Un muro, un’idea, un concetto… (CC by marcel_borsboom on Flickr) |
Un muro, un’idea, un concetto… (CC by marcel_borsboom on Flickr) |
Alcuni ricercatori hanno individuato ulteriori evidenze di un enorme oceano su Marte che copriva la maggior parte della superficie del pianeta miliardi di anni fa.
Gli ultimi indizi sono stati trovati in alcune foto dal potente Mars Reconnaissance Orbiter della NASA che orbita intorno al pianeta. Le immagini mostrano quello che sembra essere un antico delta di un fiume che si riversava in un vasto oceano marziano che copriva, molto tempo fa, circa un terzo dell’intera superficie del pianeta rosso. Questo è quanto emerge ora da uno studio di alcuni ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) di Pasadena, California.
“Gli scienziati da tempo hanno ipotizzato che le pianure settentrionali di Marte siano i fondali di un oceano oramai secco ma nessuno finora aveva ancora trovato le prove fumanti” ha affermato il secondo autore dello studio, Mike Lamb, Assistant Professor di Geologia presso il Caltech. La nuova ricerca non fornisce la prova a lungo cercata, hanno sottolineato i ricercatori, ma ne rafforza ulteriormente l’ipotesi.
Il team ha studiato le immagini ad alta risoluzione di una zona di pianure settentrionali che sono state scattate dalla fotocamera HiRISE a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA che può distinguere caratteristiche più piccole di 25 centimetri sulla superficie del pianeta rosso.
In particolare, i ricercatori hanno esaminato una zona di cento chilometri quadrati che è parte di una regione più grande chiamata Aeolis Dorsa, che si trova a circa mille chilometri dal Cratere Gale, dove il rover Curiosity della NASA è atterrato nell’agosto dell’anno scorso per una missione della durata di due anni con lo scopo di valutare la possibilità di forme di vita nell’epoca presente e in quella passata di Marte.
La piccola sezione di Aeolis Dorsa presenta molte creste chiamate “canali invertiti” che si formano nel fondo dei fiumi col passare del tempo quando il materiale grossolano, come la ghiaia, viene a depositarsi per il continuo scorrere dell’acqua. I canali invertiti possono permanere a lungo dopo che i fiumi che li hanno creati sono evaporati, aiutando i ricercatori a risalire all’attività passata dell’acqua liquida su Marte.
Le immagini di HiRISE hanno permesso ad un gruppo di ricercatori di fare proprio questo nella sezione di Aeolis Dorsa esaminata con grande dettaglio. In particolare, gli studiosi hanno trovato che i canali invertiti si sono sparpagliati in modo evidente e presentavano pendenze piuttosto ripide verso il basso, vicino allo foce, proprio come qui sulla Terra quando si avvicinano e si riversano nel mare.
Il delta dell’antico fiume marziano è stato scoperto molto prima di questa scoperta, ma la maggior parte dei delta sono stati avvistati all’interno di crateri o in altre regioni delimitate geologicamente, fornendo evidenza di laghi, ma non di veri e propri oceani.
Il delta che è stato trovato è piuttosto diverso da quelli scoperti in precedenza. “Questo è probabilmente una delle prove più convincenti dell’esistenza di un delta in una regione sconfinata; il delta sottolinea l’esistenza di un grande corpo d’acqua nell’emisfero settentrionale di Marte” ha affermato l’autore capo Roman DiBiase, Post PhD al Caltech.
Quanto sia stato grande questo specchio d’acqua rimane ancora una questione aperta. Si suppone che la sua estensione potesse coprire tutta Aeolis Dorsa, che si estende oggi per circa centomila chilometri quadrati. E potrebbe pure essere l’oceano a lungo ipotizzato, quello che alcuni scienziati hanno sospettato copriva un terzo della superficie di Marte.
E’ possibile che il delta Aeolis Dorsa fosse un tempo confinato da un cratere o da un’altra caratteristica che da allora si è completamente erosa. Tuttavia questa interpretazione comporta che la superficie di Marte sia più attiva geologicamente di quello che i ricercatori pensano.
I ricercatori hanno in programma di continuare la ricerca di segni di un potenziale oceano lungo le sue coste, nel tentativo di far luce sul più caldo e umido passato del Pianeta Rosso.
Lo studio è stato pubblicato online sul numero del 12 luglio sul Journal of Geophysical Research.
Fonte Space.com: Ancient Mars River May Have Flowed Into Huge Ocean .
