Blog di Marco Castellani

Mese: Dicembre 2015

Le stelle stanno a guardare…

… ma noi non aspettiamo tempo, per cercare di raggiungerle. O perlomeno, di catturare quanto queste elusive e brillanti signore del cosmo ci possono voler dire, momento per momento, per catturare qualche altro brano del libro dei misteri dei cielo, sempre più affascinante, mano a mano che si procede nella sua lettura. 

Come evidenzia un breve ma interessante articolo di Media INAF, anche per l’anno che viene vi sono un bel po’ di progetti interessanti e di domante in attesa di risoluzione, che potrebbero segnare traguardi importanti e forse  – osiamo dirlo – epici. 

Westerlund 2 — Hubble’s 25th anniversary image

Una suggestiva immagine dell’ammasso stellare Westerlund., realizzata con il Telescopio Spaziale Hubble. Crediti: NASA, ESA,the Hubble Heritage Team (STScI/AURA), A. Nota (ESA/STScI) and the Westerlund 2 Science Team.

 

L’indagine del cosmo è stata sempre uno specchio dell’indagine dell’uomo su se stesso. In passato, le geometrie perfette delle orbite dei pianeti hanno riflesso e confortato il nostro desiderio di chiarezza e perfezione formale. Più di recente, il bizzarro e incredibile percorso delle geometrie dell’universo a larga scala, dell’eventualità di strutture articolate di multiversi, hanno specchiato efficacemente la complessità di pensiero dell’uomo contemporaneo.

Concetti che ora passo così, davvero al volo, ma che sarà bello indagare ed investigare in maggior dettaglio nell’anno che viene. Questo blog vuole infatti essere sempre più focalizzato sull’indagine dell’universo condotta con un occhio attento all’avventura dell’uomo, all’intera avventura umana, mostrando per quanto è a noi possibile, l’intima ed ineludibile connessione tra scienzacammino umano nella sua più ampia ed integrale accezione.

Messa così, la scienza interessa davvero a tutti, propria perché parla di cose necessarie a tutti: un quadro del mondo fisico, comprensibile nelle sue grandi linee (almeno) e sopratutto integrabile nei modelli culturali, perfino nei miti, che ogni età ha e anzi deve avere, per essere sana anche dal punto di vista del pensiero, dal punto di vista culturale ma anche psichico.

In ogni epoca l’uomo ha avuto un modello di universo al quale riferirsi, entro il quale inserire idealmente il suo percorso umano, nel quale incastonare anche pensieri, desideri, speranze. Con tutto ciò, la scienza non ha mai preteso di esaurire la possibilità conoscitiva dell’uomo, come ancora in quest’epoca a volte sembra porsi, da parte di poco avveduti suoi sostenitori. Eppure la scienza vive bene se non è totale, come ci insegna bene Hillman,

I miti cosmogonici ci situano nel mondo, ci coivolgono nel mondo. Le cosmogonie moderne (big bang e buchi neri, antimateria e spazio curvo in continua espansione senza meta) ci lasciano nel terrore e nella incomprensibilità priva di senso. Solo eventi casuali, niente davvero necessario. Le cosmogonie della scienza non parlano dell’anima e dunque non parlano all’anima, non le dicono niente sulle ragioni della sua esistenza (…) Affidare alle scienze fisiche la spiegazione delle origini e delle ragioni ultime della nostra esistenza potrebbe non essere la strada giusta.

J. Hillman, Il codice dell’anima

Dunque la scienza, l’astronomia, vivono bene se non vengono stravolti a compito che non sono loro propri. Se ritrovano la propria vocazione di filosofie naturali, possono dare un contributo forse ancora inedito e certo determinante all’intera avventura umana.

Ci lavoriamo, ci lavoreremo. Vedremo insieme come l’indagine del cielo e l’indagine sull’uomo sono state  – e sempre saranno – intimamente coniugate. Ecco perché stare con il naso in sù (e con i piedi per terra) è importante, è confortante, è sano.

Non per meno di questo, vogliamo fare astronomia.

Un augurio di felice (anzi stellare) 2016 a tutti i nostri lettori!

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Colazione… rinviata

A volte capita, a volte anche le colazioni debbono essere rimandate. D’altra parte gli imprevisti sono fatti così, sono cose che arrivano (per definizione) senza che tu le possa programmare. E’ quello che rende la vita sempre un po’ irriducibile ai nostri piani. Ultimamente, quello che rende la vita interessante. Sempre un po’ più grande dei nostri modelli, anche dei modelli più acutamente pensati, più arditamente creati. 

