«IL CASO NON ESISTE. Perchè le cose incredibili accadono tutti i giorni», di David J. Hand, Rizzoli Edizioni. Recensione a cura di Stefania Genovese.

CasoNonEsisteIl libro inizia con una prefazione di Marco Malvaldi decisamente intrigante, e che solletica la nostra curiosità su quanto sia importante e fondamentale la sperimentazione nella scienza. Il curatore infatti riporta brani di un famoso e feroce dibattito tra il gesuita Orazio Grassi e Galileo Galilei riguardo l’origine di un inusuale spettacolo celeste (tre comete ignote apparse nel cielo sopra Firenze, nel 1618): in seguito leggiamo di altri aneddoti tratti dalla vita reale, mentre lo stesso Malvaldi invita ad approcciare il libro con una forma mentale «aperta» e «ludica» in quanto l’autore, ha sì corredata la sua opera da regole e ferree statistiche matematiche, ma ha anche invitato il lettore a riprodurre e comprovare le sue asserzioni che inducono a considerare, quanto eventi straordinariamente improbabili possano accadere con ragionevolezza, e per quale motivo continuino ad avvenire nel mondo fatti incredibilmente inverosimili.

Gli esempi riportati sono molteplici; dall’uomo colpito sette volte da un fulmine, all’avvocato scampato alla morte in numerose occasioni durante diversi attentati mondiali, a coincidenze significative ma inusuali occorse a celebri personaggi che, decisamente non solo sbalordiscono, ma fanno sorgere domande riguardo l’apparente aleatorietà e inintelligibilità del caso, e soprattutto se esso necessiti di spiegazioni realistiche o piuttosto sia costituito da eventi sconcertanti e da arbitrarie forze invisibili…

Detto ciò, l’autore si cimenta a svelare questo mistero, introducendo il principio di improbabilità secondo cui eventi estremamente improbabili sono comuni, ed anche il principio di Borel, il quale asserisce che eventi sufficientemente improbabili sono impossibili…Superfluo aggiungere che da buon matematico, D. Hand è fedele al celebre postulato logico Popperiano : <<…Le regola secondo cui si devono trascurare le improbabilità estreme … concorda con l’esigenza dell’ oggettività scientifica>>.

E non possiamo che plaudere ed essere tutti concordi con le sue affermazioni e restare intrigati da tutti i simpatici racconti di cui l’autore ha corredato il libro per sostenere questa massima; tuttavia nel secondo capitolo, quando l’autore affronta le superstizioni, le profezie, le chiaroveggenze, il deismo, i messaggi soprannaturali, pur condividendo «in toto» le argomentazioni che confutano queste forme insane di ignoranza e cieco fideismo, e, riconoscendogli un’ ottima acutezza nel scegliere a sostegno delle proprie tesi, esperimenti ed elaborazioni sociologiche (da Skinner a Merton ad esempio), ho trovato una nota veramente stridente…Premetto che anche io come sostenne il celebre Carl Sagan, continuo a ritenere che «Il mondo sia infestato dai demoni» cagionati dall’analfabetismo scientifico e dall’imperante superficialità ed ignoranza, e che quindi sia necessario sottolineare quanto siano stati detrimenti e lo siano tutt’ora per l’intera umanità le cieche e fanatiche credenze, ed il pensiero cosiddetto «magico», tuttavia non ho assolutamente apprezzato che l’autore abbia accluso la teoria della sincronicità junghiana nell’alveo dell’ESP, del paranormale e delle false credenze, denominandola al pari delle altre come una delle «crepe» che hanno inficiato la visione della natura basata sull’Universo meccanicistico del XX secolo!

