Blog di Marco Castellani

Mese: Agosto 2015

Cenni di astronomia liquida…

D’accordo. Forse il titolo potrà apparire un poco improprio, ma è quello che mi viene in mente, pensando all’esperienza che mi attende da domani. O meglio, ahimè, da stanotte. Prima che la nostra amata stella faccia la sua comparsa sull’orizzonte dei cieli della capitale, dovrò essere già in viaggio verso l’aeroporto. Obiettivo: Turchia. Scopo: missione per conto di INAF (il mio ente, appunto), per parlare di astrofisica a cinque ragazzi selezionati a luglio, scelti tra i più meritevoli tra i frequentanti il corso di laurea in Fisica ed in Astrofisica, nelle università italiane.

Quello che è veramente peculiare è il luogo dove si terranno le lezioni. Saremo ospiti a bordo di Mediterranea, un Mikado da 17 metri, che è salpato nella prima vera del 2014 da San Benedetto del Tronto per un viaggio lungo tutto il mediterraneo.

L’iniziativa è appunto patrocinata e finanziata da INAF in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario per la Fisica Spaziale e ovviamente Progetto Mediterranea. Sarà senz’altro una occasione stimolante di dialogo e di confronto, oltreché – impossibile negarlo – una esperienza di contatto con il mare e la natura che presenta una indubbia carica di fascinazione. Al proposito: devo confessarlo, ho faticato più di un pochino, in questi giorni, a convincere i miei stimati colleghi astronomi che mi stavo accingendo a partire per una missione lavorativa, e non per una “semplice” vacanzaMa lo capisco, tale è la peculiarità delle “condizioni al contorno” che non posso che ritenermi fortunato, ed essere grato agli organizzatori per la fiducia ed il credito accordatomi.

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Mediterranea che ci aspetta a Canakkale, sponda asiatica dello Stretto dei Dardanelli

Credo proprio che sarà una esperienza interessante. Per me, certo. Ma confido anche per i ragazzi che sono stati selezionati. Spero di poter centrare il mio intento segretissimo (va bene, ve lo dico qui, ma non lo fate sapere a nessuno): riuscire, al di là degli schemi, delle formule e dei diagrammi che andrò a presentare, a trasmettere almeno un pochino il senso di entusiasmo che l’indagine sull’Universo ancora può portare, chi vi si applichi con mente aperta e senza troppi pregiudizi. Cioè, chi sia almeno un po’ ancora, disposto a meravigliarsi.

Perché, vi assicuro, roba di cui meravigliarsi ce n’è parecchia, nello studio del cielo.

Questo infatti è stato un primo bel risultato, che ho ottenuto prima di partire. Preparando le lezioni, dovendo riprendere uno spettro ampio di argomenti, dalla fusione nucleare dentro il Sole alla nascita ed al destino ultimo dell’Universo, mi sono reso conto di quanta carica di stupore e meraviglia sia ancora piacevolmente “incastrata” in questi argomenti. Quanto questi incontrino la curiosità dell’uomo che si affaccia, da sempre, sulla notte stellata come davanti ad un incredibile spettacolo che chiede di essere compreso ed afferrato – proprio per essere gustato nella sua dimensione più profonda e più vera.

Il progetto Mediterranea coniuga molto sapientemente, da tempo, il fascino dell’esplorazione con una serie di percorsi culturali, di questo ed altri tipi. Che altro dire, se non che sono lieto di salire a bordo, per raccontare un po’ di cielo, di quel po’ che – grazie alla capacità e alla pazienza di tanti maestri che ho potuto incontrare- ne ho capito, ne ho potuto trattenere.

E sopratutto, per ammirarlo, quel cielo: ora ed ancora.

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Un buio che illumina: la notte europa della ricerca 2015       

Si capisce, ormai ci avviamo verso la stagione autunnale, e le giornate  si accorciano. La notte si allarga a reclamare il suo spazio, rosicchiando giorno per giorno qualche minuto in più. Il ciclo delle stagioni è questo, lo sappiamo bene. Ed è saggio accoglierlo, ascoltare anche la notte, quello che di rigenerante contiene: accogliere la parte oscura, accettare l’ombra, la notte, è il segno di una crescita in atto, in una integrazione sempre più profonda di un mondo interno ed un mondo esterno che intessono una comunicazione sottile, in un gioco inesausto di rimandi e di messaggi.

La notte, è ben noto, può custodire dei tesori, delle occasioni preziose, anche per chi ha un animo sempre desideroso di imparare, e soprattutto di stupirsi, di potersi stupire di fronte allo spettacolo meraviglioso del mondo.

