Blog di Marco Castellani

Mese: Aprile 2013

Cometa Lemmon, ripresa da STEREO

Comet Lemmon_Animazione

Animazione della cometa 2012 F6 Lemmon come osservata dalla sonda spaziale STEREO della NASA. Crediti: NASA/GSFC; animazione di Robert Kaufman. Cliccare sull’immagine per osservare l’animazione.

Questo è l’anno delle comete.

La Cometa 2012 F6 Lemmon ha attraversato il campo di vista della camera HI2A della sonda STEREO della NASA. In questa animazione di Robert Kaufman, la Cometa Lemmon mostra una debole coda di ioni e una coda di polvere in direzione opposta al Sole mentre si muove lungo la sua orbita con un periodo di 10 750 anni.

La Cometa Lemmon è stata una grande protagonista nei cieli dell’emisfero sud all’inizio di quest’anno. Al momento la Cometa si può osservare con un semplice binocolo all’alba anche nel nostro emisfero. L’oggetto è passato al perielio (minima distanza dal Sole) ad una distanza di 0,73 unità astronomiche (un’unità astronomica corriponde alla distanza Terra-Sole, pari a quasi 150 milioni di chilometri) lo scorso 24 marzo. Al momento ha una magnitudine compresa tra i +4 e +5 e si sta dirigendo verso nord nella Costellazione dei Pesci.

Le due sonde gemelle Solar TErrestrial RElations Observatory (STEREO) spesso catturano comete che si avvicinano fortemente al Sole, quelle che sono chiamate Sungrazing Comets. Conosciute come STEREO A (Ahead) e STEREO B (Behind) questi due osservatori spaziali sono posizionati in due punti particolari lungo l’orbita terrestre. Questo permette ai ricercatori di avere una copertura a 360 gradi del Sole. Lanciati nel 2006 STEREO A e B ci offrono una prospettiva unica per osservare le comete sungrazing in arrivo. Recentemente STEREO ha anche catturato la cometa 2011 L4 PanSTARRS e la Terra.  Qui sotto  il video:

Un’altra sonda, quella dell’Agenzia Spaziale Europea, il SOlar Heliospheric Observetatory (SOHO) ha permesso di osservare o di scoprire nuove comete. Anche gli appassionati di astronomia spesso scoprono e seguono nel corso del tempo delle comete. Al momento SOHO ha scoperto oltre 2400 comete dal momento del lancio, avvenuto nel 1995. SOHO non sarà in grado di osservare nè la cometa PanSTARRS nè la cometa Lemmon con le sue camere LASCO C3, ma sarà in grado di catturare la Cometa 2012 S1 ISON mentre si avvicinerà al Sole nel novembre 2013.

Come per i dati di SOHO e il Solar Dynamics OBservatory della NASA, anche quelli raccolti dalle due sonde gemelle STEREO sono disponibili ogni giorno sul sito web della NASA.

Sito web di SOHO: http://sohowww.nascom.nasa.gov/home.html
Sito web di STEREO: http://stereo.gsfc.nasa.gov/
Sito web del Solar Dynamics Observatory (SDO): http://sdo.gsfc.nasa.gov/

Per ulteriori informazioni sulla Cometa ISON- Anticipated STEREO observations of Comet ISON : http://stereo-ssc.nascom.nasa.gov/comet_ison/

Sungrazing Comets – The NASA Comet ISON Observing Campaign – http://sungrazer.nrl.navy.mil/index.php?p=ison

Sabrina

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Marie Curie e il suo contributo alla Fisica e alla Chimica

Marie CurieMarie Curie.

Ricorrono quest’anno i 110 anni dal conferimento del Premio Nobel per Fisica 1903 a Marie Curie(Varsavia 1867 – Savoy, Francia 1934). Prima donna e unica scienziata a vincere due Premi Nobel (in Fisica nel 1903 e in Chimica nel 1911). Fu eguagliata in seguito dal chimico Linus Pauling con un Premio Nobel in Chimica e uno per la Pace, successivamente da John Bardeen con due Premi Nobel in Fisica e da Frederick Sanger con due Premi Nobel in Chimica.