A tal proposito, quasi eccessiva stima tributata da parte dell’autore, al prestigiatore James Randi dello CSICOP, artefice di numerosi sconfessamenti di presunte attività paranormali, e che si adoprò nel mostrare quanto fossero ingannevoli e truffaldine le presunte capacità ESP e precognitive di Uri Geller e di altri famosi medium! Non è comunque, mia intenzione, confutare le sue tesi e tantomeno affermare che il paranormale esiste, ma in questo scrittore ho notato, nei capitoli iniziali, proprio una sorta di fondamentalismo e riduzionismo scientifico che risaltano come antitetiche alla sua chiara dialettica ed alla sua incontestabile capacità di comunicare in modo semplice e simpatico quanto sia importante sperimentare e porsi dei ragionevoli dubbi sulla reale influenza del caso nella nostra vita! Non condivido la valutazione da lui compiuta, riguardo la sincronicità junghiana come sorta di precognizione favolistica perchè esente da logiche comprove sperimentali. Infatti in questo libro più volte la descrive servendosi di spunti tratti da opere junghiane, (vedi bibliografia), estrapolati qua e là, e la confuta con affermazioni scontate ed eccessivamente semplicistiche…

Dopo aver letto ciò, la mia lettura si è come arrestata e la fruizione del libro ha iniziato ad assumere toni polemici, avendo percepito nell’autore, per quanto concerne il campo psicoanalitico, una specie di «regresso» intellettuale…

…Eppure il libro è scritto veramente bene…

dice-161376_640Procedendo ne ho comunque dedotto, che, a sua difesa, lo stesso è proprio una «creatura» generata da un valente matematico che, non solo non aveva molta simpatia e dimestichezza con la psicoanalisi, ma molto probabilmente, non era purtroppo a conoscenza dei recenti studi condotti in ambito fisico e neurofisiologico, e tantomeno di come un suo illustre collega, Pauli, avesse cercato di trovare un’evidenza scientifica alla teoria della sincronicità, dialogando con lo stesso Jung e come molti altri ne avessero seguito l’esempio…

Io non posso che plaudere alla sua critica verso il soprannaturale; non posso che sottoscrivere che il principio di improbabilità offra una spiegazione alternativa che trova il proprio fondamento nella scienza invece che nel soprannaturale. Ma «gettare al vento» la sincronicità junghiana perchè difficilmente traducibile o riproducibile in statistiche matematiche, mi sembra proprio comporti la negazione di quella dialettica interdisciplinare e di confronto che sta alla base di quella stessa scienza che deve, sì « relegare» i falsi miti, ma anche confrontarsi con dinamiche apparentemente inconciliabili per sussumerne principi di convergenza atti al progresso scientifico e umanistico della nostra società.

Molto probabilmente c’è una grande differenza tra la «forma mentis» di un matematico puro e quella di matematico-filosofo.

Il primo rimane rigidamente ancorato ai cardini fissi e schematici delle equazioni, il secondo concede «caute» osservazioni e possibili applicazioni anche alle forme di sapere prelogico o non completamente falsificabili esperenzialmente). Tuttavia David Hand, nei capitoli successivi cita la famosa scommessa di Pascal sull’esistenza di Dio e si mostra mentalmente «duttile» riguardo la religione… Le sue riflessioni procedono analizzando il gioco d’azzardo e l’economia, ad esempio, dimostrando come esse abbiano controbuito alla formalizzazione dei concetti di probabilità, inoltre si avvale di svariate citazioni di filosofi e matematici per confermare quanto, sempre nell’analisi del caso, piccole differenze nelle condizioni iniziali possano in certi tipi di sistemi amplificarsi rapidamente fino a produrre conseguenze su scala enorme:infatti arriva a citare, con toni critici, ad esempio, anche l’effetto farfalla coniato da Edward Lorenz.