Ed ecco una preziosa opportunità, la Notte Europea dei Ricercatori, organizzato da Frascati Scienza. Come ogni anno, da diversi anni a questa parte, abbiamo l’opportunità di toccare con mano il mestiere della ricerca, sperimentare in qualche modo il medesimo entusiasmo.

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Avvicinare, insomma, il ricercatore alle persone “comuni”, per scoprire alla fine che chi si occupa di scienza è prima di tutto, come sempre qui poniamo in evidenza, una persona a tutto tondo. Un essere umano, con entusiasmi, debolezze, problemi, difficoltà. Uno come noi, potremmo dire, con la curiosità di affacciarsi sul mistero che ancora è costituito dal mondo fisico, e cercare, pazientemente, quel filo rosso che sempre percorre e garantisce la traiettoria di intelligibilità del reale.

 Quest’anno il tema della manifestazione, giunta alla sua decima edizione, è la “Sostenibilità”. Un tema indubbiamente vasto ed impegnativo, che sottende un arco molto ampio e interdisciplinare. Una sorta di arcobaleno teso su tematiche che spaziano dall’economia alla politica, all’ambiente, alla società.

 Al progetto della Notte dei Ricercatori, finanziato dalla Commissione Europea, che fino allo scorso anno coinvolgeva le sedi di Roma e di Frascati, si sono aggiunte quest’anno quelle di Trieste, Bologna, Milano, Ferrara, Catania, Bari, Cagliari, Pavia, e Pisa. Una aggiunta rilevante, come potete vedere.

 In questo modo è davvero l’intero paese che – in un certo senso – partecipa a questo lodevole sforzo per far planare la scienza “alta” dentro la vita ordiaria, per farle riprendere lo spazio che ha sempre avuto, storicamente, e che solo nel periodo moderno ha in parte abbandonato. Se questo però è stato segno contraddittorio degli ultimi decenni – anche a motivo di una inevitabile incremento della complessità intrinseca in gran parte delle discipline – diverse ragioni inducono ora ad un ragionevole ottimismo. L’interesse per la scienza, per l’indagine del mondo, è inestirpabile dal cuore umano, e proprio la tecnica moderna, con la rete di comunicazione globale, si sta dimostrando alleato capace ed affidabile per questa sana curiosità. La diffusione in tempo reale delle immagini legate alle imprese spaziali più recenti e “clamorose” (come l’arrivo di Rosetta alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, oppure l’arrivo di New Horizon a Plutone) riprese e diffuse sui social media con grande eco e rilevanza, è appena un esempio.

Iniziative come La notte dei ricercatori tuttavia compiono un salto ulteriore, sanando anche quella parte di distacco, quelal residua estraneità, che spesso segna il mondo virtuale. Mettendo davvero a contatto l’umanità impegnata in ricerca, che è sempre e comunque una ricerca di senso: ovvero, tutta l’umanità autentica.

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Propositi per il nuovo anno

No, no, state tranquilli. Non è che mi si è mischiato il blog ed è spuntato in superficie un post dello scorso capodanno, o addirittura è stato pubblicato per sbaglio un post già programmato per la fine del 2015 (programmazione così estesa, d’altra parte, essendo alquanto improbabile in questo mio spazio).

Insomma, niente di tutto questo. E’ che per me il vero punto di svolta, il vero momento – se ce ne deve essere uno – in cui ci si può utilmente permettere di guardare ai dodici mesi passati, fare consuntivi, elaborare correzioni di rotta (almeno, tentativamente), è questo. I giorni intorno a Ferragosto, appunto.
Io proporrei una leggera riforma del calendario. Una cosa da niente, diciamo: l’anno nuovo inizia il 15 di agosto. 

Se cielo e terra fossero più in contatto di quanto pensiamo di solito…?