Alla fine la vita interessante è questa. Le altre le ho già pensate, le ho già capite. E se anche il rinvio di una appetitosa colazione (radiofonica) me lo può ricordare, va benissimo (fermo restando che – come è noto ai più intimi – io non mi trovo bene a saltare la colazione, dunque è soltanto un rinvio).

Ringrazio ancora Alessandra per l’invito, auguro pronta guarigione ad Azzurra. Ai miei venticinque lettori, rinnovo la proposta di partecipare alla colazione, che è soltanto spostata un po’ più in là.

Cari amici di “Colazione da Alessandra”, vi comunico che la puntata prevista per giovedì 17 dicembre, su Radio G, sarà…
Posted by Alessandra Angelucci on Martedì 15 dicembre 2015

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A colazione da Alessandra

E’ questione di cortesia elementare, potremmo dire. Un invito a colazione non si rifiuta senza valide ragione. Per di più se chi ti invita è una persona che ti piace frequentare, con cui ti trovi a tuo agio, con la quale puoi finalmente parlare di cose significative, abbandonando  – una volta tanto – i discorsi di superficie, quelli tristemente riempitivi, fatti appena per scongiurare il silenzio, per evitare (chissà poi perché) di cascarci dentro…

Per quanto ci siamo visti ancora (troppo!) poco, Alessandra Angelucci è una persona che sento amica e vicina nella mia ricerca “di senso”. E’ dunque con grande piacere che ho accolto l’invito alla sua colazione radiofonica, che si terrà questa settimana, giovedì 17 dicembre alle 10 prossimamente sulle frequente di Radio Giulianova, e poi anche in streaming.

Appena due parole su Alessandra. Giornalista, è critico d’arte per il quotidiano di Teramo «La Città», e per le riviste «Exibart» e «Contemporart». In passato ha diretto il mensile d’informazione «Lo Strillone» ed è stata conduttrice per l’emittente TV6. Nel 2012 ha pubblicato la raccolta di poesie Mi avevi chiesto di fermarmi qui (Duende Edizioni, Premio Roccamorice). Oltre a numerosi cataloghi, ha curato il volume di Fathi Hassan Un africano caduto dal cielo, apparso nella collana Fili d’erba che dirige per la casa editrice Di Felice. Ha curato mostre sia in Italia che all’estero. Collabora con la Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture di Castelbasso. Per l’emittente radiofonica Radio G di Giulianova cura la rubrica d’arte Colazione da Alessandra. E’ la curatrice della mostra “CORDIS, del cuore” di Alice (Palazzo Pardi di Colonnella, provincia di Teramo, fino al 6 gennaio 2016). Collabora inoltre con il sottoscritto alla pagina Facebook di arte e letteratura Il ritorno.

Propongo pertanto assai volentieri il testo che Alessandra stessa ha diffuso via Facebook, per annunciare la nostra “colazione”. Colazione che, oltretutto, ho l’onore di condividere con un artista quale Gian Ruggero Manzoni (in maniera alquanto immodesta, devo dire che sono assai onorato per l’accostamento), e con la giornalista Azzura Marcozzi.

Vi lascio dunque alle parole di Alessandra, aspettando di poter… aggiungere le mie. A colazione, s’intende!

