Scienza ed arte sono due formidabili strumenti conoscitivi, con i quali l’uomo esplora l’universo ed esplora anche le profondità di se stesso. Non è una novità ma è bene ogni tanto riflettere su quanto questi differenti metodi di indagine si muovano (in qualche modo) lungo una di medesima linea guida temporale Palesando, a volte, sorprendenti analogie tra i due ambiti, a prima impressione così diversi.

Un momento. Abbiamo esagerato, forse? Cosa ha a che vedere l’osservazione del mondo, che pensiamo governata da rigorose regole oggettive, con l’estro e la creatività dell’artista, che in forza della sua genialità, del suo talento, si erge libero da condizionamenti esterni e pronto per sondare gli ineffabili abissi del proprio personale sentire?

A prima vista sembrerebbe lecito poter dire che scienza ed arte procedano su due binari diversi. Certo, ci possono essere delle suggestioni e degli incroci. Nessuno lo nega. Ma in fin dei conti la realtà è questa, ed è che queste discipline viaggiano separate, ognuna nel suo mondo.

Si potrebbe dire così. Quanti di noi si sentirebbero di condividere questa idea? Credo molti.

Eppure. Eppure c’è qualcosa di più, probabilmente. Vi sono delle configurazioni, dei pattern, delle strutture di base, che curiosamente si ripresentano quasi immutate, nel tempo, attraversando le rispettive discipline. Azzardo… Dei modi di vedere il reale che abbiamo maturato, come uomini e donne, e possiamo dunque finalmente rilevare noi stessi all’esterno (e all’interno di noi). Un po’ come se avessimo messo a punto un dato strumento e finalmente possiamo raccogliere i dati che questo ci consente di osservare: quei dati che prima rimanevano a noi celati.

Certe strutture, architetture di pensiero si ritrovano come evidenze trasversali e quando si trovano uno – non può che rimanerne colpito. Considerate questa figura (un “furto” dal lavoro della collega ed amica Giorgia Busso)

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Ora consideratela di nuovo, messa accanto ad un’altra, ben più conosciuta…

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Non trovate una serie di sorprendenti rassomiglianze? Cioè, in altre parole, non trovate che sono come la declinazione di una medesima idea, l’estrinsecazione di una medesima maturità percettiva?

Ebbene, la prima è un diagramma di lavoro (in verità, nasce addirittura da uno errore in un codice) ottenuto nel corso di una indagine scientifica, la seconda è il ben più famoso dipinto di Paul Klee chiamato Polifonia (1932).

Non ci sono altre parole. Io rimango incantato ad osservare le similitudini di due immagini ottenute in modi e contesti apparentemente così differenti. Che ne pensate? Solo suggestione occasionale, o c’è davvero qualcosa sotto, c’è qualcosa che lega di profondo che lega queste due immagini?

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