Blog di Marco Castellani

Mese: Giugno 2014

Fare più arte

C’e proprio poco da fare, nei diagrammi a blocchi. Sei abbastanza vincolato, una volta che imbocchi una strada devi percorrerla valutando logicamente le varie domande, regolandoti di conseguenza. Lo vedi bene se sei un po’ in mezzo alla faccenda dei linguaggi di programmazione, ad esempio. Lì spesso la prima cosa da fare, prima di scrivere anche solo una riga di codice (insegnano) è quella di stendere un diagrammi a blocchi.

E questo aiuta. Eh sì, perché la mente tende ad utilizzare un approggio fin troppo analogico, vagando da una all’altra possibilità, inventandosi stadi intermedi, possibilità di decisioni ibride, di non decisioni. La mente è specializzata nel ragionamento dove si spalmano insieme tutte le varie ipotesi; spazia in uno stadio di soluzioni intermedie dove a volte la catena virtuosa che dall’evidenza di uno stato di fatto porta ad una azione, viene drammaticamente depotenziata.

Così anche nell’ambito dell’arte, questo non è certamente meno vero. C’è il rischio di rimanere impastati a dar credito a quella insidiosa vocina che ti dice ma lascia perdere, ma cosa vuoi scrivere tu, proprio tu… (chi conosce la trasmissione radiofonica 610 con Lillo e Greg, potrà ricordare il riuscitissimo schetch del demotivatore, al proposito).

Tutto questo per dire che quando ho visto il diagramma pubblicato da Jeff Goins, nella sua splendida semplicità, mi sono sentito immediatamente colpito. Ho sentito che smascherava tante (mie) strategie procrastinatorie, tanti collaudati apparati generativi di scuse e pretesti.

Non c’è ragione per non fare più arte, ecco il messaggio rivoluzionario (perché non bisogna essere così originali per riconoscere che l’arte è comunque rivoluzionaria, combatte una efficacissima battaglia contro le consuetudini e la vita di superficie, così cara ad ogni potere, di ogni tipo e natura).

MakeMoreArt

Sei un artista se produci arte, a prescindere dalla valutazione che ne puoi dare. Chi è uno scrittore? Uno che vende libri? Che guadagna dalla scrittura? No, è uno che scrive. Semplice. Ma essenziale.

E se non trovo alcun errore logico, devo convenire che la risposta è solo una: fai più arte.

Sii più rivoluzionario. Sii un artista. 

Troppo bello per essere vero? No, affatto. Piuttosto, tanto bello che non può che essere vero.

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Estate in osservatorio, imparare divertendosi

Estate tempo di svago e divertimento. E’ anche giusto: dopo un anno trascorso faticosamente sui banchi di scuola o in ufficio, è giusto e doveroso prendersi un periodo per riposare mente e corpo. Nulla vieta, però, di poter utilizzare parte di tale riposo per imparare e stupirsi, magari di come funziona l’universo sopra la nostra testa. Soprattutto se c’è la possibilità di farlo in maniera divertente e affidandosi a professionisti del settore.

Per questo l’Osservatorio Astronomico di Roma si presenta sullo scenario estivo con due offerte decisamente ghiotte, ottime possibilità (per chi fosse in zona) per incontrare nuovamente il fascino indiscutibile dell’esplorazione dello spazio e di ciò che contiene, contaminato simpaticamente con musica, spettacoli, racconti e insomma tutto ciò che anche l’arte può dire quando si interroga sul cosmo.

La prima iniziativa che dettagliamo  riguarda la Settimana Sotto le Stelle 2014, che – come vedete dalla locandina qui sotto (cliccate per vederla in pieno formato) si articola dal 15 al 22 giugno. Vi invito a leggere attentamente il programma, perché ogni giorno vi sono motivi di interesse e soprattutto perché l’approccio interdisciplinare alla scoperta del cosmo promette di imparare in maniera leggera e soprattutto emozionandosi divertendosi. 

settimana sotto le stelle

Per i giovani scienziati l’Osservatorio propone una vera e propria scuola estiva, la Astro Summer School, dal 16 al 21 giugno. Anche qui l’invito è a prendersi qualche istante per leggere attentamente il programma: potrete convenire che è fitto di incontri interessanti su argomenti di indubbio fascino! Va da sé che è garantito il rigore espositivo ma certo non a scapito della piacevolezza di approccio: dopo tutto è una scuola estiva. Il prezzo è contenuto: con venti euro è possibile seguire tutta la scuola, senz’altro – per un ragazzo tra gli otto e i tredici anni – una occasione preziosa per spalancare la mente e la curiosità sui fenomeni del cielo, approfittando  della disponibilità degli esperti del settore. E’ possibile comunque, al prezzo modico di quattro euro, seguire delle singole giornate, che si sviluppano con un criterio monografico.

summer school

Per ogni informazione il sito è www.oa-roma.inaf.it/diva, la pagina Facebook è http://www.facebook.com/INAFOAR ed infine è disponibile un indirizzo mail, diva@oa-roma.inaf.it.