Si racconta che quaranta rubli al mese (pari a tre franchi al giorno) erano i soldi che la giovane Marie Curie doveva farsi bastare a Parigi, in parte messi da parte quando lavorava come istruttrice in Polonia e in parte come risultato dei sacrifici del padre che puntualmente glieli mandava. Doveva pagarsi le tasse universitarie, la camera in cui alloggiava, i pasti e il vestiario. Organizzò un’esistenza spartana dove non dava importanza alla fame e al freddo. A 26 anni Marie aveva conseguito due lauree, una in fisica e una in matematica e era totalmente dedita allo studio e alla ricerca, quando incontrò Pierre Curie per la prima volta. Fu il 1894, in un laboratorio di fisica. Pierre Curie considerò Madamoiselle Sklodowska una donna straordinaria, attratto com’era dalla sua grazia e dalla sua semplicità, ma soprattutto dal suo coraggio e dalla sua completa dedizione al lavoro di ricerca. Passarono pochi mesi e Pierre chiese a Marie di sposarlo. Non fu accolta subito la sua proposta di matrimonio: ben dieci mesi Pierre dovette aspettare prima di diventare suo marito.

Ma la loro storia non fu solo una bella storia d’amore ma anche di collaborazione e di ricerche che cambiarono completamente la storia della Fisica e della Chimica.

Marie non fu solo determinata a ottenere il suo Dottorato di ricerca ma che anche il suo Pierre ne avesse uno. Nonostante il marito avesse compiuto importanti ricerche scientifiche in più di un campo negli quindici anni precedenti, non era ancora riuscito a conseguire completamente questo ambito risultato. In Francia, a differenza degli Stati Uniti e del Regno Unito, il conseguimento di un dottorato richiedeva molto più tempo. Marie insistette affinchè Pierre completasse il suo lavoro nello studio del magnetismo. Nel marzo 1895 ricevette l’ambito titolo di PhD in Fisica e divenne Professore presso la Municipal School di Parigi.

Nel luglio dello stesso anno i due si sposarono con una semplice cerimonia civile. Nessuno dei due voleva una cerimonia religiosa. Marie aveva perso la mamma, che era molto devota alla Chiesa di Roma, quando lei aveva solo undici anni; Pierre era figlio di protestanti non praticanti. Non ci fu nessun scambio di anelli. Invece di un vestito da sposa, Marie indossò un completo color blu scuro che per gli anni successivi le fu utile quando lavorava nel suo laboratorio.

Il primo loro laboratorio era un piccolo locale di vetro che faceva parte della scuola di Fisica dove Pierre lavorava. Era una sorta di magazzino in cui mancava l’elettricità, dove non vi era un adeguato riciclo dell’aria e che lo faceva diventre saturo di fumo e umidità, fumo e umidità che andavano a danneggiare gli strumenti di lavoro con cui i coniugi Curie lavoravano.

Marie Curie laboratorioMarie Curie nel suo laboratorio.

Nessuno di noi due immaginava, all’inizio di questo lavoro, che stavamo per intraprendere un cammino completamente nuovo nella scienza che avremo seguito nel nostro futuro“.  Marie Curie 

In questo video si racconta in modo straordinario le scoperte di Marie e Pierre Curie tratto da Libera Scienza.

http://www.youtube.com/watch?v=KTgHh8nwKIg

Il Premio Nobel per la Fisica 1903 venne dato metà ad Antoine Henri Becquerel e metà a Pierre Curiee e Marie Sklodowska Curie: ad Antoine Henri Becquerel “in riconoscimento dei suoi straordinari servizi resi con la scoperta della radioattività naturale” e metà alla coppia Curie “come riconoscimento dei loro strardinari servizi resi con le loro ricerche congiunte sui fenomeni della radiazione scoperti dal Professor Henri Becquerel”.

Il secondo Premio Nobel, questa volta per la Chimica, arrivò nel 1911, quando Pierre Curie era già tragicamente morto sotto le ruote di una carrozza mentre percorreva Rue Dolphine per raggiungere l’Accademia, il 15 aprile 1906. Con questo Premio Nobel le venivano riconosciuti la scoperta del ‘Polonio (in ricordo della sua patria, la Polonia) e il radio, che derivava dal latino Radius (raggio) « in riconoscimento dei suoi servizi all’avanzamento della chimica tramite la scoperta del radio e del polonio, dall’isolamento del radio e dallo studio della natura e dei componenti di questo notevole elemento ».

