Così rosse da diventare invisibili. Perlomeno, agli occhi di Hubble. C’è stato bisogno della nota sensibilità infrarossa del telescopio spaziale Spitzer per poterle individuare. Stiamo parlando di alcune galassie rossissime sperse nei più remoti angoli dell’universo. Gli astronomi stanno già studiando e catalogando queste galassie di “nuova specie”. Senza ancora poter dire con sicurezza come mai siano così rosse.

Spitzer è riuscito là dove anche il Telescopio Spaziale Hubble avrebbe certamente fallito. Ce l’ha fatta grazie alla sua estrema sensibilità alle bande infrarosse dello spettro. Una caratteristica vincente, visto che il gruppetto di galassie appena scoperte presentano una luminosità in infrarosso che è circa sessanta volte maggiore di quella che si ha nel colore più rosso che Hubble possa ancora rilevare.

Una rielaborazione un pò di fantasia delle quattro galassie "super rosse" scoperte da Spitzer (Crediti: D.A. Aguillar, CfA)

Come mai tanto rossore? Le galassie, come sappiamo, possono esser rosse per una serie di ragioni. Intanto, possono essere piene di gas e polvere. La presenza di polvere cosmica “arrossa” la radiazione delle stelle, spostando lo spettro di emissione dal visibile alle bande meno energetiche (rosso, infrarosso, per l’appunto). Altra spiegazione: potrebbero essere presenti molte stelle vecchie. Il cui colore predominante è appunto il rosso. Infine, potrebbero essere galassie estremamente lontane, la cui luce viene “stirata” dall’espansione stessa dell’universo, verso lunghezze d’onda più ampie e dunque – ancora – verso le regioni spettrali del rosso e dell’infrarosso.

Gli scienziati ritengono che tutti e tre i motivi potrebbero essere validi, per spiegare la luce proveniente da queste galassie. Le galassie individuate da Spitzer sono quattro, raggruppate insieme: tutto fa pensare che siano fisicamente associate. A motivo della loro grande distanza, le possiamo vedere come fossero ad un solo miliardo di anni dal Big Bang — proprio l’era in cui le prime galassie si venivano formando. La luce che ci arriva oggi da loro infatti è partita proprio a quell’epoca.

Gli studi su tale gruppo di galassie sono appena iniziati. Ci vuole senz’altro una ulteriore determinazione di redshift, per verificare e confermarne la distanza. Inoltre gli astronomi sono alla ricerca di altre galassie simili, in diversi punti dello spazio.

Per ora comunque c’è margine per considerarle una “nuova specie” di galassie. Secondo le parole di Giovanni Fazio, nel team che ha effettuato l’indagine, potrebbero anche costituire un “anello mancante” nell’evoluzione galattica. Altre informazioni potete trovarle nella press release dell’ Harvard Smithsonian Center for Astrophysics.

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