Che altro dire? Segnatevi le date in agenda. Noi vi aspettiamo numerosi e soprattutto… curiosi! 🙂

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Hubble profondo 2014

E’ senz’altro una di quelle immagini astronomiche destinate a fare rapidamente il giro di siti (ben oltre quello di APOD, da dove l’ho presa), giornali online, riviste. E ne ha tutti i motivi, perché mostra meglio di tante altre la bellissima e quasi commovente varietà di galassie che ospita il nostro universo. Si chiama Hubble Ultra Deep Field 2014, il campo ultra profondo di Hubble 2014. E che sia profondo è fuori di dubbio: le galassie più deboli sono circa dieci miliardi di volte meno luminose delle stelle visibili ad occhio nudo (come dire, scordatevi di ammirare dal vero una cosa simile anche nelle notti più buie, a meno che non vi troviate con un ottimo telescopio in orbita al di fuori dell’atmosfera terrestre, il che credo sia abbastanza improbabile). 

HubbleDeep2014

Image Credit: NASA, ESA, H.Teplitz and M.Rafelski (IPAC/Caltech), A. Koekemoer (STScI), R. Windhorst(ASU), Z. Levay (STScI)

Proprio le galassie più deboli nell’immagine, lo sappiamo (c’è di mezzo il fatto che la luce si propaga con velocità finita), sono le più antiche, e rappresentano qui l’universo come era appena centomila anni dopo il Big Bang, o giù di lì: molto molto giovane, se lo confrontiamo con l’età attuale. A proposito, per l’età dell’universo, in caso di dubbio, basta chiedere a Google, e la risposta – alla luce delle conoscenze attuali – risulta piuttosto accurata.

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Permettetemi una divagazione astroinformatica su questo. Ecco, sembra niente. Ma son cose che, mentre mi aprivo agli studi di astronomia, non erano certo possibili. Nemmeno pensabili. E questo per diversi ordini di motivi. Da una parte, ovviamente, verso la fine degli anni 80 non c’era Google (è stata fondata il 15 settembre del 1997, diciamo l’altro ieri, in pratica).  Poco male, nessuno ne sentiva la mancanza, perché non c’era nemmeno Internet, dopotutto. E quindi Google non sarebbe servito a niente.

Ma non è solo quello.

E’ che anche avendo avuto Google, la risposta non sarebbe certo stata così netta. Perché le idee sull’età dell’universo erano varie e per molti versi contraddittorie: ancora negli anni 90 si spaziava tra meno di dieci (come da considerazioni cosmologiche) a circa il doppio (per quel che sembrava indicare l’evoluzione stellare). Se ci pensiamo, è sbalorditivo che a distanza di pochi anni, tutto sommato, possiamo dare una stima ragionevole dell’età dell’universo con una incertezza assolutamente minore di quella di allora. Se ci pensate, potrete convenire sul fatto che viviamo in un momento straordinario, in tutta la storia dell’uomo. E’ il primo momento in cui possiamo iniziare a dire realisticamente quando è vecchio, quanto è grande l’universo in cui viviamo.

Certo poi nella scienza, come è ovvio, tutto può cambiare. Quello che possiamo dire davvero è che il miglior modello che interpreta la realtà fisica (su cui al momento c’è una confortante convergenza di una gran quantità di addetti ai lavori) ci restituisce la risposta di Google. 

Senza essere retorici, è abbastanza meraviglioso il fatto che noi, così piccoli, siamo riusciti a maturare una conoscenza così precisa dell’universo che ci contiene. E’ vero, tante cose non le sappiamo, dobbiamo rimanere umili. Ma questi sono ugualmente dati esaltanti, che bel fanno da corollario ad una immagine straordinaria. Non trovate?

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Durante la salita

Che poi, è quello che ci definisce durante le azioni minime che parla molto di più di tanti proclami o anche di tanti comportamenti “eroici” che possiamo mantenere in determinate situazioni più o meno cruciali, più o meno eclatanti. E’ proprio quando le luci del sipario sono spente (o pensiamo che lo siano) che si vede davvero l’umanità dell’attore. E e azioni minime rivelano molto di noi stessi, di dove appoggiamo il nostro cuore, del posto dove ci abbeveriamo per la nostra sicurezza. Vedersi in azione è scoprire quello che ci fa vivere, è davvero un processo dinamico, un lavoro eminentemente sperimentale, non accademico.

Pensavo stamattina qualcosa così. Pensavo a come sarebbe bello essere definito durante le azioni minime, quotidiane: quella senza una apparente gloria in se stesse, quelle che – per la nostra testolina limitata – fanno appena da ponte per rendere possibili altre azioni, certamente più pregnanti e degne d’esser ricordate. Pensavo ma chi mi vuole bene durante la salita del garage? Una cosa completamente ordinaria: accendi la macchina, giri due curve, apri il cancello con la chiave magnetica (il telecomando, per i più facoltosi) e fai la salita. Una manciata di secondi appena, tutto qui.

