Blog di Marco Castellani

Mese: Aprile 2015

La formazione della Luna, e il sacrificio di Theia…

In questo intervento creato apposta per GruppoLocale, l’astrofisica Alessandra Mastrobuono Battisti ci descrive in parole semplici la ricerca sull’origine della Luna, che ha portato il suo gruppo a pubblicare sulla prestigiosa rivista Nature, e che ha avuto eco rilevante anche nei giornali italiani. 

alexPensateci. La notte non sarebbe certo la stessa senza la Luna: tutti diamo un po’ per scontato che il cielo sia stato sempre cosi’ come e’ oggi, con il nostro splendido satellite a farci compagnia. Dimentichiamo però che siamo in un universo alquanto dinamico, e la realtà è piuttosto diversa: oggi sappiamo che il sistema Terra-Luna  e’ in effetti il risultato di un evento catastrofico, figlio della fase finale della formazione del nostro pianeta.

Per capire meglio, dobbiamo tornare un pochino indietro. Ai primordi del Sistema Solare, per l’esattezza. A quel tempo (qualche miliardo di anni fa), il Sole era circondato da un disco di planetesimi, piccoli oggetti costituiti da rocce e metalli, con tutti gli elementi chimici che oggi troviamo sulla Terra. Questi planetesimi hanno una importanza chiave, per la nostra stessa vita, perché proprio dalla collisione e aggregazione di questi oggetti sarebbero nati i pianeti.

L’ultima grande collisione subita dalla Terra, probabilmente con un embrione planetario delle dimensioni di Marte, chiamato Theia – come la madre di Selene, la dea della Luna nella mitologia Greca – ha causato la formazione di un disco di detriti intorno alla Terra.  L’impatto tra i due corpi deve essere stato davvero devastante. Da parte di questi detriti ebbe però origine la nostra meravigliosa Luna.

Una spaventosa collisione tra corpo planetari è all'origine della nostra Luna. Credit: Hagai Perets. In the image construction we made use of real images of Venus (credit:ESA) and Mars (credit:NASA) and artificial stellar background (credit:psdgraphics).

Una spaventosa collisione tra corpo planetari è all’origine della nostra Luna. Crediti: Hagai Perets. ESA, NASA, psdgraphics).

Eccoci, dunque. Questa teoria spiega perfettamente la formazione della Luna, eppure… per trenta anni e’ stata dibattuta da diversi scienziati, in modo anche molto serrato. Per un semplice motivo: la Terra e la Luna sembravano essere simili, decisamente troppo simili per essersi formate in questo modo.

Basandosi su complesse simulazioni della collisione che formo’ la Luna, i ricercatori hanno capito che la maggior parte del materiale che ando’ a formare la Luna proveniva da Theia e non dalla Terra come si pensava in precedenza. Ed ecco quello che, per molto tempo, ha creto il problema. Da analisi di meteoriti provenienti da asteroidi e da Marte sappiamo che la composizione chimica, ed in particolare il contenuto di ossigeno della classe di oggetti alla quale Theia sarebbe appartenuta, e’ in realtà molto diverso da quello esistente sulla Terra.

Quindi anche Theia doveva essere diversa dalla Terra e dunque generare una Luna altrettanto differente. Però i dati, appunto, da tempo ci indicano il contrario: da campioni di rocce lunari riportateci indietro dalle varie missioni Apollo si e’ evinto che la Luna ha un contenuto di ossigeno – per  fare un esempio – praticamente indistinguibile da quello della Terra.

Questa “piccola” contraddizione ha adombrato la teoria dell’impatto gigante per oltre 30 anni.

Alla base di questa contraddizione vi e’ pero’ un’assunzione, da sottoporre a verifica: Theia è un pianeta proveniente da una regione diversa del sistema solare rispetto alla Terra e dunque deve avere composizione chimica diversa da essa. Ma va anche detto che Theia e’ diversa dagli altri pianeti o asteroidi sopravvissuti nel sistema solare. Dopotutto, ha colpito la Terra (buon per noi che non eravamo ancora a zonzo sul pianeta perché la cosa non deve essere stata troppo piacevole…) e per farlo la sua orbita non deve essere stata troppo diversa da quella della Terra.