Problemi di natura medica iniziarono ad affliggere la scienziata intorno al 1920, quando la sua vista iniziò ad annebbiarsi. Cataratta, le fu diagnosticato. Oggi sappiamo bene che l’esposizione alle radiazioni possono produrre questa malattia. La sua vista iniziò ad indebolirsi così tanto che dovette scrivere le sue note a grandi caratteri e grazie all’aiuto delle due figlie. Solo dopo quattro operazioni le fu possibile tornare in laboratorio e guidare l’automobile.

Curie, come tutti gli altri scienziati dell’epoca, non conoscevano gli effetti sulla salute causati dall’esposizione alle radiazioni radioattive. “Forse il radio ha qualcosa a che fare con questi problemi, ma non si può affermare con certezza” scriveva Marie Curie in una lettera alla sorella Bronya nel novembre 1920.

Oggi sappiamo che la gran parte del suo lavoro riguardava la separazione chimica del radio dall’uranio, un processo lungo ed estremamente difficile, oltre che pericoloso alla salute. Come risultato, il corpo di Marie venne sottoposto a un’intensa esposizione da radiazioni di raggi gamma emessi dal radio e dai suoi prodotti di decadimento, le sue dita ricevettero un’esposizione notevole alle particelle beta e ai raggi gamma emessi dal radio, i suoi polmoni ricevettero un’esposizione legata all’inalazione del gas radioattivo prodotto dal radio e il suo scheletro (e il midollo osseo) ricevettero un’esposizione da radio che accidentalmente Marie aveva ingerito quando lavorava in laboratorio.

Oltre a queste esposizioni al radio, Marie ricevette anche una significativa esposizione ai raggi X mentre operava con un’apparecchiatura a raggi X montata su un’automobile e si spostava per trattare i feriti al fronte durante la Prima Guerra Mondiale. Per tutto il corso della sua vita adulta Marie rimase in costante stato di malessere. Spesso veniva accusata dagli altri scienziati di usare la sua condizione fisica come una tattica per non essere presente a certe conferenze o appuntamenti di una certa importanza. Questo suo malessere si manifestava in vari modi: per esempio, aveva la tendenza a strofinare le dita delle mani che erano state soggette alle radiazioni; sviluppò la cataratta e si sentiva costantemente debole e stanca.

Era mezzogiorno di venerdì 6 luglio 1934 quando Marie Curie muorì nell’ospedale di Sancellemoz nelle Alpi francesi.
Fu seppellita accanto al marito Pierre nel cimitero di Sceaux alla presenza dei suoi parenti, dei suoi amici e collaboratori che l’amavano. Il Dott. Tobe, che l’aveva in cura, scrisse che “morì per un’anemia perniciosa aplastica in rapido sviluppo” (Curie, 1937). Questa è molto simile alla diagnosi data per la prima morte certa legata alle radiazioni radio “anemia progressivamente rapida di tipo pernicioso” (Martheland 1925). E’ stato affermato che la sua morte poteva non essere correlata al radio perchè l’anemia perniciosa non è creduta essere causa dell’esposizione alle radiazioni. Il problemi è che quello a cui il suo medico si riferiva non era quello che a cui noi oggi ci riferiamo quando parliamo di  anemia perniciosa.

La figlia Eva Curie scrisse nel 1937: “I sintomi non normali, gli esami del sangue che differivano da quelli di qualsiasi altro caso di anemia perniciosa conosciuto, portavano ad accusare un solo criminale: il radio“. La figlia maggiore di Marie e sua collaboratrice, Irene Curie, morì di leucemia come la madre nel pieno dei suoi cinquant’anni.

Marie_Curie_Fiami

Le Vies de Marie Curie. Crediti: Fiami.

“Le vite di Marie Curie” è un fumetto (che si adatta bene per un pubblico adulto oltre che giovanile) che racconta la storia della Chimica con Marie Curie come protagonista nelle varie epoche storiche. Scritto dallo svizzero Fiami e pubblicato nel 2012 in occasione dell’Anno Internazionale della Chimica 2012, questo fumetto è disponibile contattando l’autore Fiami all’indirizzo mail: http://www.fiami.ch  oppure mandando una email alla sottoscritta che vi metterà in contatto con l’autore, sempre molto disponibile.

E_1911_Marie-Curie_PMarie Curie davanti al Pantheon di Parigi. Crediti Fiami.