Sabrina
“Buona vacanza” mi ha detto lei al telefono, pochi giorni fa. Un normale augurio estivo, direte voi, niente di particolare. No, non proprio. Ha detto così, buona vacanza e ha usato il singolare. Mi sembra più significativo del più usato plurale, vacanze. Così mi è rimasto in testa anche se magari a qualcuno potrà sembrare un dettaglio.
Per me non lo è. Adesso vi spiego.
Le vacanze sbiadiscono in un generico plurale una idea di disimpegno, anche dal qui e dall’adesso. Vacanza mi riporta di botto alla situazione attuale, al mio presente.
Così vacanza è rimasto a crescere nella mia mente, tanto che adesso decido di ripescarlo per compilare un’altra parola del mio vocabolario. Vacanza mi fa pensare a mille cose. Alla lezioni di fisica in università, per esempio. Dove imparavo che vacanza implica una mancanza, un vuoto. Manca un elettrone, una particella, c’è appunto una vacanza. Qualcosa che tende ad essere riempito.
Così la vacanza è una cosa naturalmente aperta, che va riempita, capisco, con maggiore libertà rispetto al solito. Una possibilità. Ma anche una bella responsabilità. In fin dei conti è abbastanza facile lasciarmi condurre nella vita ordinaria. C’è già una trama di cose che chiedono attenzione, che assorbono il tempo. Il rischio (assai concreto) è che io le faccia con poca coscienza, passando da una all’altra senza davvero essere nell’attimo presente.
Facendo le cose senza esserci mi sento vuoto. Più le cose si affastellano e l’agenda si riempie, più mi sento disorientato, appiattito su una reattività d’occasione, poco profondo. Troppo in superficie. Il malessere che ne sorge è una spia fastidiosa ma preziosa, un segnale di allarme che viene dall’interno per far capire che è ora di correggere la rotta.
Tornare ad essere nelle cose che si fanno.
É questo l’obiettivo, che come tale è sempre e comunque un work in progress. Con il vuoto del periodo estivo mi si apre una occasione. Di riempire il tempo con più coscienza rispetto a quanto faccio di solito. Cerco di raccogliere la sfida, anche perché un vuoto non riempito mi diventa subito pesantissimo.
(…) La vacanza è il tempo più nobile dell’anno perché è il momento in cui ognuno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita, oppure non si impegna affatto con niente è allora, appunto, è sciocco. (Luigi Giussani)
Che poi, il non impegnarsi con niente che risulta così, pesantissimo. Sciocco perché inutilmente pesante.
Rimanere in vacanza senza cogliere l’occasione per provare a lavorare con più amorevole decisione su se stessi (dico subito, a prescindere dagli esiti, senza misurarsi) mi sembra troppo tempo sprecato. Così se penso a semplicemente a giorni vuoti da impegni, davanti a me, mi sento triste, se invece penso a questo lavoro – qualcosa che mi sembra esser dato, esser proposto, proprio perché io lo svolga – mi viene da sorridere, tanto questo lavoro sembra corrispondermi, sempre. Sotto un ombrellone o davanti alla scrivania, sempre.
E il fatto che in questo modo il vuoto si riempia, mi fa stare meglio.
Tutte le foto del concerto sono di Claudia Castellani |
Dexter è un bambino di sette anni che sogna di diventare astronauta e… Scrive alla NASA per imparare a diventarlo. Prende carta e penna e scrive…
Cara NASA,
sono Dexter. Ho sentito che invierete due persone su Marte e vorrei venire, ma ho sette anni e non posso. Vorrei andarci in futuro. Che devo fare per diventare astronauta? Grazie. Dexter
I suoi genitori avvertono il bimbo che ci può essere la possibilità che la NASA non risponda. Ma, contro ogni previsione, l’ente americano invia una risposta al piccolo Dexter e non solo…
Qui ci sono alcuni siti web che contengono ricche informazioni sulla NASA e i suoi programmi. Se tu o la tua scuola non disponete di un computer o di una connessione internet, puoi andare nella Biblioteca più vicina per utilizzare un computer […]. Ancora una volta, grazie per la tua lettera. Apprezziamo il tuo interesse per la NASA La NASA ti augura un grande successo e ti incoraggia a voler raggiungere le stelle.
In aggiunta a questa risposta, allegata alla lettera vi sono un adesivo dell’Agenzia Spaziale Americana, un segnalibro e delle immagini del rover Curiosity.
Il bimbo continuerà sicuramente a sognare di diventare astronauta. Con questa risposta, con questi regali sarà un avvicinarlo di più al suo sogno. Non possiamo che incoraggiarlo in questa splendida avventura.