Poiche’ la composizione chimica degli oggetti nel disco protoplanetario dipende dalla distanza dal Sole, le proprieta’ chimiche dei pianeti dipendono dalla zona in cui hanno “raccolto” il materiale da cui si sono formati. Arriviamo allora al punto, come capite: se Theia e la Terra avevano orbite simili, avranno anche raccolto materiale da zone simili e, probabilmente, avranno avuto composizione chimica piu’ simile di quanto finora ritenuto.

In questo filone si introduce esattamente la nostra ricerca.

Fino ad oggi le simulazioni della formazione del sistema planetario erano state utilizzate quasi esclusivamente per studiare la composizione chimica e le proprieta’ dei diversi pianeti. Nel nostro lavoro, pubblicato su Nature il 9 di aprile, le abbiamo invece sfruttate per confrontare la composizione chimica dei pianeti con quella dell’ultimo corpo che ha colliso con ciascuno di loro.

Questo confronto ci ha rivelato che tra il 20% e il 40% degli analoghi di Theia hanno composizione chimica simile a quella del pianeta colpito. Potrebbe sembrare poco, ma in precedenza si pensava che questo fosse possibile solo nell’1% dei casi.

Questo lavoro dunque potrebbe dare una spinta importante per sciogliere, finalmente, la trentennale impasse, dimostrando che e’ effettivamente possibile che la Luna si sia costituita a seguito di questo grande impatto, anche avendo ottenuto tutto il suo “materiale di formazione” da Theia.

Quando dunque guarderemo la luna, nelle notti terse e limpide di questa primavera ormai inoltrata, o quando la ammireremo nelle notti d’estate, sarà forse bello andare con la mente al  suo progenitore, “sacrificatosi” per la sua stessa formazione. Ed anche comprendere come alle volte, a seguito di eventi più che catastrofici, possano sorgere scenari di tale pacata  e serena bellezza.

(Rielaborazione ed integrazione: Marco Castellani)

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Mille miliardi di stelle…

.. ed anche di più! Immensamente di più! E’ una di quelle situazioni in cui una ricerca, una immagine, una sequenza animata, dice qualcosa che travalica il mero dato scientifico, che sorpassa facilmente la cerchia dei tecnici e delle persone la cui competenza professionale è focalizzata nel medesimo cono di luce, nella stessa articolazione di interessi. Perché coinvolge tutti gli uomini, li prende e li afferra nel loro senso primordiale di meraviglia, di sbigottimento. Davanti ad un universo immenso, pienissimo di stelle.

Potrebbe definirsi l’immagine più grande mai realizzata. E’ un elefante di un miliardo e mezzo di pixel, e ci vogliono più di quattro GB di spazio disco per memorizzarla. Ed è – davvero – mozzafiato. L’ha realizzata la NASA ed è una istantanea della galassia Andromeda, una delle galassie più grandi a noi più prossime. L’immagine globale è la composizione di 411 foto acquisite da Hubble, e ci porta in un viaggio attraverso cento milioni di stelle, esteso più di 40.000 anni luce (o diciamo, almeno una parte).

E’ bello percorrerla in una sequenza animata. Veramente trovo il video impressionante, e lo dico come astrofisico, cioè persona che  con le cose del cielo, più o meno, dovrebbe avere ormai una certa familiarità. Eppure c’è da rimanere colpiti, nel percepire tale immensità. Ma ora basta parole: guardate il video, e vi consiglio caldamente di allargarlo a pieno schermo.

E’ palpabile il senso di immensità, dico bene? Quanto siamo piccoli, in questo universo. O meglio, come più mi piace pensare, quanto è grande e meraviglioso l’universo intorno a noi.

D’accordo. Niente di nuovo, in fondo. A parte la bellezza dell’immagine e del video ad essa collegato. Sono cose che sappiamo, in senso astratto. Eppure anche qui c’è da fare qualcosina. Una cosa così piccola e laterale come una rivoluzione. Perché sono idee, concetti, figure di ragionamento, che troppo spesso ci scivolano addosso senza commuoverci, senza muovere il cuore, senza destarci stupore.

Non riesco a non interrogarmi davanti a cose come questa. A cose che improvvisamente mi aprono la mente, mi restituiscono improvvisamente il senso della meraviglia.