Ma tutto ciò porta sempre a dimostrare che, a suo giudizio, il passaggio dall’universo meccanico all’universo probabilistico, iniziato un secolo fa, sia completo… «Viviamo in un Universo dominato dal caos e dalla incertezza…il caso ha le sue leggi e tale leggi sono le fondamenta della probabilità» … Tutto ciò si riscontra nelle applicazioni pratiche più disparate dalle lotterie alle classiche «soffiate in Borsa» e si basa anche sulle legge dei numeri grandi…I paragrafi dei suoi capitoli si susseguono con titoli veramente allegri che smorzano i toni schematici e logici delle leggi applicate da Hand, come «Fulmini, golf e magia animale», e «Noci, tiro con l’arco e frodi finanziare».

Decisamente questo illustre scrittore è anche un arguto colloquiante, ben consapevole come sia più facile «far digerire» mentalmente ostiche leggi matematiche, se applicate ad aneddoti curiosi e storielle di vita vissuta.

Naturalmente pur tra matematica e statistica, anche la psicologia spicciola ha il suo bel dire; dal momento che se Bohr asseriva che il futuro è difficilmente prevedibile, è pur vero che guardando indietro a ciò che è realmente accaduto, anziché guardare avanti e cercare di vedere cosa accadrà, ciò fa cambiare le nostre probabilità di avere ragione, trasformando l’incertezza in certezza…Questa è la postdizione altamente contrapposta alla predizione… (vedi 11 Settembre 2001; se non si fossero sottovalutati dei segni premonitori che stavano per organizzare un attentato, non ci sarebbe stato questo eccidio ). E in questo caso è presente una componente umana, un atteggiamento mentale denominato «Hindsight bias» o errore del giudizio retrospettivo, legato alla stessa legge di selezione… Correlato alla legge delle selezione c’è anche il principio antropico che Hand spiega approfonditamente, per poi procedere ad analizzare la legge di probabilità, che sostiene come lievi differenze sul nostro modo di pensare possano avere effetti davvero pesanti sulla probabilità; questa legge trova attuazioni concrete nell’economia finanziaria, nel gioco d’azzardo,nella concezione dell’Universo, e spiega anche un celebre esperimento ESP attuato da Alister Hardy… Nel capitolo 8 troviamo la spiegazione e la applicazione della legge delle prossimità sufficiente, che insorge quando cerchiamo di vedere se una concordanza specifica ha luogo in un punto specifico e quando in seguito allarghiamo il nostro criterio per vedere se quella coincidenza si verifica in un punto qualsiasi…Ecco perchè l’effetto prende il nome di «guardare oltre».

Anche qui l’autore si destreggia tra teorie sociologiche e analisi matematiche regalandoci in fine, due simpatiche citazioni tratte dalle opere di Piazzi Smyth, e di Charles Dickens. Nel capitolo successivo inoltre riprendendo un caso junghiano citato dallo stesso psicanalista, e addentrandosi nelle facoltà della mente umana, dimostra (a suo giudizio) che ancora una volta le coincidenze sono gli esempi di come l’esigenza subconscia sia sempre presente nell’uomo, poichè si tendono sempre a cercare schemi regolari negli eventi che ci accadono!

Anche questa volta la sincronicità junghiana è «demolita» grazie al principio di improbabilità; soprassediamo…

Procedendo: inoltre quante sorprese ci regala la psicologia umana? Mai sentito parlare di feedback e dei suoi meccanismi? E che dire di come spesso sovrastiamo gli eventi, e sottostimamo le probabilità alte, generando così l’effetto possibilità? Ad esempio nella celeberrima affermazione : «Si deve giocare per vincere»…Insomma niente da eccepire; Hand ha ampiamente esposto come sia possibile passare dagli elementi costitutivi del principio di improbabilità che discendono dalla fisica, a quelli che discendono dalla psicologia; dagli elementi che sono un risultato inevitabile del modo in cui funziona il mondo, a quelli che sono il risultato della nostra visione del mondo. Giustamente, è palese che le due componenti possano interagire, amplificando il principio e rendendolo così ancora più potente…

