E’ la sera di martedì 26, sono al Meeting. Dopo l’incontro tanto atteso – Davide Rondoni che legge le poesie di Mario Luzi – ancora piacevolmente contaminato dalla bellezza intravista, ascoltata, respirata, raggiungo gli amici al ristorante. Si sono fermati lì a parlare, c’è anche una coppia di tedeschi. Il marito molto gentile si alza per pagarmi da bere, quando arrivo. Qualcuno lo dice, Ma lo sai che Marco scrive poesie? E poi la domanda si gira direttamente a me, la domanda prevedibile, ragionevole, conseguente, Ci fai leggere qualcosa? 

Al di là del momento di imbarazzo (accipicchia: ho appena regalato l’ultima copia che mi ero portato dietro del mio libretto In pieno volo) questo mi fa pensare. Avere qualcosa di proprio, da mostrare, se serve. Avere qualcosa di proprio – soprattutto – da portare con sé. Se uno scrive le poesie è per questo, perché si installino come un ammortizzatore, tra te e il reale. Per levigare gli spigoli, per digerire le circostanze. Dopotutto non è troppo male portarsele appresso, queste poesie.

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Ti leggo qualcosa di mio… 

Photo Credit: pedrosimoes7 via Compfight cc

Ma nemmeno sul telefonino? Insiste l’amico, giustamente. No, veramente… e intanto penso che qualche modo tortuoso pur ci sarebbe: dopotutto le cose stanno su Dropbox, ma dovrei arrivare alla cartella giusta, vedere se riesco ad aprire il file pdf o World dall’iPhone, cercare poi una certa poesia dentro il documento… non certo una cosa immediata. 

Corro il rischio che quando sono finalmente pronto se ne sono già andati tutti (e io perdo anche il passaggio in macchina verso l’albergo, cosa assolutamente disdicevole).

Vabbé: albergo a parte.

C’è qualcosa di più.

Perché in fondo scrivere, cos’è?  E’ cercare di generare quelle parole (e sequenze di parole)  che cerchi, e che non trovi altrove – o non trovi esattamente come cerchi. E quindi averne compagnia, con tutta le imperfezioni possibili, non è troppo sbagliato.

Le poesie soprattutto: quelle ti fanno davvero compagnia, ti lasciano sempre addosso – a rileggerle – un po’ di quel tentativo di dolce interpretazione del reale, che hai messo in atto quando le hai scritte. Così ne puoi spremere sempre un po’ di succo. E ti riscaldi nei passaggi che trovi riusciti, e non puoi evitare una punta di dolore per le parti che a tuo avviso sono ancora, in qualche modo, incompiute. Ma sempre ti coinvolgono.

Oppure può capitare, appunto, di avere una richiesta da soddisfare. E anche questo è onestà: rispondere di come si è. Sei scrittore se scrivi. E se sei scrittore è normale che ti chiedano. Rispondere alla vocazione, accoglierla: in fondo non ci è chiesto che questo. E non serve alcuna coerenza, alcuno sforzo sovrumano.

Serve solo questo, di volersi bene. Almeno un po’.

Perciò ho iniziato a riversare sul mio account Wattpad le mie poesie pubblicate: parto dal libretto “Anni diVersi”, perché è stato pubblicato ormai alcuni anni fa, e mi fa piacere ripercorrere ora quelle poesie, riguardarle e comprendere cosa è cambiato, cosa invece è rimasto come struttura costante immodificabile,  come architettura portante della mia espressività.

Vabbé ma Wattpad cosa c’entra?

Senza andare sul tecnico (che c’è l’altro blog per questo) direi che questo Wattpad – che io ho scoperto da pochissimo, ma lui esiste da tempo – ha qualcosa, ha una fisionomia che mi piace abbastanza. Si può usare facilmente sia dal computer che da un tablet o perfino da un telefonino; c’è l’applicazione gratuita e funziona piuttosto bene, in verità. Riversando i testi su quella piattaforma, potrò disporne ovunque abbia la connessione.

Mi piace anche che ogni composizione si possa votare e commentare. Un pizzico di interattività non fa male. Mi piace che uno possa “seguire” il mio profilo ed essere avvisato ogni volta che aggiungo del materiale (sì, può accadere che uno sia così disturbato da voler fare ciò). Ho riversato su Wattpad anche le mie piccole storie su Giada, che a dire la verità sono ferme da un po’. Non mi dispiacerebbe proprio avere dei suggerimenti, delle indicazioni sui temi attorno a cui sviluppare le prossime puntate. Perché Wattpad, tra l’altro, si presta benissimo ad una pubblicazione periodica di una serie di episodi.

Beh, una cosa per volta. Anche diventare popolare su Wattpad (sì, sì, mi piacerebbe, non posso negarlo) non è cosa di un minuto. Per intanto, sto mettendo riparo al Ci fai leggere qualcosa… Siccome non giro mai senza qualcosa di elettronico appresso (lo so è quasi una patologia, ma ognuno ha le sue, del resto) siete avvisati che – da ora – se chiedete di sentire qualcosa di mio, potrete ascoltarlo davvero… 

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