In piena estate, appunto. Ovvero, l’unico momento in cui – se sei fortunato – la pressione delle cose da fare e di compiti da terminare di fare è un pochino allentata. In cui sei, magari, un attimo fuori dalla tua stessa vita, quel tanto che basta da darne un giudizio spassionato (o quasi). O perlomeno, a coltivare l’auspicio di un esame più distaccato del solito. Vi dico: a me viene bene in questi momenti. Non certo dopo Natale che sei già, comunque, ricatturato dalle cose in cui tu stesso hai scelto di metterti, cose che poi normalmente si autoalimentano, vanno avanti in splendida autonomia senza chiederti -magari – se sei ancora d’accordo.
In questo giorno in cui chi crede celebra la assunzione al cielo di Maria (carne ed ossa, ragazzi: niente di spiritualistico, tutte cose molto concrete, come sempre nel cristianesimo), lei che secondo Dante, è “di speranza fontana vivace(espressione che piaceva moltissimo a Don Giussani), possa essere facilitato il mio compito nel guardare alla vita trascorsa finora con più speranza e meno pessimismo  di tante altre occasioni.
Ecco. Al di là degli errori commessi, degli sbagli, per me emerge – adesso – una domanda più sostanziale. Se ho amato abbastanza, se mi sono amato abbastanza, se ho vissuto le cose  con la dolcezza e la pazienza necessaria alla mia crescita. Se mi sono permesso davvero di credere, come dice Eraclito, che l’armonia nascosta è molto più potente dell’armonia manifesta. Se mi sono permesso di credere che c’è realmente molto altro oltre l’aspro determinismo con cui la mia parte egoica continua a voler vedere l’Universo. Se mi sono permesso di credere che, per il mio cuore, per la mai carne, quello che non si vede conta molto di più di quello che si vede. Se mi sono concesso – anche –  di essere fallibile, se ho iniziato a guardare con compassione i miei fallimenti, le mie frequenti cadute. Se ci ho parlato, con loro. Se ci ho dialogato, le ho ascoltate, ho permesso loro di esistere, se ho fatto loro spazio. 
Lo so, loro vogliono essere ascoltate, hanno qualcosa da dirmi. Reprimerle vuol dire farle incattivire, perché poi invece di sussurrare, dovranno urlare, esasperate perché io non le ascolto, mi turo le orecchie. E invece, intuisco, loro hanno un messaggio, un messaggio importante per la mia vita.
Per come la vita può riprendere, diversa e magari migliore, il prossimo anno (cioè da adesso, secondo il mio calendario interno e, per ora, personale).
E per come, in verità, può riprendere ogni giorno. Ogni istante. 
Perché la decisione per l’esistenza e per la sua indomita positività è di ogni istante. E’ rinnovata ogni momento.
A pensarci, non serve nemmeno un capodanno ad agosto, grazie a Dio.
Serve la consapevolezza di avere comunque un appoggio, di essere amati comunque. Sì, anche lassù.