Ulteriori informazioni:

Marie Curie: http://www.aip.org/history/curie/curie.pdf

Nobelprize.org: The Noberl Prize in Physics 1903 – http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1903/

Marie Sklodowska Curie: The Woman Who Opened The Nuclear Age: http://www.21stcenturysciencetech.com/articles/wint02-03/Marie_Curie.pdf

Marie Curie – Life and Achievements – http://www.encouragement-project.ro/product_files/Marie%20Curie.pdf

Sabrina

Per il Carnevale della Fisica n. 42 ospitato su Scienza e Musica dal titolo:  “Personaggi e scoperte della Fisica moderna, da Planck e Einstein all’LHC”.

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Tutta colpa della polvere!

Tutta colpa della polvere, verrebbe da dire! No, non è una casalinga esasperata a dirlo (con piena legittimità), ma un congruo numero di scienziati. Il fatto è che la polvere complica oltremodo il raggiungimento di uno degli obiettivi principali degli astronomi, che è quello di ottenere una risposta esauriente e (preferibilmente) precisa alla semplice domanda dove siamo? In particolare, la domanda si può declinare nella versione più specifica e di maggiore validità scientifica, ovvero qual è la nostra distanza dal centro galattico? 

Sappiamo bene che il nostro Sole appartiene ad una struttura enorme e complessa formata da altri miliardi di stelle, chiamata Via Lattea (o anche Galassia). Dunque è più che naturale voler capire che posizione occupiamo all’interno di questa struttura.

Ebbene, può sembrare strano, al giorno d’oggi, ma questa semplice domanda aspetta ancora una risposta esauriente. Parte della difficoltà nel rispondere è dovuta alla mancanza di una adeguata comprensione della natura della polvere interstellare, che si trova lungo la linea di vista. Specificamente, ci si chiede se le particelle che si trovano nel tragitto verso il centro galattico siano della stessa esatta natura di quelle che si trovano in prossimità del Sole, o invece presentino delle differenze di cui tenere conto. Un recente studio di un team guidato da David Nataf ad esempio ci avverte che la polvere che si trova in direzione del nostro centro galattico è “anomala”, in effetti.

Varie stime per la distanza dal centro della Via Lattea, nel corso degli anni, espressa in kiloparsec (Crediti: Malkin 2013)

Varie stime per la distanza dal centro della Via Lattea, nel corso degli anni, espressa in kiloparsec (Crediti: Malkin 2013)

Il team spiega anche che il fatto di caratterizzare la natura delle piccole particelle di polvere è di importanza fondamentale al fine di derivare il giusto valore per la distanza dal centro della Via Lattea, e che una adeguata comprensione della polvere stessa può aiutare a mitigare le differenti stime ottenute nel tempo da diversi autori (evidenziate dal diagramma qui sopra).

I risultati della ricerca mostrano che l’anomalia porta ad una legge di estinzione piuttosto particolare. La legge di estinzione descrive il modo in cui la polvere fa apparire più deboli gli oggetti osservati, in funzione della lunghezza d’onda della luce, e dunque fornisce importanti informazioni riguardanti proprio le caratteristiche della polvere.

Riguardo alla stima corretta della distanza, gli autori indicano un valore pari a 26745 anni luce, ottenuto proprio adottando una legge di estinzione non standard. Questo si traduce in un valore vicino agli 8 kiloparsec, se vogliamo esprimerci in una unità di misura più usata per le misure di distanza all’interno della Via Lattea. Espresso in anni luce, tuttavia, è più suggestivo. Fa anche capire meglio di che razza di dimensioni stiamo parlando, per la nostra Galassia: un lampo di luce generato dal centro galattico ci mette più di ventiseimila anni ad arrivare da noi. Decisamente vuol dire che parte da lontano. Da molto, molto lontano…

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Geometria del giallo

Passeggiando nel parco sotto casa, mentre intorno la primavera era esplosa. Limpida, incontrollata, totale primavera. Passando in un campo di fiori gialli mi è venuta in mente una frase. Ha cominciato a ricircolare nella testa, a fertilizzare le cellule cerebrali. Sì, poteva essere uno spunto per un racconto? Sì, sì. Poteva. E un omaggio (rispettoso, deferente) a Joyce, il grandissimo.