Tornando alla ricerca di «verità assolute» nel penultimo capitolo l’autore scrive: «La scienza ci fornisce una strategia per cercare delle spiegazioni, non per trovare verità assolute. E’ stato detto infatti che se si vuole la verità assoluta, bisogna rivolgersi alla matematica pura o alla religione, non certamente alla scienza…nella matematica si definisce il proprio universo in modo da poter stabilire con sicurezza la verità assoluta al suo interno. E la religione, in quanto espressione di fede, è una dichiarazione di credere in verità assolute». (Forse in questo caso l’atteggiamento dell’autore vuole essere un po’ in stile husserliano…Probabilmente per quanto riguarda la religione la sua è una velata sospensione del giudizio…Non si è tuttavia prudentemente «astenuto» anche verso la psicoanalisi! Anche se qualcuno potrebbe obiettare che sono campi diversi e che la religione ha più valore e dignità della disciplina di Freud e Jung, io vorrei sottolineare come Hand abbia eluso così furbescamente la possibilità di «sezionare» la religione e di applicarle le varie leggi sulla probabilità descritte esaurientemente e capziosamente in tutto il libro…In fondo per lui, è sempre risolutivo ed esaustivo il riferimento a Blaise Pascal riportato in un precedente capitolo…

La vita, l’Universo, il tutto, la stessa evoluzione, i principi astronomici, come quello copernicano e di mediocrità, le ottimizzazioni stocastiche, le grandi leggi della fisica sono oggetti del caso ma di un caso che è sempre razionalizzabile e scansionabile da leggi…Hand poi mi soprende molto quando, sempre nel penultimo capitolo, avvalora la possibilità dell’esistenza del Multiverso, asserendo che: «Non si tratta di una futile fantasia, ma della logica conseguenza di una teoria solida,che nasce da profonde considerazioni basate sulla teoria dei quanti e sul principio di incertezza, e si accorda con il modo in cui sappiamo che l’Universo si è espanso nel corso del tempo…».

Decisamente una affermazione rivoluzionaria e progressista, non c’è che dire! Continuando nella disamina del libro scopro nell’autore una «verve» molto particolarizzata e quasi umoristica, mentre descrive la suddivisione del principio antropico fino ad arrivare a cio che Gardner ha definito «CRAP» ossia il principio antropico completamente ridicolo.

Nell’ultimo capitolo poi egli sottolinea come le leggi che costituiscono il principio di improbabilità, e che in conclusione, consentono ad eventi estremamente improbabili di divenire in realtà ordinari, trovino applicazioni in scienza, in medicina ed in svariate altre aree… Così «scomodando» Hume, Conan Doyle e mischiando tutto con un’ abile inferenza statistica, l’autore è giunto a mostrarci come sia possibile, in ogni momento della nostra vita, valutare diverse spiegazioni e sceglierne una adottando come parametro di giudizio la probabilità.

Nell’epilogo, invece, riassumendoci tutte le leggi enunciate nei vari capitoli, ossia quella di inevitabilità, dei numero grandi, della selezione, della probabilità, della prossimità sufficiente, ci invita a rifettere come l’insieme di tutte queste portino a comporre il principio di improbabilità. E ciò sarebbe più che plausibilmente in grado di eliminare stupore e sorpresa di fronte a taluni eventi famosi, accaduti a talune persone, e per così dire, quasi categorizzabili aprioristicamente «Ai confini della realtà»…

In conclusione se, come diceva Louis Pasteur, «Il caso favorisce solo le menti preparate», questo libro è un esempio più che rimarchevole di quanti sterotipi, falsi misticismi e incongrue credenze sia permeata la nostra quotidianità, e di come l’approccio scientifico sproni a raggiungere sempre una certezza convalidabile, anche se, in questa prospettiva, una analisi precisa e compiuta deve essere rapportata ad ogni manifestazione dello scibile, senza alcune preclusioni e fondamentalismi di sorta, e tantomeno superficiali categorizzazioni (vedi l’approccio troppo riduttivo di Hand, alla psicoanalisi).

 Stefania Genovese

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