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 Sì’, d’accordo – dico io – ma chi mi vuol bene in questo momento? Tu dici, ma che ti importa? Stai andando al lavoro, hai le cose da fare, poi torni a casa e certo trovi tua moglie, i figli. Hai gli amici. Insomma non ti manca niente. Sì ma adesso? Insisto io. Chi ha il tempo e la voglia di pensare a me adesso? Io sono fatto così, se credo che nessuno mi voglia bene da morire ora, in questo momento, qualcosa inizia ad andare storto, qualcosa subito appassisce, l’entusiasmo si stempera, le paranoie avanzano. Insomma non mi ci trovo bene a non sentirmi amato da pazzi.

Lo confesso. Normale o no, io ho una fame di amore pazzesca, forse esagerata. Se cerco di mettermi in salvo con una serie di strategie mentali mi stanco e non ottengo quasi nulla. Tutto il repertorio di raccomandazioni moderne e un po new age di imparare a volersi bene da soli va subito fuori giri – come un motore a frizione abbassata – se non c’è Qualcuno che mi vuole bene prima di tutto. 

E anche le azioni minime vanno a pallino.

L’ho ben capito, sono le azioni minime quelle dove rischio di sentire di più il vuoto, di essere colpito da quelle momentanee ma brutali assenze di significato, che mi schiantano e mi confondono. Chi mi sostiene, tra una “grande impresa” e l’altra? Nella vita ordinaria, come me la cavo? E’ anche una questione di non accontentarsi. Di desiderare un amore che ti abbracci e ti accompagni sempre, anche e soprattutto nelle azioni minime. Non essere mai solo anche nelle azioni più piccole, quotidiane. Ma chi mi vuol bene durante la salita del garage? 

Tutto parte dalla consapevolezza di essere amata, quando hai capito quello, è fatta.

Sto leggendo in questi giorni il libro di Costanza Miriano Obbedire è meglio. Mi piace molto, ha uno stile semplice ed accattivante, un sapore di vita in corso. E’ tutto trapuntato dalla convinzione che (contrariamente a quanto ogni persona moderna e “libera” ritiene di dover pensare) essere cristiani conviene. Sì, perché sul fatto che si possa essere cristiani i più ormai non si stracciano le vesti. Dopotutto, dicono, siamo liberi. Ma sul fatto che convenga esserlo, questa è tutto un altra cosa. E’ tutta un’altra pretesa, questa. 

E tra un episodio e l’altro di vita familiare ti imbatti in queste illuminazioni (quasi alla Rimbaud, con le dovute differenze). Perché è così, è lasciarsi andare ad essere amati. Anche quando fai la salita del garage. E allora – nel momento in cui lo capisci, cambia tutto. Fare la salita del garage sapendo di essere amati sempre e comunque è tutta un’altra cosa, dovreste provare (a me a dir la verità capita ancora poco ma quando capita è una festa: mi viene perfino da sorridere ed essere di nuovo amico del mondo).

Nel momento in cui lo capisci. Nel momento. Perché è una cosa dinamica. Non è che te lo metti in scarsella per sempre. Ogni volta devi decidere, decidere se dire di sì. Se starci. 

“La libertà dell’uomo è sempre nuova e deve sempre nuovamente prendere le sue decisioni. La libertà presuppone che nelle decisioni fondamentali ogni uomo, ogni generazione sia un nuovo inizio” (Benedetto XVI, Spe Salvi)

Ogni uomo… ogni momento. Il gioco è iniziare sempre. Perché, secondo me, uno prima di tutto non crede in un Mistero amorevole per un “dovere” o un senso etico. O perché si è convinto leggendo dotti trattati di teologia. Uno si affida (o piuttosto, ritorna continuamente ad affidarsi, appena può, appena si rende un pochino conto) per un senso di convenienza personale, perché si vuole bene. Perché le cose funzionano meglio, i meccanismi girano più oleati. Ed è conveniente lasciare entrare un Amore che avvolge, avvolge e ti corrisponde come un guanto. Tanto che a volte questa convenienza ti brilla così davanti (o magari brilla nei volti di un amico, o anche di un illustre sconosciuto) che ti stufi perfino di resisterGli, e sono momenti benedetti.

“La sostanza della santità è la docilità, mentre vivere secondo la carne è voler controllare tutto.” Costanza hai ragione, accidenti. Finalmente detto in questo modo la cosa mi suona interessante. Perché c’è l’amabile rischio, una buona volta, di rilassarsi un po’. Di affrontare la salita del garage con un sorriso (a costo di farsi guardar strano dai passanti, appena sbuchi fuori).

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