Bare Yellow

Giallo è il colore ed era quello ed era il colore della mia maglia e della tua magia. Ed eri tu. E intorno erano tutti fiori gialli sai non avevo mica pensato uscendo da casa che avrei trovato tutto quel giallo. Cioè quel giallo che era spuntato in mezzo al verde come lo conoscevo. L’avresti detto mica. Spuntato in una notte, o magari invece nella mattina mentre io ancora ero lì che ancora pensavo se tu venissi o non venissi oggi da me. Così quando i miei occhi si sono affacciati a tutto quel giallo hanno chiamato su il cuore ed ecco in pratica, ecco,  è stato appena come se il mio cuore si fosse improvvisamente allargato e improvvisamente tutto appagato…. (leggi tutto)

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Metti il naso sulla luna…

… ad una risoluzione veramente impressionante!

Basta usare la rotellina del mouse, oppure i tasti “+” e “-” che trovate a destra in basso nell’immagine in questa incredibile visione ‘interattiva’ del nostro caro satellite. Se poi cliccate sul bottoncino più a destra, sarà come se vi foste catapultati in orbita!

La straordinaria creazione è realizzata da un mosaico di differenti immagini, ed è opera di @AstroMike27

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Rdio e Spotify, un fiume di musica

E improvvisamente succede. Tutta la musica che pazientemente ti sei messo da parte negli anni, tutto d’un tratto è come se non ci fosse. Eh sì, perché se ti abboni ad un servizio come Spotify o Rdio (che è quello che io preferisco) improvvisamente è come se tu avessi appena una pozzanghera, un laghetto, di fronte all’oceano di dischi che ti puoi ascoltare.

Eccoli lì tutti i dischi, hai davvero un archivio sterminato da sentire. Quando realizzi che tutti i dischi che hai comprato, potevi non comprarli, se solo avessi avuto accesso a queste risorse un po’ prima. Lo so, lo so, è vero. Tecnicamente c’è ancora una bella differenza. Questi dischi sono tuoi, mentre l’accesso al mare magnum tipicamente ti costa qualcosa (no, costume e pinne non servono…). Che poi sono circa 5 euro al mese, oppure il doppio se vuoi l’accesso anche da tablet e smartphone. Spotify a dire il vero permette anche un utilizzo gratuito, ma è fastidiosamente interrotto da spot pubblicitari e vi sono altre limitazioni, per cui di solito ci si stanca presto. Almeno, io mi stanco subito.
Una signora cantava nei miei auricolari. mentre scrivevo (Crediti Rdio.com) 
Dopo un po’ di prove e di oscillazioni tra Spotify e il meno noto ma non meno valido Rdio, ho scelto – come qualcun altro –  di dare i miei soldi al secondo. E vi dico perché, in qualche punto.
  • L’interfaccia. Quella di Rdio è più chiara e pulita di quella di Spotify, la trovo più sobria e  piacevole. Certo, questione di gusti.
  • Il web. Rdio funziona benissimo anche dal browser. Spotify manco se lo sogna.
  • I dischiI dischi, i dischi!! Io sono cresciuto collezionando dischi in vinile, musicassette, poi CD, poi collezioni di mp3. Ma ho profondamente impressa nei cromosomi la “struttura” logica del disco. Un disco è un lavoro completo, organico, indicativo di una certa epoca e di un certo percorso di maturazione artistica di chi lo ha realizzato (ecco perché non mi entusiasmano le antologie, di solito). Ora tu, caro Spotify, che mi combini? Voglio aggiungere un disco (una unità organica completa e compiuta, ribadisco) alla mia antologia. E tu che fai? Me lo fai aggiungere ad una playlist? Ma siamo impazziti? Io voglio aggiungere il disco, in quanto tale. Su Rdio posso aggiungere il disco alla mia collezione. Il disco. Proprio lui. Senza ingrossare una generica playlist. E questo è molto, per uno come me.
  • Ci sono i Pink Floyd su Rdio. Non ci sono i Pink Floyd su Spotify. Io amo i Pink Floyd.
  • Altre minuzie… con Rdio puoi usare una device come telecomando per pilotare l’altra. Puoi usare l’iPad per pilotare i brani che ascolti sul desktop, per esempio. Simpatico ed ingegnoso.
  • Qualità. Questo prendetelo cum grano salis, ma a me pare che lo streaming su Rdio sia più limpido rispetto all’altro. Ma, non garantisco. Magari mi sbaglio.
Certo c’è il fatto che ora tutti sono su Spotify, e l’aspetto social è molto più evidente colà. Quindi ecco, mi dispiace per i miei amici in Facebook, non potrò vedere cosa ascoltano. Ma io mi trovo meglio qui.
In ogni caso, uno o l’altro (o qualcun altro ancora) è evidente che siamo sulla soglia di un altro modo di ascoltare la musica. E ti cambiano i paradigmi. Ora invece che ascoltare e riascoltare – ad esempio – le sonate per pianoforte di Mozart da un solo interprete, ecco che sbalordisco di fronte alle scelte che mi trovo davanti. Posso ascoltarle varie volte cambiando sempre interprete. Assimilando le differenze, le affinità. 
Una cosa abbastanza inconcepibile fino a poco tempo fa.

