Tutti insieme a guardare in alto. Ed è ancora uno spettacolo, l’eclisse. Siamo sofisticati  e pieni di gadget tecnologici, eppure – per fortuna – rimane sempre qualcosa, rimane sempre una occasione di stupirsi, che il cuore attende. Soprattutto, rimane il brivido di ritrovarsi fruitori di uno spettacolo celeste, di ritornare al dato originale, alla meraviglia per l’avventura del cielo.

Lo sappiamo: uno non è che ci pensa molto, al cielo. E’ vero, ha una immensità sopra la testa, una cosa che a ragionarci un poco, è davvero da capogiro: distese sterminate di stelle e galassie, pianeti e poi quasar e buchi neri, e ogni altra possibile occasione di meraviglia.

Ma è normale, non ci pensiamo.

Abbiamo tutti le nostre cose da fare, le nostre urgenze, le nostre priorità. Abbiamo tutti il pensiero “appena messa a posto questa o quella situazione, allora sì che mi potrò rilassare…”, di quello che girano sempre in background,  perché il nostro ego ragiona così, fa la cosa che gli è propria: rimanda eternamente.

Allora riprendersi la meraviglia di ogni giorno – delle cose piccole e grandi – può essere una delle strategie con cui intendiamo reclamiamo di nuovo il posto di guida nella nostra vita. E diciamo a noi e al mondo che la vita è adesso, come recita il titolo di una struggente canzone di Baglioni. Permettersi lo stupore di una eclissi è appena questo, probabilmente.

L'eclisse... al suo meglio (Foto di Massimo Dall'Ora)

L’eclisse… al suo meglio (Foto di Massimo Dall’Ora)

Così è confortante che il cielo, con il suo antichissimo spettacolo, sorpassa tutte le nostre difese e le nostre sofisticazioni. Grandi e piccoli, non c’è differenza. Quel giorno il piccolo bimbo dell’asilo e il professionista di mezza età, l’atleta e lo scrittore, l’infermiere e chi è in cerca di lavoro, tutti si sono sentiti coinvolti – almeno per un momento – dallo spettacolo che il cielo aveva organizzato per loro.

Tutti:  anche chi, non avendo strumenti per guardare il cielo con sicurezza, lo scorso venerdì mattina ha giustamente evitato di mettere a rischio la retina. Tutti accomunati almeno da un friccico di curiosità. Tutti bene o male stupiti che il cielo si fosse per una volta preso il ruolo di protagonista, entrando a gamba tesa tra le storie e le vicende umane.

Che poi sono cento anni che il Sole non si oscura il giorno dell’Equinozio di Primavera, mica ne potremo vedere tante di eclissi così…

Io venerdì mi trovavo per lavoro nella sede di Tor Vergata dell’ASI Science Data Center, e ho così potuto vedere due spettacoli insieme. Uno, quello dell’eclisse (grazie ad un previdente collaboratore che aveva portato gli apposito occhialetti, utile residuo di una precedente eclissi). L’altro, parimenti interessante, di tanti colleghi  – giovani e meno giovani – attraversati da un entusiasmo genuino e delicatissimo, da un desiderio di vedere e di partecipare che nessun manuale teorico sui corpi celesti o nessun livello di sofisticata erudizione potrà mai soddisfare pienamente.

Per questo non mi entusiasmano certe letture forzatamente disincantate, che mi è capitato di incontrare sul web. Non perché non abbiano anche delle ragioni, ma perché secondo me non colgono il punto. Il punto è proprio questo, che rischiamo di perdere un’altra occasione per ragionare sul cielo e sulle sue meraviglie.

Perché al di là di tutto, è questo il vero pregio di un fenomeno come l’eclisse. Che ci fa capire che il cielo c’entra con le vicende umane. Per un attimo – per un momento appena – ma lo fa: ci spiazza, ci toglie dal pigro e placido pensiero che tutto ciò che conta è ad altezza naso (o più in basso). Ci rimanda a qualcosa di immensamente più grande di noi, come sono  appunto i corpi celesti.

Mi viene in mente un verso della Bibbia, che dice

“chiamato a guardare in alto / nessuno sa sollevare lo sguardo”  (Osea 11)

In fondo anche un’eclissi è come un richiamo a guardare in alto. Ad uscire dal perimetro delle cose usuali, ad introdurre possibilità ed ingredienti nuovi nella miscela usuale che ci prepariamo, a riconsiderare la possibilità di un imprevisto, nelle nostre vite troppo programmate, e per questo -alle volte – così misteriosamente noiose a noi stessi.

Diceva Montale in Prima del viaggio che

 un imprevisto

è la sola speranza. Ma mi dicono

che è una stoltezza dirselo.

Per me l’eclissi è questo. Per quanto accuratamente anticipata, accade comunque come un imprevisto che smuove la nostra vita. E forse ci suggerisce che gli stolti sono loro, quelli che pensano l’imprevisto come una ultima stoltezza.

Perché sono loro, alla fine, che si perdono qualcosa…

Loading


Scopri di più da Stardust

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli via e-mail.