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Sepolcro

E’ una parola abbastanza imbarazzante. Non è di quelle che si producono abitualmente in società, potremmo dire. Eppure mi chiedo se uno possa desiderare di più. Se uno onestamente, sinceramente, possa desiderare più di questo. 
Orbene, è certo che molta gente oggi è scettica. E’ disincantata, è cinica. 
Qui non verrei azzardarmi in una ennesima analisi sulla crisi della fede, oggi. Per certo, non ho le competenze e la profondità necessaria, mi manca l’ampiezza di vedute e la conoscenza storica. Vorrei rivoltare la cosa come un calzino, invece.
Perché bisogna avere il coraggio di scoprirsi. Di scoprire i propri desideri, senza censuarli anzitempo. Senza ammazzarli, avvelenarli nelle solite obiezioni. Delle quali dico subito che la peggiore, in termini di danno psichico, è certamente quel è troppo bello per essere vero.
Ecco. Onestamente, io non so quanti danni abbia fatto, nel tempo, una frase di tal genere. Cosa rivela? Un pessimismo di fondo di portata cosmica, una rinuncia preventiva all’azione, alla vera speranza. Al desiderio di cose grandi. 
Prendendo questa frase terribile sul serio, ecco, uno non si muove più. 
Poi, oltre questo, come scienziato mi fa anche girare un po’ le scatole, per la sua palese illogicità. Di cui, sembra, la gente non si accorge. Lo confesso, in questo casi viene fuori il polemista dentro di me. Ma che vuol dire che è troppo bello? Perché “troppo”? Troppo rispetto a che, per esempio? Alla nostra immaginazione asfittica? Al nostro malinteso senso di essere adulti, con i piedi per terra? Alla nostra disperata paura di sognare? 
Se ad esempio faccio l’esercizio di pensare al sepolcro, alla possibilità che qualcuno ne venga fuori in carne ed ossa, al fatto che magari Qualcuno lo ha già fatto, scopro che ho paura di lasciarmi andare a crederlo davvero. Con tutto che (ogni tanto) mi dico “cristiano”, se arrivo a questo fatto, al nucleo pulsante delle faccende della mia fede, quel nucleo senza il quale tutto crolla (tutto! Che tentativo triste quello di tenere su la cultura, i “valori cristiani”, senza questo nucleo pulsante, senza questo “scandalo”), mi prende paura.
Una paura strana. 
Ma se buco un attimo la paura, ci passo oltre, scopro anche che è la cosa che desidererei di più. Che desidero di più. Che questo sia, appena, vero. Perché anche se sono cristiano, c’è come un pensiero in background, una formulazione di pensiero, un ambiente di pensiero, che mi ripete continuamente lascia perdere è troppo bello, lascia perdere… 
Ma il desiderio che sia vero c’è. Accidenti. Gli altri desideri che mi attanagliano, che mi tormentano, al confronto non sono nulla. Perché se fosse vero questo metterebbe veramente tutto in un’altra luce. Le gioie sarebbero ancor più gioie. Perfino le peggiori sofferenze potrebbero venire un po’ attenuate.
Quindi, è un po’ come se tutta la vita potesse essere interpretata – e nuovamente reinterpretata, ad ogni istante – nell’atteggiamento che abbiamo davanti a questo. Ad un sepolcro. Se è la fine di tutto o una scommessa pazzesca e totalmente fuori scala, per un nuovo inizio. Per un inizio senza fine. 
Capisco che siamo strani, in un certo senso. Ma forse è la portata della cosa, che ci fa un po’ paura. Ma di fatto è questo, è così. Siamo capaci di disquisire per ore su quanto ha detto un parroco di campagna, magari finito inavvertitamente sui media per qualche dichiarazione improvvida. Grande interesse hanno in ogni ambiente le discussioni sulle prescrizioni della Chiesa, soprattutto in ambito di morale sessuale. Ancora, la coerenza (o più spesso, la sua mancanza) di tal porporato od ecclesiastico riveste sempre una decisa attenzione e normalmente genera sapidi commenti.
Niente da dire, in fondo. Però, capitemi. Ho la sensazione, trovandomi spesso coinvolto in queste discussioni (“Ah, tu che sei cristiano, che ne pensi del fatto X [dove X = beni della Chiesa, controllo delle nascite e fame nel mondo e/o AIDS, ICI per gli istituti religiosi, etc…], del comportamento del cardinal Y, delle recenti dichiarazioni del Vaticano in materia di XYZ…”) ho la sensazione, non dico che siano giuste o sbagliate, non appena questo. No, ho la sensazione, come dire, che ci si stia concentrando accanitamente su dei particolari molto periferici, per trascurare l’essenziale. Cioè cosa è veramente, empiricamente, storicamente successo in quel sepolcro, un paio di millenni fa.
Che poi diciamolo, se in quel sepolcro non fosse successo nulla di particolare, ogni altra preoccupazione sui pronunciamenti di questo o quello, su cosa dice la Chiesa in materia di questo o quell’altro (perfino sull’accesso ai sacramenti per i divorziati, per dire), sarebbero totalmente inutili. Fiato sprecato. Perché non avrebbe senso niente, non avrebbe senso la Chiesa, i preti, i vescovi, i cardinali. Il Papa.
Se quello fosse stato appena un normale sepolcro, di una persona magari storicamente importantissima, magari un grande dell’umanità, ma insomma, sempre dopotutto un normale sepolcro, ebbene, non avrebbe senso nulla, di quello che stiamo trattando.
Come dice la canzone di J. Breil…

Ditemi se è vero,
Se è vero tutto quello che hanno scritto Luca, Matteo
E gli altri due,
Ditemi se è vero,
Se è vero il portento delle Nozze di Cana
E il portento di Lazzaro

Se fosse vero tutto questo
io direi sì
Oh certamente direi sì
Perché è così bello tutto questo
Quando si crede che è vero

Mi rendo conto, che siamo capaci di passare una intera vita (e se potessimo, anche di più) nel ragionare – per dire – su torti e meriti della Chiesa, senza osare arrivare al fondo della questione, al fondo pulsante. Se lì è avvenuto qualcosa, qualcosa di strabiliante, oppure no.
Il senso di ogni istante, di ogni minuto, viene investito dalla nostra decisione in merito. Luigi Giussani parlava, giustamente, di decisione per l’esistenza.
Il fulcro è quello. Se davanti ad un dolore, ad una sofferenza –  ma anche davanti al vuoto che tante volte si affaccia nella nostra vita, possiamo avere il conforto di una Presenza, vivente, vicino. 
Insomma, qualsiasi posizione possiamo avere, il punto cruciale è quello della canzone citata: ditemi se è vero
Il resto son davvero conseguenze, molto molto più a valle.

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