FORZA, DEXTER. SIAMO TUTTI CON TE!
Fonte MY TF1 – Science: A 7 ans, il écrit pour demander conseil à la NASA… qui lui répond – http://lci.tf1.fr/science/nouvelles-technologies/a-7-ans-il-ecrit-a-la-nasa-qui-lui-repond-8122703.html
AstroKids NASA: http://www.nasa.gov/audience/forkids/kidsclub/flash/index.html e sito NASA: http://www.nasa.gov/ .
Sabrina
La quarta sinfonia di Bruckner diretta da George Tintner. Difficile scappare dall’evidenza che questa conduzione sia il risultato di un rapporto d’amore. |
Idee e significati che passano attraverso gli stili, e i generi musicali sono davvero solo questo: divisioni di comodo |
C’è poi l’altro polo espressivo, l’orientamento musicale che per comodità voglio chiamare bruckneriano. Dove vince l’urgenza e la profondità di quello che si deve dire, dove il senso di compromissione totale con il dramma umano, esige una attenzione e una focalizzazione differente. In cima non c’è più il gioco degli strumenti, c’è la omogeneità e la compattezza. Perché si va all’essenziale. Tutto suona come una cosa sola. Nessuno strumento vien fuori con virtuosismi od orpelli. Perché quando si parla della vita e della morte nessuno vuol mettere orpelli, nessuno ammette di perdere tempo. Bruckner – è stato detto – tratta l’intera orchestra come un unico strumento, come fosse un maestoso organo. Ecco perché le sue sinfonie sembrano più affini ad una Toccata e Fuga di Bach che a tante altre sinfonie ottocentesche o novecentesche.
Esempi di questa modalità musicale ce ne sono tantissimi, a cominciare da quasi tutto Bruckner, appunto. La musica sacra, per grande parte (per quel che ne capisco) è qui. Ma non solo: la nona sinfonia di Mahler ne è un altro brillante esempio. E quel capolavoro incompiuto e sublime della sua decima, è totalmente qui.
Prendiamo per esempio Dodo. L’apertura è… fantastica. Due note, una intro più breve non si può. Due note, e il senso di allarme, di allerta, lo ricevi subito. Dopo arriva il sintetizzatore, con quel suono ruvido quanto basta e dopo un po’ di ascolti ti accorgi che lo vuoi proprio così, che ti serve proprio così, esattamente così. E tutto si integra benissimo nel pezzo. A costo di sembrare irriverente (ma non intendo esserlo), accosterei quasi l’apertura di Dodo con quella della quarta di Bruckner. Diversissime, per carità. Eppure fecondate da una medesima urgenza espressiva.
Di Abacab abbiamo già detto, ma per profondità di testo e musica siamo sul bruckneriano spinto. Niente poi è meno superficiale e nello stesso tempo niente è più saporito di Abacab. Confrontatelo con – chessò – un brano collinsoniano come Sussudio. Ecco lì c’è il divertimeno, l’intrattenimento, la situazione particolare, il tocco descrittivo. Qui c’è l’affondo sulle questioni radicali dell’esistenza. Lì siamo mozartiani, qui torniamo totalmente bruckneriani.
E su tutto spicca la straordinaria qualità del modo di suonare la batteria. Se ti abitui a sentire queste canzoni, poi c’è il rischio che tornando ad ascoltare altro, non ti senti più soddisfatto. Per ascoltare un suono di batteria soddisfacente in maniera simile devi metterti a sentire musica Jazz, non c’è verso.
Perché l’avventura prosegue, e non è mai la stessa, e non è mai circoscritta.
E’ l’avventura umana, dopotutto.
Un nuovo studio negli Atti della National Academy of Sciences suggerisce che il modo in cui il carbonio si muove dalle regioni interne del pianeta verso la sua superficie gioca un ruolo importante nell’evoluzione della sua atmosfera. Se, ad esempio, Marte avesse rilasciato gran parte del suo carbonio sottoforma di metano avrebbe potuto essere sufficientemente caldo per la formazione di acqua allo stato liquido.
Un nuovo studio sul modo in cui il carbonio viene intrappolato e rilasciato dal magma vulcanico ricco di ferro offre nuovi indizi sulla primitiva evoluzione dell’atmosfera marziana e quella di altri corpi di tipo terrestre nel nostro Sistema Solare.
