Le lenti gravitazionali sono strumenti formidabili per investigare l’universo lontano, ne abbiamo parlato diverse volte: dalla deviazione dei fasci luminosi ad opera di una grande concentrazione di massa, possiamo conoscere importanti dettagli di oggetti lontanissimi. In più, sono strumenti che non dobbiamo allestire noi (come potremmo?) ma la natura stessa ci mette assai amorevolmente a disposizione. In fin dei conti non si tratta di inventarsi nulla ma di sfruttare intelligentemente quello che c’è.

Prendiamo il caso dell’ammasso di galassie Abell 383. In pratica, un bel grumo di galassie e materia oscura, a circa 2,5 miliardi di anni luce da noi. Con la sua massa enorme è una potentissima lente gravitazionale, ma per usarla veramente bene bisogna calibrarla – il che vuol dire, in questo caso, arrivare ad una stima della massa totale (per poter valutare la deflessione dei raggi luminosi che essa opera). Come dire, la lente è già in posizione, la troviamo bella e pronta all’uso. L’unica cosa che ci manca è il foglietto delle istruzioni, dove viene dettagliato il potere di ingrandimento della medesima. Per la lente ottica il fattore di ingrandimento è determinato dalla curvatura delle superfici, per la lente gravitazionale è semplicemente il valore della massa.

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L’ammasso Abell 383 Crediti: NASA, ESA, C. McCully (Rutgers U.) et al.

Per prima è l’attesa, potremmo dire (perdonate la sfacciata autopromozione, ma non ho resistito…!). Sì perché gli scienziati hanno capito che per calibrare questa lente così sui generis non bisogna far nulla, soltanto… aspettare. Sì. Aspettare che una supernova – non una qualsiasi, ma di un tipo molto specifico – capiti dietro l’ammasso di galassie, e poi cercare di capire dalle osservazioni quanto la luce della supernova sia stata enfatizzata dalla nostra lente cosmica. Questo perché delle supernovae sappiamo ormai molto, e ci sentiamo abbastanza sicuri – non sempre, ma in alcuni casi sì – della luce che producono. E’ una delle tecniche più’ affidabili per la “messa a punto” di queste lenti.

Nell’immagine di Hubble  l’ammasso di galassie A383 esibisce le sue capacità di lente gravitazionale, sulla destra, distorcendo pesantemente le galassie poste dietro al centro dell’ammasso. Ma guardate adesso i pannelli di sinistra: si vede una galassia lontana in due momenti diversi, prima e dopo la recente rilevazione di una supernova. Capirete bene che il trovare un oggetto familiare agli astronomi, a così grande distanza, dice tutto: è un aiuto insostituibile per comprendere cosa davvero succede alla luce attraverso la lente di A383. Come dire, non sappiamo che lente sia, ma siccome sappiamo di che tipo è la lampadina posta dietro la lente, possiamo facilmente arrivare a determinarne le caratteristiche proprio osservando come ci arriva questa luce.

Questo, abbozzato molto rozzamente (lo avrete riconosciuto) è il concetto di candela standard, mai troppo enfatizzato in astronomia. Ebbene, una particolare classi di supernove, le supernove “di tipo Ia” si dimostrano eccellenti, per questo ruolo. Per la cronaca, non è il solo caso di questo tipo: sono state trovare supernovae così “affidabili” anche dietro ad altri due ammassi di galassie, all’interno del progetto CLASH.

Dunque per guardare lontano non è necessario chissà quale sforzo; è ben più importante sfruttare quello che abbiamo a disposizione. L’universo stesso ha cura di fornirci i mezzi per conoscerlo – a noi l’approfittarne!

Derivato da APOD  5.5.2014

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