Va così, lo sappiamo. Che ti chiedono come va e tu per non dire una bugia, metti la testa di taglio e rispondi così. Lasciando all’interlocutore il compito di immaginare qualcosa tra spazi grigi della tua risposta. Va così.

Poi prendi in mano un libro, un romanzo, o delle poesie e ti ci metti dentro per un po’. O nemmeno serve. Già basta che pensi di poterlo fare. E tiri sù il naso dal libro (davvero, o col pensiero) e già ti senti un po’ meno all’angolo, un po’ meno costretto, un po’ meno grigio, un po’ meno sballottato dagli eventi. Anche se intorno non è cambiato niente. O forse sì, è cambiato tutto perché vedi tutto con un po’ più di speranza (con buona pace di chi dice che la letteratura è evasione).

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Mike Hiatt, su Flickr, licenza CC
Così ti accorgi che la letteratura è qualcosa di speciale. Che tutta l’arte lo è. E’ quando sei stretto dalle circostanze, dopotutto, che vieni più vicino a quello che conta. Che non ti puoi permettere di girare largo, di stare giorni o settimane a soppesare: devi prendere forza da quello che capisci sia più vero, e devi farlo presto. Così capisci che la letteratura, la poesia, non sono cose da aggiungere, da mettere sopra a qualcos’altro di essenziale. Non sono sforzi di conoscenze da esibire al momento giusto. Tipo, qualcosa che uno mette lì come orpello culturale. No, niente affatto. Almeno per te non è così. E’ una cosa necessaria, indispensabile. Dunque rozza e semplice e nuda, come ogni cosa necessaria. Necessaria al cammino per la ricerca di senso.

Così come lo scrittore può aver sudato sangue, aver studiato come un matto, per riuscire a rompere i formalismi e arrivare all’arte e alla sua semplicità. Per arrivare a m’illumino d’immenso di Ungaretti. Che tu capisci come un lampo tutto quello che c’è dietro, ma che non pesa più, non ostacola. Così ti arriva addosso come una cosa semplice, immediata. Che ti dice qualcosa, che ti parla in un modo che dici, soltanto dici, finalmente.

Semplice. L’arte vera sembra aver rimosso ogni cosa inutilmente complessa, per guadagnare un linguaggio e una modalità espressiva che semplicemente parla un linguaggio che coinvolge pensieri e sentimenti, umori e sensazioni. La complessità rimane allora, sospetti, un luogo privilegiato soltanto della pseudoarte. L’arte è semplice. La quarta sinfonia di Brahm è giocata su questi gruppi di quattro note, semplici semplici (vi sono canzonette, penso, anche più complicate). Ed è straordinaria, lo sappiamo. Ma gli esempi sono infiniti.

Il punto è questo. C’è come una nebbia che finalmente si alza, quando trovi un romanzo che ti aggancia, quando ti imbatti in un parlare poetico che risuona nelle tue corde, che si fa spazio dentro di te. Quando ascolti una musica che scende direttamente al cuore. Quando ammiri un dipinto che d’improvviso, ti taglia il fiato. Ti guardi intorno ed il reale, ecco, ti sembra finalmente più comprensibile, più decifrabile. La bellezza ha questo mistero in sè, che non ti fa mai fuggire dal mondo. Al contrario, ti aiuta a mettere radici più forti e robuste, nel mondo. Perché accade così, tutto ti scivola via se ti sei dimenticato che esista la bellezza, che possa essere cercata, spiata, domandata, implorata. Desiderata.

Ci sono sensazioni e sfumature di sensazioni e sensazioni articolate e complesse, che tu sai. Nascoste dentro di te. Che pensi che siano tue in maniera strana e quasi imbarazzante. Fino a qui. Fino a quando trovi un brano, una strofa, una immagine, una descrizione in un romanzo… un qualcosa che ricrea questa tua sensazione, che aderisce all’involucro di essa, si congiunge alla tua necessità espressiva, in maniera totale, imprevista, indicibilmente precisa. Così adesso questa tua sensazione non è solo tua, è come se si fosse allargato uno spazio sociale, dove sei in condivisione con altre persone, dove sei meno solo in questo sentire. Dove questo sentire acquista dignità e sicurezza, e tu rientri in gioco come attore di questo stupore sottotraccia alle cose, che le cose hanno più di quanto sembra, di quanto si misura.

L’arte ti fa riconcilare con l’idea di una compiutezza totale, sopra e oltre la frammentarietà che percepisci dolorosamente ogni giorno. L’idea di tale compiutezza appaga il cuore e alimenta la speranza. Così grande, così spaventosamente necessario, il compito dell’arte. E dell’artista.

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