Se non metto scandenze non termino nulla, è l’amara verità. Rimangono i progetti in piedi, a metà, anche per anni.
Ora c’è questo romanzo, Il Ritorno. Va finito. Bisogna mettere la parole fine e lasciare che vada per la sua strada. E’ un romanzo importante, almeno per me. E’ una sfida vinta, è un sogno realizzato. Pur nei suoi limiti, è una cosa che sono riuscito a fare e che non avrei pensato di riuscire a fare.
Il nucleo del romanzo è stato elaborato durante il “Nanowrimo” del 2009: in un prossimo post, vi regalerò qualche dettaglio sulla trama.  Per chi non lo sapesse, il National Novel Writing Month è essenzialmente una sfida. Innanzitutto, con se stessi. Si tratta di abbandonare per un mese tutte le perplessità, mandare in vacanza il proprio censore interno, e scrivere. Scrivere e basta. Contano le parole: un romanzo di almeno 50.000 parole. Questa è l’unica condizione per vincere: 50.000 parole.
Facendolo, ho scoperto che il fatto di puntare esclusivamente alla quantità è assai meno ridicolo di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Vuol dire, sostanzialmente: fai il lavoro. Stacci. Non farti bloccare ma buttati dentro questa cosa.

Per me è stata una sorpresa bellissima esserne uscito vincitore. Mi ha lasciato con un manoscritto da rivedere e per la prima volta nella vita, con un romanzo mio, da poter mostrare al mondo.
In realtà, come ho potuto scoprire, la vera sfida inizia dopo, alla chiusura della competizione. Dopo un mese galvanizzante, in cui hai dovuto combattere contro tutte le resistenze, dove sei riuscito a mettere da parte tutti i velenosi dubbi, ecco che hai srotolato una trama, un percorso.
Ma sei solo all’inizio.

Ci sono tante cose da sistemare, da mettere a posto. Devi lasciar decantare e poi ritornarci dentro. Devi passare dentro le parti che ti sembrano deboli, le parti che ma ho davvero scritto io questa roba? e lavorarci. 
Accettare lo scarto tra cosa vorresti e cosa ottieni. Così la tentazione più facile e pericolosa è lasciare tutto ad uno stadio di quasi pronto, con uno spazio mentale per dire beh ma devo sempre lavorarci… 


La cosa sorprendente, è vedere che lavorandoci sopra, lo scarto tra quello che ottieni e quello che vorresti, può essere ridotta. Ti puoi avvicinare a quello che volevi, senza arrivarci quasi mai (ma quando ci arrivi è bellissimo).

Così ho fatto una revisione, due revisioni.. l’ho stampato con Lulu, l’ho regalato a mia moglie, ho ricominciato a lavorarci. Mi sono accorto che ormai giravo su me stesso, prendendo tempo e scuse per non terminare mai. 
Allora, basta. Un mese fa ho messo una deadline. Una scadenza (in inglese mi suona più perentorio).

Ottimo, direte voi. Ben fatto.

E il guaio è solo che era una deadline di un mese, per cui… è quasi finita. La tentazione di prorogare è tanta, le scuse le ho già pronte (famiglia, incombenze, lavoro, etc… ) ma cercherò di non farlo. 

Ecco qui: ci lavoro fino al 15 luglio, poi mi prendo fino alla fine del mese per sistemarlo in volume e proporlo su un sito di autopubblicazione (a meno che un grosso editore non si faccia sentire con una vantaggiosa proposta…), e ad agosto è lì disponibile per essere acquistato.
Che ne pensate? Soffrite anche voi di tendenza alla procrastinazione sine die? Afflitti da perfezionismo cronico? E in caso, che strategie adottate contro queste cose? Fatemi sapere nei commenti!

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