La composizione dell’atmosfera di un pianeta ha radici profonde sotto la superficie. Quando il materiale del mantello si scioglie per formare il magma, viene ad intrappolare il carbonio presente nel sottosuolo. Mentre il magma si muove verso la superficie e la pressione decresce, il carbonio viene rilasciato sottoforma di gas. Sulla Terra, il carbonio è intrappolato nel magma come carbonato e degasato come biossido di carbonio, un gas serra che aiuta l’atmosfera terrestre ad intrappolare il calore del Sole. Ma questo processo, ossia il modo in cui il carbonio viene trasferito dal sottosuolo nell’atmosfera negli altri pianeti del nostro Sistema Solare e di come esso possa influenzare le condizioni di effetto serra, non è stato ancora ben compreso.
“Sappiamo che il carbonio passa dal mantello solido al magma liquido, dal liquido al gas e poi fuoriesce” ha affermato Alberto Saal, Professore di Scienze Geologiche alla Brown University e uno degli autori dello studio. “Vogliamo capire il modo in cui le diverse specie di carbonio che si formano in condizioni rilevanti per il pianeta, influenzino il trasferimento.”
Quest’ultimo studio, a cui hanno collaborato anche ricercatori della Northwestern University e del Carnegie Institution di Washington, ha indicato che, in condizioni simili a quelle presenti nei mantelli di Marte, della Luna e di altri corpi, il carbonio viene intrappolato nel magma principalmente come specie chiamata ferro carbonile e rilasciato come monossido di carbonio e gas metano. Entrambi i gas, in particolare il metano, hanno un elevato potenziale di effetto serra.
I risultati, pubblicati negli Atti della National Academy of Sciences, suggeriscono che quando il fenomeno del vulcanismo era diffuso nella primitiva storia di Marte potrebbe essere stato liberato abbastanza metano per mantenere il pianeta molto più caldo di quanto lo sia oggi.
Una differenza fondamentale tra le condizioni nel mantello terrestre e nei mantelli di altri corpi di tipo terrestre è quella che viene definita “fugacità dell’ossigeno”, ossia la quantità di ossigeno libero disponibile a reagire con altri elementi. Il mantello terrestre attualmente ha una fugacità relativamente alta di ossigeno, ma in corpi come la Luna e nel primitivo pianeta Marte tale quantità è molto bassa. Per scoprire il modo in cui una più bassa fugacità di ossigeno influisca sul trasferimento di carbonio, i ricercatori hanno creato una serie di esperimenti usando basalto vulcanico simile a quelli trovati sulla Luna e su Marte.
E’ stata sciolta la roccia vulcanica a varie pressioni, temperature e fugacità dì ossigeno, utilizzando un potente spettrometro per misurare quanto carbonio viene assorbito dalla roccia fusa e in quale forma. I ricercatori hanno scoperto che a basse fugacità d’ossigeno, il carbonio viene intrappolato sottoforma di ferro carbonile, qualcosa che la ricerca precedente non aveva rilevato. A pressioni più basse, il ferro carbonile viene degassato come monossido di carbonio e metano.
“Abbiamo scoperto che si può sciogliere nel magma più carbonio a bassa fugacità di ossigeno di quanto si pensasse”, ha dichiarato Diane Wetzel, studentessa laureata alla Brown University e autrice principale dello studio. “Ciò gioca un ruolo importante nel degassamento degli interni planetari e nel modo in cui poi viene ad influenzare l’evoluzione delle atmosfere nei diversi corpi planetari.”
All’inizio della sua storia, Marte era la patria di vulcani attivi e giganti, il che significa che una notevole quantità di metano deve essere stata rilasciata col trasferimento di carbonio. A causa del potenziale effetto serra del metano, che è molto superiore a quello dell’anidride carbonica, i risultati suggeriscono che anche una sottile atmosfera nella primitiva storia di Marte potrebbe aver creato delle condizioni di temperature sufficientemente alte perchè l’acqua si venisse a trovare allo stato liquido in superficie.
Altri autori del paper sono: Malcolm Rutherford della Brown University, Steven Jacobsen della Northwestern University e Erik Hauri del Carnegie Institution. Il lavoro è stato supportato dalla NASA, dalla National Science Foundation, dal David and Lucile Packard Foundation, e dal Deep Carbon Observatory.
Fonte Bown University – Carbon’s role in atmosphere formation: http://news.brown.edu/pressreleases/2013/04/magma
Sabrina
Quarant’anni a scrutare il cielo. Questo il titolo dell’articolo uscito su “Le Stelle”, per presentare la storia del Telescopio Copernico dell’Osservatorio Astronomico di Padova, e il perchè ricordiamo questo importante compleanno con uno sguardo rivolto al futuro.
