Blog di Marco Castellani

Giorno: 2 Febbraio 2012

Increspature sugli anelli dei pianeti causate da detriti cometari

Questa rappresentazione artistica mostra la cometa Shoemaker-Levy 9 mentre sta penetrando nell’atmosfera del pianeta Giove nel luglio 1994 dopo essere stata frammentata in vari nuclei a causa delle potenti forze gravitazionali del pianeta. E’ stata rappresentata anche la sua nuvola di polvere mentre crea una scia che andranno ad increspare gli anelli del pianeta. La cometa, ripresa all’epoca dall’Hubble Space Telescope della NASA, apparve come formata da serie di frammenti di color rosso acceso mentre entravano in atmosfera vicino al Polo Sud planetario.

Come fossero degli scienziati forensi, dall’esame delle impronte digitali sulla scena del crimine cosmico, i ricercatori che lavorano con i dati della sonda Cassini, di Galileo e di New Horizons della NASA hanno rilevato delle increspature negli anelli di Saturno e di Giove prodotte dalle conseguenti collisioni con frammenti cometari risalenti a oltre dieci anni fa.

L’ondulazione prodotta, nel caso di Giove, è dovuta alla cometa Shoemaker-Levy 9 la cui nube di detriti è precipitata attraverso il sottile sistema di anelli gioviano durante la corsa kamikaze sul pianeta nel luglio 1994. I ricercatori attribuiscono le increspature sugli anelli di Saturno ad un oggetto simile, probabilmente un’altra nube di detriti di una cometa precipitati attraverso gli anelli interni del pianeta nella seconda metà del 1983. I risultati sono stati raccolti e raccontati in modo dettagliato in un paio di articoli pubblicati sulla rivista Science nel marzo 2011.

“Che meraviglia trovare prove che gli anelli possono venir influenzati da eventi specifici e ben tracciabili che sono capitati negli ultimi trent’anni piuttosto che un centinaio di milioni di anni fa” ha affermato Matthew Hedman, un ricercatore che lavora con il Team delle immagini della sonda Cassini, autore principale dell’articolo e ricercatore associato alla Cornell University, Ithaca, New York. “Il sistema solare è molto più dinamico di quanto avevamo previsto”.

Dal fly-by di Galileo con Giove i ricercatori sapevano dell’esistenza di chiazze sull’anello di Giove fin dalla fine del 1990, ma le immagini di Galileo erano un po’ confuse e gli scienziati non capivano perchè tali fenomeni si fossero verificati. La cosa è rimasta congelata fino a quando Cassini non è entrata in orbita attorno a Saturno nel 2004 e ha iniziato a inviare centinaia di immagini. In un articolo del 2007 di Hedman e dei suoi colleghi furono osservate per la prima volta delle ondulazioni o corrugamenti nell’anello più interno di Saturno, soprannominato anello D.

Un gruppo di ricercatori che includeva Hedman e Mark Showalter, un ricercatore che collabora con il team di Cassini e che lavora al Seti Institute a Mountain View, California, si resero conto che le scanalature nell’anello D sembravano come modulate dal vento nel corso del tempo. Lavorando a ritroso nel tempo, Hedman dimostrò poi che il fenomeno doveva essersi verificato sul finire del 1983 quando qualcosa inclinò l’anello D dal suo asse di circa 100 metri. I ricercatori trovarono che l’influenza sulla gravità di Saturno sulla zona inclinata deformò l’anello in una sorta di spirale contorta.

Queste immagini, ottenute dai dati della sonda Galileo della NASA, mostrano le increspature sottili sull’anello di Giove che i ricercatori sono riusciti a ricavare dall’impatto della Cometa Shoemaker-Levy 9 nel luglio 1994. L’immagine in alto è stata ottenuta da Galileo il 9 novembre 1996 e mostra la punta di un anello di Giove. L’immagine centrale è una versione della stessa immagine che è stata ottenuta ed elaborata dal computer per mostrarne le increspature. La terza immagine in basso mostra un modello al computer ottenuto dai dati a disposizione.  Credit: NASA/JPL-Caltech/SETI.
Fonte: Cassini Solstice Mission: Subtle Ripples in Jupiter’s Ring: http://saturn.jpl.nasa.gov/photos/imagedetails/index.cfm?imageId=4277

