Ecco una parola decisamente interessante. Sogno è quello che si fa quando si dorme, e in questo senso ha il particolare sapore di una cosa quanto mai fatua, brillante forse ma inconsistente, senza vera sostanza. Oh, ma era soltanto un sogno, viene da dire. Poi si sa bene, nei sogni accadono le cose piu strane possibili, non si può mica pretendere abbiano il minimo aggancio con la realtà.
E questa è una cosa. Poi c’è altro. C’è la cosa davvero interessante. Il sogno come espressione di una chiamata, di una vocazione. Siamo fatti tutti in modo diverso, quello che va bene ad uno non va bene all’altro. Non posso decidere cosa fare della mia vita sulla base di quello che fanno i miei amici, mia moglie. Devo decidere cosa fare sulla base dell’ascolto della mia vocazione. Lo ripeto, perché a me ha preso molto tempo e anche sofferenza il capirlo: io – come essere umano – non ho mai veramente il problema di decidere cosa devo fare nella vita. Io ho soltanto il problema di assentire, lasciarmi andare, a quello che è stato deciso per me (che devo leggere anche attraverso le circostanze), oppure resistere. Non fare resistenza vuol dire inserirsi in maniera gentile nel flusso delle cose, e implica necessariamente ascoltare con attenzione i propri sogni, le proprie aspirazioni. Un bel libro al proposito è I sogni dell’anima, di Valerio Albisetti, ma mi ha molto colpito anche il libro (in inglese) Ten Billions of Dreams, di Ralph Marston.

Oil on canvas "Dream Girl."
Ascoltare i propri sogni è un lavoro per la vita…

Torno un momento al punto. Questa è una cosa interessante, per me. Ci sono arrivato relativamente da poco. Prima ritenevo che fossimo come contenitori riempibili da qualsiasi cosa, più o meno. Sulla base di un imprecisato ragionamento, una analisi di costi/benefici, diciamo, uno avrebbe potuto tranquillamente scegliere di cosa occuparsi. Ora molti fatti esterni e interni, diverse letture, mi hanno fatto capire quanto sbagliavo. Grazie al cielo, perché siamo unici e ognuno ha dei sogni da realizzare. La prima cosa allora è crederci. Questo è tutt’altro che immediato perché venire a contatto con la propria unicità universale può far paura. Seguire un sogno è uscire dalla propria zona di conforto, dove ci adagiamo e dalla quale spesso ci lamentiamo di questa e quella situazione, senza agire. Eppure siamo importanti, decisivi nell’intero universo. Siamo il punto focale in cui, in un certo senso, la creazione viene a conoscere se stessa, acquisisce consapevolezza. Attraverso di noi passano le cose che “devono” essere fatte. I romanzi da scrivere, le canzoni da creare, tutto, fino ad ogni lavoro fatto con passione. Chi ci ha creati ha dato un compito ad ognuno di noi, e la cosa importante allora è appena fare spazio. 
Fermarsi ed ascoltare i propri sogni. Intraprendere passi verso la loro realizzazione, senza spaventarsi per quanto tempo ci possa volere, se ci sentiamo inadeguati, se non ci sembra di essere in grado… E’ una rivoluzione possibile e rinnovabile ogni momento. Possono passare anni e anni prima di rientrare in contatto con i propri sogni, ma questi, se sono veri, ti tornano sempre a trovare. Ogni volta che ho chiuso la porta ai miei sogni si è aperta una voragine piena di disagio. Si sono accese tutte le spie lampeggianti rosse, come se dal profondo si diramasse un messaggio di massima allerta, su verso la superficie. Qualcosa in me usava tutti i mezzi a disposizione per scuotermi, farmi tornare in me. Come dire, se non  posso scuoterti con niente ricorro al disagio, sempre meglio questo che tu smarrisca la tua strada.

Riflessioni personali e diverse letture mi danno motivo di ritenere che buona parte del disagio sociale e dello scontento è dovuto al fatto che le persone hanno chiuso la porta ai propri sogni. Magari per tante (apparentemente) “buone” ragioni. Come ho fatto io tante volte. E l’ho pagata, ve lo assicuro. E se serve a farmi tenere la porta aperta alle mie profonde aspirazioni, sono anche assai contento di averla pagata.

E’ curioso, ma qualcosa in me agisce e le cerca tutte per non farmi allontanare dai miei sogni (uno dei quali certamente è scrivere, come sto facendo adesso). Anche a costo di scatenare i peggiori disagi. Devo dare ascolto ai miei sogni, o prima o poi finirò a vivere imbottito di psicofarmaci. E non si bara. Posso scrivere anche cinque parole nei momenti in cui sono più occupato, ma l’anima se ne accorge, se baro o se sto camminando nel mio sogno. In una cosa che non ho deciso io, ma alla quale evidentemente sono stato chiamato.

Loading


Scopri di più da Stardust

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli via e-mail.