L’immagine è presa dal Telescopio Spaziale Hubble e ci mostra una bella fetta di universo, che comprende oggetti a differenti distanze e a diversi stadi evolutivi nella storia del cosmo. L’intervallo spazia da oggetti quasi contemporanei ad altri fotografati nello stadio in cui apparivano nei primi miliardi di anni di vita del cosmo. E’ una esposizione di ben quattordici ore e riesce a mostrare oggetti un miliardo di volte più deboli di quanto sarebbe possibile vedere ad occhio nudo.

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 Crediti: ESA/NASA

Personalmente, davanti a queste immagini “profonde”, la prima cosa che invariabilmente  mi colpisce è la quantità e la varietà delle galassie. E’ veramente uno zoo di galassie diverse ancora tutto da esplorare, come dicevamo in un uno degli ultimi post. C’è anche da dire che oggetti che sembrano vicini nella foto, in realtà possono essere anche assai lontani tra loro: di fatto, molti gruppi di galassie – pur trovandosi a diverse distanze . si trovano a convergere lungo la linea di vista, creando qualcosa di simile ad una illusione ottica.

Un altro fenomeno che rende ragione di una analisi dettagliata della foto, come di molte altre riguardanti l’universo profondo, è il fenomeno delle lenti gravitazionali. Questa è una conseguenza della prescrizione della relatività generale secondo la quale (incredibile a pensarci) la massa ‘incurva’ lo spazio dove si trova, tanto che un oggetto molto massivo può agire esattamente come una “lente” deviando i raggi luminosi che provengono da oggetti alle sue spalle, poiché la luce stessa segue la geometria locale dello spazio. Così dei gruppi di galassie ci appaiono distorti esattamente per questo effetto, perché magari nella linea di vista la luce che da loro proviene si trova a pesare vicino ad un concentrazione di massa particolarmente elevata (ammassi di galassie o altro). 

E’ interessante notare che i fenomeni legati alle lenti gravitazionali furono previsti dalla teoria appena dopo l’introduzione della teoria della relatività generale (che ricordiamo fu elaborata da Albert Einstein e pubblicata nel 1916) , per quanto per averne conferma empirica si sia dovuto aspettare molti decenni: le prime osservazioni di lenti gravitazionali risalgono infatti soltanto alla metà degli anni ottanta. Del resto, un modello teorico che “funziona” quasi sempre ci regala predizioni che risultano “avanti” rispetto alle tecniche osservative, le quali poi raffinandosi pian piano, arrivano sovente a porre problemi che mettono il modello in crisi. In un continuo gioco al reciproco superarsi, che è il cuore stesso del progresso scientifico così come noi lo conosciamo.

Da uno spunto di spacetelescope.org

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