I ricercatori del Cassini Imaging ricavarono un ulteriore indizio nell’agosto 2009 quando il Sole illuminava il bordo degli anelli e si trovava allineato con l’equatore di Saturno. Le condizioni di illuminazione uniche nel loro genere evidenziarono delle increspature mai viste prima in un’altra parte del sistema di anelli. Quello che successe nel 1983 non doveva essere un piccolo evento localizzato, ma uno di grandi dimensioni. La collisione infatti inclinò una regione di dimensioni maggiori di 19 000 chilometri, che copriva parte dell’anello D e di quello successivo, più esterno, chiamato anello C. Purtroppo, la sonda non stava sorvolando Saturno all’epoca e il pianeta si trovava dalla parte opposta al Sole, nascosto ai telescopi terrestri o a quelli in orbita, per cui qualunque cosa è avvenuta, è passata inosservata ai ricercatori.

Hedman e Showalter, autore principlae del secondo articolo, ha cominciato a chiedersi se i fenomeni a lungo dimenticati sul sistema di anelli di Giove potessero in qualche modo risolvere l’enigma. Utilizzando le immagini della sonda Galileo ottenute dal 1996 al 2000, Showalter ha confermato un modello simile con forma a spirale in avvolgimento. Essi hanno applicato la stessa matematica applicata a Saturno, ma questa volta tenendo conto dell’influenza gravitazionale del gigante Giove e dell’inclinazione del suo anello. I ricercatori hanno calcolato che la spirale deve essersi formata tra giugno e settembre 1994 proprio quando la cometa Shoemaker-Levy 9 penetrò nell’atmosfera del pianeta nel luglio 1994. La dimensione stimata del nucleo della cometa è pure consistente con la quantità di materiale necessaria a perturbare l’anello di Giove.

Le immagini di Galileo hanno anche rilevato una seconda spirale, che è stata calcolata aver avuto origine nel 1990. Le immagini scattate da New Horizons nel 2007, quando la sonda diretta verso Plutone e i suoi satelliti, ha effettuato un fly by con Giove mostrando due nuovi modelli di onde più recenti, oltre all’eco dell’impatto della Shoemaker-Levy 9 che si stava dissolvendo.

Con un’alternanza di bande chiare e scure che si estendono a grandi distanze attraverso l’anello D e l’anello C di Saturno, gli anelli di Saturno vengono qui mostrati nelle immagini della sonda Cassini della NASA riprese un mese prima dell’equinozio del pianeta nell’agosto 2009.  Fonte NASA Cassini Solstice Mission: http://saturn.jpl.nasa.gov/photos/imagedetails/index.cfm?imageId=3662

“Ora sappiamo che le collisioni negli anelli sono molto comuni, due eventi nell’arco di dieci anni nel caso di Giove e poche volte in un centinaio di anni per Saturno” ha affermato Showalter. I ricercatori sanno che gli anelli registrano questi impatti come solchi in un disco di vinile e possiamo riprodurre la loro storia precedente”.

Le increspature hanno anche fornito ai ricercatori degli indizi sulle dimensioni della nube di detriti cometari che hanno colpito gli anelli. In ciascuno di questi eventi, il nucleo delle comete, prima che si frammentassero, era di pochi chilometri di diametro.

“Andando alla ricerca di queste impronte ancora presenti negli anelli è davvero incredibile e ci aiuta a capire meglio i processi di impatto nel nostro sistema solare” ha affermato Linda Spilker, Cassini Project Scientist, del Jet Propulsion Laboratory della NASA, Pasadena, California.
“La lunga permanenza di Cassini attorno a Saturno ha aiutato a considerare i piccoli e sottili indizi che ci raccontano la storia delle nostre origini”.