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La delizia di IC 1295

La deliziosa nebulosa planetaria IC 1295

La deliziosa nebulosa planetaria IC 1295

La foto di ESO ci mostra la nebulosa planetaria IC 1295 che si appresta a circondare una stella morente, che dista circa 3300 anni luce. E’ l’immagine più dettagliata mai ottenuta ed è veramente suggestiva. Può sembrare un microorganismo osservato con un moderno microscopio, invece stiamo guardando un oggetto celeste. Le immagini di nebulose planetarie sono senz’altro una delle cose più suggestive che ci regala l’universo: basta una ricerca su Google per rimanere quasi senza fiato per la bellezza e la varietà delle diverse nebulose. Niente da invidiare alla più blasonata galleria d’arte!

Info: http://www.eso.org/public/italy/news/eso1317/

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La più lontana supernova Ia

Gli astronomi continuano ad applicarsi con successo, al fine di ottenere il meglio del meglio, dai telescopi a loro disposizione: e i risultati non si fanno attendere. Nel campo degli oggetti lontani, infatti, è appena stato registrato un nuovo record: la supernova Ia più distante mai individuata.

Ricordiamo che le supernovae sono divise in varie classi, a seconda delle caratteristiche fisiche del sistema che va incontro alla deflagrazione: in particolare le supernovae Ia sono originate dalle esplosione di una stella nana bianca, verosimilmente in fase di accrescimento massa da una compagna in un sistema binario.

Ebbene, la supernova appena scoperta si trova a più di dieci miliardi di anni luce da noi, con un valore di redshift pari a 1,94. In pratica, quando si verificò l’esplosione che vediamo ora, l’universo stesso era ancora molto giovane, in fase di furibonda formazione stellare.

Ecco l'impronta della supernova Ia più lontana mai osservata. Tre riquadri: a sinistra la galassia prima dell'esplosione, a destra la galassia dopo l'esplosione. Sembrano identiche ma la differenza, nel riquadro più a destra, mostra un oggetto brillante, la supernova stessa (Crediti: NASA, ESA, A. Riess (STScI and JHU), and D. Jones and S. Rodney (JHU))

Ecco l’impronta della supernova Ia più lontana mai osservata. Tre riquadri: a sinistra la galassia prima dell’esplosione, a destra la galassia dopo l’esplosione. Sembrano identiche ma la differenza, nel riquadro più a destra, mostra un oggetto brillante, la supernova stessa (Crediti: NASA, ESA, A. Riess (STScI and JHU), and D. Jones and S. Rodney (JHU))

L’oggetto appena scoperto prende il nome di SN Wilson (dal nome del presidente americano Woodrow Wilson, in carica dal 1913 al 1921), ed è stata individuata nell’ambito del CANDELS+CLASH Supernova Project, a cui già dobbiamo la scoperta di oltre cento supernovae, che sono esplose da 2,4 ad oltre 10 miliardi di anni fa.

La scoperta e lo studio di supernovae di classe Ia è di fondamentale importanza per la messa a punto di una accurata scala delle distanze cosmiche: a motivo del picco di luminosità che si ritiene praticamente identico, queste supernovae sono ampiamente utilizzate come candele standard per ottenere una affidabile stima della distanza della galassia che le ospita.

Perfezionare la conoscenza di questi oggetti dunque vuol dire avere stime sempre più precise delle posizione delle galassie e dei vari oggetti astronomici. A sua volta questo è decisivo per la costruzione di accurati modelli di universo, nonché per la verifica del suo tasso di espansione. Attraverso questa catena di conoscenze, possiamo arrivare a dire qualcosa di più preciso sulla natura dell’energia oscura, questa componente ancora largamente sconosciuta, che influenza profondamente l’espansione stessa del cosmo. Ecco perché gli astronomi ritengono studi come questo di grandissima importanza.

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