un singolo fotone può avere vorticità, una proprietà della luce per far sì di codificare molta informazione anche in una singola particella di luce.

Questo permetterà di vedere molto più in piccolo e molto più in grande, ossia di aumentare la risoluzione dei microscopi ottici e dei telescopi. Molte saranno le applicazioni astronomiche, come per esempio la possibilità di fotografare pianeti di tipo terrestre attorno ad altre stelle e misurare la rotazione dei buchi neri.

Oltre all’astronomia, si registreranno importanti ricadute in ambito medico, biologico e perfino nella nostra vita quotidiana, in particolare sul mondo delle telecomunicazioni: i cellulari potranno avere le frequenze fino a cento volte in più, lasciando la dual band al periodo preistorico del telefonino e del digitale terrestre.

Le ricerche sono state presentate al Celsius Symposium di Uppsala del 2010, per la Celsius-Linnaeus lecture, che quest’anno era dedicata alla ricerca in fisica quantistica e alla vita artificiale. Qui vengono convocati, in presenza dei membri della commissione Nobel, i più promettenti ricercatori. Quest’anno i Celsius lecturer principali erano Anton Zeilinger, il realizzatore del teletrasporto quantistico; Sir Michael Berry, uno dei massimi esponenti della fisica quantistica, e Fabrizio Tamburini, del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova. Il Linnaeus Lecturer è stato Craig Venter, che recentemente ha fatto parlare di sé per le sue ricerche innovative sulla vita artificiale.

Il gruppo si è formato in seguito ad una collaborazione multidisciplinare fra astronomia, fisica della materia, fisica teorica e nanotecnologie. È composto da Fabrizio Tamburini, Cesare Barbieri, Antonio Bianchini, Filippo Romanato dell’Università degli Studi di Padova che collaborano con Bo Thidé dell’Università di Uppsala (Svezia). Fra i collaboratori italiani ci sono studenti di dottorato Elettra Mari ed Anna Sponselli, studentesse di dottorato e il Post Doc Gabriele Anzolin ora all’ICFO a Barcellona. Altre collaborazioni sono in corso con i maggiori esperti internazionali in questo campo. L’investimento è stato compiuto grazie alla Cassa di Risparmio di Padova e di Rovigo e al grande interesse del Direttore del Dipartimento di Astronomia dell’Università degli  Studi di Padova, Professor Piero Rafanelli.

Questo gruppo di ricercatori è stato il primo a generare dei vortici ottici usando la luce delle stelle con il telescopio di 122 cm dell’Osservatorio Astrofisico di Asiago. Questo primo passo serviva a testare le difficoltà sperimentali per ottenere dei vortici ottici con il massimo contrasto. Lo scopo finale è quello di costruire un coronografo che utilizza il momento angolare orbitale della luce per vedere pianeti extrasolari. La teoria suggerisce che in condizioni ottimali si possono vedere direttamente pianeti di tipo terrestre, “spegnendo” la luce della stella ospite più di un miliardo di volte. È come cercare di vedere la marca di un’auto quando questa è al buio ed ha i fari abbaglianti accesi.

Un risultato di grandissimo prestigio internazionale per i nostri ricercatori, per l’Università italiana  e per il nostro paese che sempre più sperimenta la perdita di ricercatori competenti e qualificati.

 

Venezia. Fonte: http://www.visititaly.it/cosa-vedere/veneto/venezia/basilica-san-marco.aspx

 

24 giugno 2011 ore 21.00 Piazza San Marco

Per la prima volta nella storia dell’uomo, dopo Guglielmo Marconi (1895), onde radio, derivanti dalle nuove applicazioni fisiche scoperte da Fabrizio Tamburini e dal collega svedese Bo Thidè, verranno generate e lanciate dalla torretta della Compagnia della Vela (isola di San Giorgio) verso la loggia di Palazzo Ducale, dove prenderanno forma ottica e sonora.

Tali segnali radio riguardano le proprietà individuate da Tamburini e Thidè in merito al principio fisico del Momento Angolare Orbitale della Luce, capace di innestare in una sola banda un numero altissimo di frequenze, con ciò aumentando le potenzialità delle telecomunicazioni e la capacità di risoluzione di microscopi e telescopi.

Qui di seguito il programma la locandina e il programma:

 


Martedì 21 giugno

ore 11.30 – conferenza stampa a Palazzo Labia (Rai 3)

Venerdì 24 giugno 2011

ore 18.00 – Palazzo Ducale
Conferenza (con piccola dimostrazione sperimentale) a cura del Prof. Fabrizio Tamburini e del Prof. Bo Thidé
ore 19.30 – Palazzo Ducale
Cocktail e visita di Palazzo Ducale a cura dell’associazione Guide Turistiche di Venezia

ore 20.30 – esterno di Palazzo Ducale
Evento spettacolare d’attesa, con arrivo del pubblico e delle associazioni remiere, musica, videoproiezioni sulla facciata di Palazzo Ducale e presentazione (in lingua italiana ed inglese) dei personaggi veneziani divenuti noti a livello nazionale ed internazionale.

ore 21.30 – inizio esperimento
trasmissione radio OAM tra San Marco e San Giorgio
ore 21.45 – chiusura esperimento

ore 22.00 – Palazzo Ducale Cena di gala

PRESENZE

All’Evento verranno invitati:
Autorità civili italiane (Stato, Regione Veneto, Provincia di Venezia, Comune di Venezia)
Autorità militari
Ambasciata svedese in Italia
Personalità del mondo politico, accademico, culturale, artistico e sociale
Rappresentanti di aziende nazionali ed internazionali dedite all’innovazione tecnologica
Particolarmente, saranno presenti i maggiori scienziati del mondo e la figlia di Guglielmo Marconi, Principessa Elettra Marconi
Le lingue ufficiali saranno l’italiano e l’inglese.

Fonte: Università degli Studi di Padova: http://www.unipd.it/uniscienze/articoli/fusilli_luce.html
Articolo in formato pdf per approfondimenti (linkato nella pagina del sito dell’Università di Padova): http://www.unipd.it/uniscienze/articoli/doc/Vorticita_ottiche_astronomia.pdf .
Video del TGR Leonardo disponibile su YouTube alla pagina: http://www.youtube.com/watch?v=7Wtg-vsCbdE&feature=player_embedded .

Sabrina

Loading

Page 1 of 3

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén