E’ nell’istante che si gioca tutto, sempre. E’ tutto lì. La mente vaga e si intossica nelle considerazioni cicliche sul passato, sul futuro. Tornare al presente è sempre liberante, è sempre – davvero – una liberazione. E’ stare dove succedono le cose.

Nel passato o nel futuro non succedono le cose, sono posti dove non succede mai niente. Sono come proiezioni mentali cristallizzate, in un certo senso. E’ nel presente, nell’istante, che le cose succedono. E’ lì che voglio rientrare, appena riesco, ogni volta che riesco. Se non riesco – come tante volte non riesco – non fa niente. Perché la porta è sempre aperta, la possibilità esiste sempre. Esiste sempre fino alla fine. Di finire la serie di fughe indietro e avanti, e rientrare con piena coscienza nell’attimo che stiamo vivendo. Nel momento, qui ed ora.
Pensavo oggi che la cosa importante, essenziale, è vivere la giornata concentrati su questa. Come fosse una piccola e conclusa opera d’arte, come se concentrandosi su di essa – isolandola da ciò che è stato e ciò che sarà – possiamo finalmente lavorare su una tela di dimensioni adeguate. Possiamo ricominciare ad essere artisti della nostra esistenza.
Tutto accade ora, ogni bellezza è di adesso…
Ecco. Che poi artisti non vuol dire, a mio avviso, far tutto bene. Un artista non è che non sbaglia (chi è che non sbaglia poi?) ma chi è aperto, chi si mostra vulnerabile in modo da presentare un lato di approccio, un’aggancio con il quale relazionarci a lui. Chi si mostra autosufficiente e completamente equilibrato non ha feritoie, punti di approdo, rimane un’isola totalmente inapprocciabile: è isolato. Come tale, è uno per cui quello che accade ha perso importanza: probabilmente è troppo preso dalla perpetuazione faticosa dei suoi meccanismi mentali, per stare al presente.
Sarò io, ma come cerco di lavorare su intervalli di tempo più ampi della giornata mi schiaccio a terra da solo (sono bravissimo in questo). Sono bloccato, fermo. Non respiro più. Mi atterrisce l’analisi sfibrante di cosa può essere e non può essere, di cosa devo fare per star meglio, di cosa veramente ho bisogno per guarire.

Anche guarire, anche cambiare, avviene meglio se smetto di proiettarmi ansiosamente in un futuro ipotetico in cui avrò risolto questo e quello, avrò ottenuto questa cosa o quest’altra, sarò migliore sarò… così drammaticamente arrivato che se ci penso con coscienza mi spavento. 
Che bello invece tornare a guardare questa giornata per quello che è, per cosa mi sta dando adesso. La luce serena del parco del primo pomeriggio, il bel pranzo di oggi, un articolo stimolante trovato sul giornale..
Guardare le piccole cose ora, come mi passano davanti agli occhi. Scartare tutti i pensieri complicati sul futuro, allontanarli dolcemente ogni volta che mi vengono a trovare. Amare mia moglie adesso, amare adesso i miei figli, senza preoccuparmi di come e quanto la amerò domani, di quanto sarò capace di voler bene. Così, solo così riesco ad aprirmi alla novità, stando al presente.
Perchè dire “Ti voglio bene”, sarà sempre qualcosa di assolutamente nuovo, assolutamente unico, che non è frutto di alcun antecendente, di alcun meccanismo (Julian Carron) 
Tornare al presente è ritornare a respirare. Perché ogni cosa accade soltanto nel presente, perché è il presente l’interfaccia tra la mia interiorità e l’universo intorno. Tra me e i più lontani quasar, tra me e le popolazioni dell’australia, tra me e ogni uomo e donna che magari neanche conosco, tra me e te che leggi, ora. Tutto passa attraverso questa fragile, sottile ma decisiva interfaccia.
La vita è questo dialogo costante del Mistero che attraverso le cose che accadono ci provoca, ci chiama (Carron)

Quindi è sempre adesso il luogo di questo dialogo. Ed è sempre possibile, è un invito che sempre posso raccogliere. In qualsiasi condizione mi trovi, posso rientrare nel presente, ricominciare a respirare, ad amare, ad essere uomo.


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