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Una porzione del nostro ingombrante e meraviglioso “vicino” cosmico. Crediti: NASA, ESA, J. Dalcanton, B.F. Williams, and L.C. Johnson (University of Washington), the PHAT team, and R. Gendler

Eh già, sarà ben per questo.

Mi dico che è per questo. E’ un problema di conoscenza. Le idee non muovono niente, se rimangono nel cervello. Potrei snocciolare i numeri più mirabolanti, riguardo la quantità di stelle e l’immensità degli spazi, e strapparvi al più uno sbadiglio. “Se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione”, cantava acutamente Giorgio Gaber diversi anni fa. Dimostrando – a mio modestissimo avviso – di aver capito in tempi non sospetti cosa è veramente una rivoluzione, come deve partire da noi per potersi propagare poi all’esterno in modo fecondo.

Rimbocchiamoci le maniche, amici. Dobbiamo regalare anche alla scienza l’opportunità di una ripartenza, di una ripresa della conoscenza emotiva. Questa è, io credo, una delle sfide per la nuova comunicazione scientifica del millennio che si è appena aperto. Ma ormai è tempo. Un’altra scienza è possibile e necessaria (Marco Guzzi). E Andromeda è lì, con le sue meraviglie, come un invito ad un percorso nuovo. Mirabolante. Davvero stellare.

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Pasqua, una rinascita

Oggi preferisco lasciare da parte le mie parole, e lasciar parlare qualcuno dei miei maestri, delle persone che, prima ancora di indicarmi una via, mi rassicurano continuamente e dolcemente sul fatto che esiste una via. 
Perché questo fa tutta la differenza del mondo. 
La via può essere lunga, tortuosa, ripida, sdrucciolevole quanto si vuole. Si può cadere mille, diecimila volte al giorno. Ma nessuna caduta è vera obiezione al fatto che la via c’è, esiste. In fondo, al mio cuore non interessa troppo indagare la lunghezza della strada, interessa soltanto sapere che c’è. 
Non è una conoscenza intellettuale. 
Nessuna conoscenza intellettuale potrà mai scaldarlo, il mio cuore. Ormai lo so. Quello che cerca, che ogni tanto già timidamente avverte, è il dolce riverbero di una conoscenza affettiva. Credo che la risposta definitiva alle paure (soprattutto quella terribile di morire, di disperdersi, di svanire – da cui figliano le altre) non possa essere intellettuale, ma debba infatti essere di tutt’altra pasta, debba essere un amore.

Dal sentirsi amati – soltanto da qui – potrà partire la vera rivoluzione. 

…oggi il moto rivoluzionario torna ad essere il dinamismo della storia, purificandosi da tutte le distorsioni moderne, e ricollegandosi alla radice della più radicale di tutte le Rivoluzioni, quella per davvero permanente, quella che sta rovesciando da 2000 anni tutti i potenti dai loro troni imbrattati di sangue, e che i cristiani celebrano come la Pasqua.  

Marco Guzzi (poeta, filosofo, creatore dei gruppi Darsi Pace)

E niente è fissato, fermo. Tutto può cambiare. 

Dal giorno in cui Pietro e Giovanni corsero al sepolcro vuoto e poi Lo videro risorto e vivo in mezzo a loro, tutto si può cambiare. Da allora e per sempre un uomo può cambiare, può vivere, può rivivere. 

Luigi Giussani

E i dubbi, terribili, tremendi. I dubbi che inchiodano. Ebbene, quelli non vinceranno!

…la realtà, insieme al cuore, è la nostra grande alleata. Alleata contro noi stessi quando ci lasciamo prendere dalle nostre paturnie e dalle nostre paure. Per fortuna la realtà è testarda. Ed è più reale dei nostri dubbi. Si impone nelle nostre giornate –qualunque sia il nostro stato d’animo − senza chiederci il permesso. Lo vediamo quando ne sentiamo tutta l’attrattiva imbattendoci in un volto amato. Per questo, negare la sua evidenza è da pazzi. Negarla è come negare se stessi.

Juliàn Carron (presidene della Fraternità di Comunione e Liberazione)

E la Risurrezione ha un riverbero immediato, si può mappare in un personalissimo percorso..

