Fonte: http://www.free-photos.biz/photographs/nature/earth_from_space/181144_earth_s_northern_hemisphere_with_sea_ice_and_clouds.php

 

 

Alcuni ricercatori inglesi hanno dimostrato per la prima volta un chiaro legame tra il ciclo di attività solare di 11 anni e il clima invernale nell’emisfero nord.

In particolare si è trovato che un basso ciclo di attività solare può contribuire ad inverni più freddi nel Regno Unito (dove la ricerca è stata compiuta), nel Nord Europa e in alcune parti dell’America. Un’intensa attività solare ha effetti opposti, comportando un aumento del caldo.

Lo studio aiuta a spiegare perchè il Regno Unito ha avuto parecchi inverni freddi negli ultimi anni. Il Sole, infatti, è appena uscito da un minimo di attività solare.

“La nostra ricerca stabilisce un legame tra il ciclo di attività solare e il clima invernale non come fosse una semplice coincidenza” ha affermato il Dottor Adam Scaife del Met Office del Regno Unito, uno degli autori della ricerca.

I risultati, pubblicati su Nature Geoscience, fanno pure aumentare la possibilità allettante che la regolarità del ciclo solare possa aiutare i meteorologi nel prevedere l’arrivo dei rigidi inverni nell’emisfero settentrionale del pianeta.

“Siamo stati in grado di riprodurre un modello consistente di clima, di confermare come questo modello funzioni e di quantificarlo utilizzando un modello con il computer. Il ciclo di attività solare non è il solo fattore a guidare il clima invernale sulle nostre regioni e sull’emisfero Nord  ma è un fattore significativo e capirlo è importante per le previsioni stagionali decennali” ha affermato Scaife.

Finora i ricercatori sono riusciti a vedere solo un debole legame tra attività solare e clima invernale. Quando il Sole è meno attivo, è più facile rilevare dei deboli venti occidentali durante l’inverno nell’emisfero settentrionale. Questo modello suggerisce che i venti orientali potrebbero portare freddo dal continente verso il Regno Unito.

Ma i ricercatori hanno cercato di incorporare anche le radiazioni ultraviolette (UV) provenienti dal Sole nei modelli climatici.

Le recenti misurazioni ottenute dal satellite Solar Radiation and Climate Experiment (SORCE) della NASA hanno rivelato che le differenze di luce ultravioletta che raggiunge la Terra durante il ciclo di undici anni solari sono più grandi di quanto si pensasse. Il satellite, lanciato nel 2003, è il primo a misurare la radiazione solare in tutto lo spettro ultravioletto.

“Lo srumento a bordo di SORCE è in grado di dividere la luce ultravioletta in piccoli intervalli di lunghezza d’onda, offrendo una buona risoluzione spettrale. Prima di questo strumento, i modelli climatici utilizzavano bande spettrali molto ampie, per cui non si poteva rivelare il segnale proveniente dal Sole” ha affermato Joanna Haigh, Professoressa di Fisica presso l’Imperial College di Londra.

Utilizzando queste nuove informazioni in un modello climatico del Met Office, Scaife, Haigh e altri ricercatori del Met Office e dell’Università di Oxford, sono riusciti a dimostrare che è possibile riprodurre gli effetti della variabilità solare che appare nei documenti sul clima.

Sembra che quando l’attivtà ultravioletta solare è bassa, dell’aria insolitamente fredda si formi sopra i tropici nella stratosfera dell’atmosfera terrestre, a circa 50 chilometri di altezza. Questa viene bilanciata da un flusso d’aria che proviene da oriente sopra le medie latitudini  e che poi si dirige verso la superficie terrestre, portando i venti orientali e inverni freddi nel Nord Europa.

Ma quando l’attività solare è maggiore, intorno al picco di 11 anni di attività solare, accade il contrario: forti venti occidentali portano aria calda e inverni molto miti in Europa.

“Quello che stiamo osservando è che i livelli ultravioletti hanno effetti sulla distribuzione di masse d’aria intorno al bacino Atlantico. Questo causa una ridistribuzione del calore. Così, mentre l’Europa e gli Stati Uniti possono stare più al fresco, il Canada e il Mediterraneo stanno più al caldo e c’è poco impatto diretto sulle temperature globali” ha spiegato Sarah Ineson del Met Office, autrice del rapporto.

“Anche con i modelli atmosferici più sofisticati, è davvro molto difficile prevedere le condizioni meteorologiche su scale temporali stagionali. Questo studio, insieme alla nostra ricerca attraverso il Corsorzio NERC Solar Variability and Climate (SOLCLI), sta aggiungendo molti dettagli alla nostra attuale comprensione del clima” ha affermato Haigh.

Haigh ci tiene a sottolineare che questi risultati si basano su un solo satellite. “Se ci fosse qualche problema con lo strumento che abbiamo utilizzato per ottenere questi nuovi dati, allora il lavoro non andrebbe bene”.

Haigh è tuttavia fiduciosa del funzionamento del loro modello. “Mentre i dati statistici hanno sottolineato i legami tra raggi ultravioletti provenienti dal Sole e il clima invernale, questo nuovo articolo spiega come questi legami siano avvenuti” ha concluso.

E’ disponibile l’articolo su Nature Geoscience: “Solar Forcing of Winter Climate Variability in the Northen Hemisphere” di Sarah Ineson, Adam A. Scaife, Jeff R. Knight, James C. Manners, Nick J. Dunstone, Lesley J. Gray e Joanna D. Haigh: http://www.nature.com/ngeo/journal/vaop/ncurrent/full/ngeo1282.html

Sabrina

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