Nel 1973, a Cima Ekar, una delle alture che sovrastano la piana di Asiago, fu portato a compimento il telescopio da 182 cm.
Cadeva il V centenario della nascita di Niccolò Copernico, a cui l’Università di Padova e l’Osservatorio Astronomico vollero conferire un particolare rilievo, dedicando al grande scienziato polacco il telescopio.
L’Università e l’Osservatorio Astronomico di Padova avevano motivi particolari per ricordare con solennità la figura di Copernico: tra il 1496 e il 1503 Copernico soggiornò e studiò in varie città italiane,e in particolare tra il 1501 e il 1503 frequentò l’Università patavina quale studente in medicina. Fu proprio nel periodo padovano che Copernico portò a piena maturazione il suo pensiero filosofico e scientifico, pensiero che avrebbe poi dato origine a una delle più grandi rivoluzioni scientifiche, e che trovò formulazione definitiva nel De Revolutionibus Orbium Caelestium.
Il telescopio Copernico venne realizzato e utilizzato sia per la fotografia diretta che per la spettroscopia, ed è tutt’oggi il più grande strumento ottico sul suolo italiano.
In questo 2013, esattamente a cinquecento anni dall’ultima permanenza di Copernico in Padova, e a quaranta anni dall’inaugurazione del telescopio a lui dedicato, vogliamo proporre una manifestazione in grado di trasmettere al pubblico quanto l’astronomia si sia evoluta e quanto sia proiettata, come tutta la Scienza e il Sapere in generale, verso il Futuro. Tutto ciò lo faremo sia attraverso incontri formali che informali, tra conferenze, visite guidate, mostre, musica e gioco.
Questo progetto si presenta come una rassegna di attività diverse che andranno sotto il comune cappello “Il Futuro di Copernico”, perché tutte riconducibili a uno stesso percorso culturale che, richiamandosi alla rivoluzione copernicana che in questo contesto rappresenta la rivoluzione del sapere per eccellenza, intende mostrare quale sia lo stato attuale della conoscenza scientifica in campo astronomico con un preciso sguardo rivolto al Futuro.
Convegno di apertura
“DA COPERNICO AL FUTURO”
12 LUGLIO 2013
Ore 15.30, Palazzo del Turismo Millepini
Interventi di astronomi professionisti per il pubblico – Ingresso libero
– 15:30 Saluto delle autorità
– 15:45 Presentazione della Rassegna “Il Futuro di Copernico” – Caterina Boccato, Responsabile della divulgazione dell’Astronomia dell’INAF Osservatorio Astronomico di Padova
– 16:00 “Da Copernico al Copernico” – Valeria Zanini, Responsabile Nazionale della Rete Musei dell’Istituto Nazionale di Astrofisica
– 16:10 “L’INAF nel quadro dell’astronomia mondiale” – Giovanni Fabrizio Bignami, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica
– 16:30 “La luce degli astronomi, dai telescopi di Asiago alle aziende” – Cesare Barbieri, Professore Ordinario di Astronomia, Direttore della Scuola Galileiana di Studi Superiori, Università di Padova
– 16:50 “La ricerca dei pianeti extrasolari” – Giampaolo Piotto, Professore Ordinario di Astronomia del Dipartimento di Fisica e Astronomia “G. Galilei”, Università di Padova
– 17:10 “Da Asiago all’energia oscura “ – Massimo Turatto, Direttore dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Padova
– 17:50 Dibattito
Inaugurazione della Mostra Iconografica “DA COPERNICO AL COPERNICO”
Palazzo del Turismo Millepini
Ore 20.30, Sala Consiliare del Comune di Asiago
Presentazione del libro di GIOVANNI FABRIZIO BIGNAMI
“IL MISTERO DELLE SETTE SFERE” Cosa resta da esplorare: dalla depressione di Afar alle stelle più vicine
Giovanni Fabrizio Bignami presenta il suo ultimo libro, Edito dalla Mondadori. Astrofisico per passione, ma affascinato da molte altre discipline, è tra gli scienziati più autorevoli nella ricerca spaziale. Dal 2011 è Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di cui fa parte la sede di Asiago dell’Osservatorio Astronomico di Padova.
Ringrazio in particolar modo Caterina Boccato dell’INAF-Osservatorio di Padova e Rossella Spiga dell’Università degli Studi di Padova per i testi.
Fonte: Il futuro di Copernico – INAF-Osservatorio Astronomico di Padova – Dipartimento di Fisica e Astronomia, Università degli Studi di Padova: http://www.oapd.inaf.it/wordpress/copernico40/.
Sabrina
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