Risurrezione è liberarsi dalle catene (psichiche) e vivere senza blocchi (interiori)

Anselm Grun

Fino a percepire che la strada che mi si profila davanti, che è bello percorrere, è anche e sopratutto  (come ogni vera avventura) una strada che corre verso l’interno di me. Il Mistero allora mi si fa vicino per offrirmi aiuto, nel viaggio affascinante della scoperta di me stesso. La strada per la quale io – credente o non credente (o più realisticamente, oscillante tra questi stati) – possa tornare ad essere semplicemente ciò che devo essere, un uomo.

Ciò che la natura richiede al melo è che produca mele e al pero che produca pere. Da me la natura vuole che io sia semplicemente un uomo, ma un uomo cosciente di ciò che è e di ciò che fa. Dio cerca nell’uomo la coscienza. È questa la verità della nascita e della resurrezione di Cristo dentro di noi. Quando sempre più uomini pensanti arriveranno a questa verità, quella sarà la rinascita spirituale del mondo. Cristo, il Logos: cioè a dire, la mente, l’intelligenza, che risplende nella tenebra. Cristo rappresentò una nuova verità sull’uomo 

Carl Gustav Jung

Tanti auguri di Buona Pasqua.

Tanti auguri di un paziente e sereno ricominciamento.

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Silenzio

Ciò che mi avvince di più di questi due giorni che precedono la Pasqua, è che sono i giorni del silenzio. Il silenzio è spettacolare, per me. Semplicemente spettacolare. Più vado avanti nella vita più sento che il silenzio è uno spettacolo. Più cresco più avverto il silenzio come confacente al cuore.
E’ proprio strano. A volte ciò che mi fa più paura e ciò che mi fa bene coincide, viene a sovrapporsi. Il silenzio è una di queste cose. Sì il silenzio fa paura, siamo abituati a temerlo. Nel flusso continuo di informazioni che proviene dai media, non c’è ormai più niente che possa preoccupare davvero, che possa imbarazzare, che possa agitare. Tutto quello che fluisce in televisione, in radio, su Internet, viene immediatamente scansato, sovrastato da quello che passa un momento dopo. Tutto si dimentica, ogni scandalo, ogni eccesso, ogni apparente trasgressione. Tutto.

Tutto, certo, tranne il silenzio. 
L’unica regola, lo sappiamo, è che il flusso non si può interrompere. The show must go on. Questo è l’unico vero problema, l’unico vero scandalo. Il resto passa. Il resto è spesso tristemente funzionale al mantenimento dello status quo, anche quando si ammanta di pretese sovversive o rivoluzionarie.

Dico ciò, sia chiaro,  non per indulgere nella critica della cattiveria dei tempi, perché questi sono tempi per molti versi immensamente migliori di tante altre epoche, e di questo dobbiamo essere grati. Lo dico piuttosto come tentativo di uno sguardo onesto sulla realtà, uno sguardo amichevole ma onesto.

Perché mi rendo conto che nell’epoca attuale l’unico scandalo è il silenzio. L’unica cosa completamente altra rispetto alla trama ordinaria della comunicazione globale. Nell’epoca della globalizzazione informatica, la rivoluzione è l’assenza di segnale, il silenzio.

Tolta la pressione esterna, può avvenire il riequilibrio. Interrotta la bulimia informativa, quella che trattiene inesorabilmente in superficie, riparte quasi spontaneamente la connessione con strati più profondi.

Avviene, riprende almeno come possibilità, il lavoro interiore, l’ascolto di sé, la ricerca di senso. Pervade il cuore la dolce possibilità di un ricominciamento. Quel lavoro su di sè che davvero rende giovane l’anima, accende qualcosa che palpita e riscalda da dentro, profondo e robusto.

Qualcosa di fragile, fragilissimo, che va coltivato amorevolmente, perché anche un poco di questo lavoro umile, questo affondare le mani nel (proprio) terreno, subito ripaga. Così ci si può accorgere che il silenzio, l’attesa, riverbera la possibilità inesausta di fare pace con sé stessi, di darsi pace.

Che poi è l’unico vero importante lavoro della nostra vita. Questo paziente lavoro sull’anima – più di tanti proclami e roboanti risoluzioni – è quello che davvero può cambiare la vita, può innescare la vera, unica rivoluzione.

Può veramente assumere un riverbero pasquale, può veramente rimetterci in vita. 

Questo post rappresenta il mio secondo contributo al sito Darsi Pace. 

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