Maggiori informazioni si hanno sul sito della NASA: http://www.nasa.gov/cassini e sul sito del JPL: http://saturn.jpl.nasa.gov/ .
Fonte: Cassini Solstice Mission: http://saturn.jpl.nasa.gov/news/newsreleases/newsrelease20110331/

Su Science è disponibile l’articolo The Impact of Comet Shoemaker-Levy 9 Sends Ripples Through the Rings of Jupiter di  Mark R. Showalter, Matthew M. Hedman e Joseph A. Burns, pubblicato il 16 marzo 2011; http://www.sciencemag.org/content/332/6030/711.abstract?sid=a4ae3c9f-e1da-449f-978c-5e452abb0cc3

Sabrina

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Il campo magnetico su Nettuno

L’immagine di Nettuno è disponibile sul sito del Voyager al JPL/NASA: http://voyager.jpl.nasa.gov/science/images/neptune2.jpg

La caratteristica del campo magnetico di Nettuno è importante perchè permette di capire quello che avviene nella parte più interna del pianeta.

Perchè si formi un campo magnetico, si ritiene che a pianeta debba soddisfare ad alcune condizioni:
1. ci deve essere una regione interna al pianeta che è liquida;
2. ci deve essere una regione che conduce elettricità;
3. ci deve essere una fonte di energia che pone la regione in movimento e che la mantenga in movimento.

Il campo magnetico di Nettuno è inclinato di 47 gradi rispetto all’asse di rotazione del pianeta, ed è fuori asse di circa 0.55 raggi, ossia 13 500 chilometri dal centro fisico del pianeta. Questo comporta che il campo magnetico del pianeta sia originato all’interno di un mantello fluido che circola attono ad un nucleo solido.

Le correnti elettriche producono un’azione di dinamo entro il pianeta e devono essere relativamente vicine alla superficie di quanto non lo siano nel caso della Terra, o di Giove o di Saturno.
L’intensità del campo magnetico varia in superficie e dipende di quale emisfero si misura, da un valore massimo di circa 1 Gauss nell’emisfero sud, ad un minimo di 0,1 Gauss nell’emisfero nord. Il campo magnetico all’equatore nel caso della Terra è di 0,32 Gauss in superficie.

A causa della sua insolita orientazione e dell’inclinazione dell’asse di rotazione di questo pianeta, il campo magnetico passa attraverso drammatici cambiamenti man mano che il pianeta ruota sotto l’influenza del vento solare.

Il primo dato relativo al campo magnetico di Nettuno da parte della sonda Voyager è stato il rilevamento di emissioni radio periodiche dal pianeta con una periodicità di 16,11 ore. Queste emissioni radio sono dovute alle particelle cariche intrappolate nel campo magnetico di Nettuno. La periodicità di 16.11 ore è il periodo di rotazione del pianeta, che fu confermato dalle osservazioni dei dettagli visibili sulla superficie del pianeta.

Il campo magnetico ha fornito un altro indizio sulla struttura del pianeta e sul suo comportamento. Gli ssservatori sulla Terra non erano mai stati in grado di determinare la durata del giorno su Nettuno. I moti delle nubi sono un debole indicatore della rotazione della massa del pianeta, poichè essi vengono perturbati dai forti venti e variano notevolmente con la latitudine.

La miglior stima che si è avuta al telescopio è stato il periodo di rotazione di circa 18 ore. Il migliore indicatore del periodo di rotazione interna del pianeta è lo studio delle onde radio periodiche generate dal campo magnetico. Lo strumento radio a bordo della sonda Voyager fu in grado di misurare queste onde radio periodiche e di determinare che velocità di rotazione dell’interno di Nettuno è di 16 ore e 7 minuti.

Il Voyager 2. Fonte NASA/JPL.

Il Voyager ha anche rilevato delle aurore sul pianeta, simile a quelle che si osservano nell’emisfero nord e sud del nostro pianeta. Le aurore sulla Terra si verificano quando particelle energetiche colpiscono l’atmosfera mentre spiraleggiano lungo le linee del campo magnetico. Ma a causa del complesso campo magnetico di Nettuno, le aurore sono processi molto complessi che si verificano su vaste regioni del pianeta, non solo in corrispondenza dei poli magnetici del pianeta.
La potenza delle aurore è debole, si stima circa 50 milioni di Watt, rispetto ai 100 miliardi di Watt che si misurano per quelle terrestri.

Fonte Voyager-JPL/NASA: http://voyager.jpl.nasa.gov/

http://voyager.jpl.nasa.gov/science/neptune_magnetic.html

Sabrina

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