Cari amici di “Colazione da Alessandra” sono felice di annunciarvi i nomi dei prossimi protagonisti della rubrica d’arte che ho il piacere di curare su Radio G Giulianova: GIAN RUGGERO MANZONI, pittore e teorico d’arte, drammaturgo e performer; MARCO CASTELLANI, ricercatore astronomo presso l’Osservatorio Astronomico di Roma dell’INAF, autore, fra i tanti libri, della silloge poetica “In pieno volo” e del romanzo “Il Ritorno”, di recente pubblicazione. Con me in studio la giornalista Azzurra Marcozzi. 
Appuntamento giovedì 17 dicembre, da definirsi per l’inizio del prossimo anno (vi farò sapere), ore 10, Radio G. Replica ore 15.30: frequenze 90.70 oppure 100.20; anche su streaming www.radiogiulianova.net.
GIAN RUGGERO MANZONI è nato nel 1957 a San Lorenzo di Lugo (RA), dove tuttora risiede. È poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, performer. Ha pubblicato, fra le tante case editrici, con Feltrinelli, Il Saggiatore, Scheiwiller, Sansoni, Skirà-Rizzoli. La sua formazione di pittore è avvenuta in Italia a fianco degli esponenti della Transavanguardia; in Germania, a Monaco di Baviera e a Berlino, negli ambienti del neoespressionismo e della neofigurazione tedeschi, in Inghilterra vicino ai graffitisti e fumettisti della Generazione X. Insegna Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino dal 1990 al 1995. Partecipa ai lavori della Biennale di Venezia negli anni 1984 e 1986, edizioni dirette da Maurizio Calvesi. Ha al suo attivo oltre 50 pubblicazioni e 70 mostre pittoriche. Ama abitare in provincia e, come di solito dice, “dell’uomo di provincia possiede tutti i difetti, ma anche tutti i pregi”.
MARCO CASTELLANI è un ricercatore astronomo e lavora presso l’Osservatorio Astronomico di Roma dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica). Si occupa di evoluzione stellare e fa parte del team scientifico del satellite GAIA dell’ESA, nel quale svolge l’attività di ricerca di algoritmi per ricostruire i profili stellari restituiti dal satellite con la massima accuratezza possibile. Ha al suo attivo più di 60 pubblicazioni scientifiche, di cui circa la metà su riviste con referee internazionale. Ha aperto diversi anni fa il blog di divulgazione scientifica GruppoLocale.it (listato nella pagina istituzionale Media INAF) e il blog SegnaleRumore.it per esplorare come la tecnica si rapporta al nucleo più autenticamente umano palpitante in ognuno di noi. E’ stato scelto questa estate per tenere un corso di astrofisica a un gruppo di selezionati studenti universitari a bordo di “Mediterranea”. Marco ama molto scrivere, sia racconti e poesie, sia considerazioni “di cammino” che pubblica sul suo blog personale (cioè questo, ndr). Tra le sue pubblicazioni recenti ricordiamo il romanzo “Il ritorno, le raccolte di poesia “In pieno volo” e “Per prima è l’attesa”. Attualmente sta lavorando su libri a carattere scientifico divulgativo, di prossima uscita, e sta preparando un libro di racconti per ragazzi a sfondo scientifico, di cui alcuni sono stati anticipati con ottimi risultati ai ragazzi di una scuole nazionale. E’ sposato dal 1991, ha quattro figli.

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Tre domande a… LICIA TROISI

Licia Troisi non ha bisogno di molte presentazioni, e non è certo un modo di dire. Scrittrice fantasy in assoluto tra le più note in Italia (e diffusa anche all’estero), autrice della saga del Mondo Emerso, di Pandora, e molti altri libri che sono diventati autentici best seller, e che contano ampissime schiere di appassionati lettori. Non potete gironzolare in una libreria italiana senza incontrare i suoi volumi, riconoscibili fin dalla grafica  – sempre molto curata  – delle copertine. Arriva adesso in libreria il suo primo libro divulgativo, Dove va a finire il cielo.

LiciaTroisiEcco: forse non proprio tutti sanno che Licia Troisi è anche e prima di tutto una scienziata. Il percorso scientifico è stata infatti la sua prima attività, tanto che si è definita qualche anno fa una astrofisica che scrive fantasy: così titolava un post per il Carnevale della Fisica #27 ospitato proprio su questo sito.  Un percorso di tutto rispetto, peraltro. Si è laureata in Fisica con specializzazione in Astrofisica nel 2004 all’Università di Tor Vergata, con una tesi sulle Galassie Nane (quante cose in comune, cara Licia…)  e ha lavorato tra l’altro presso l’Osservatorio Astronomico di Roma. Domani sera (venerdì 11) sarà proprio in Osservatorio per presentare il suo ultimo libro, Dove va a finire il cielo (e altri misteri dell’universo). Un libro diverso dalla sua produzione “tradizionale”, dove Licia attraversa la sua passione per l’astronomia, facendone – se possiamo dire così – un racconto.

La figura stessa di un astrofisico che sia a pieno titolo nella produzione letteraria, è per noi e per il tipo di approccio alla ricerca che promuoviamo (come un sapere amico e in continuo e produttivo interscambio con gli altri modi di fare cultura) una persona di grande interesse, perché lavora – direi quasi inevitabilmente – a colmare questo divario ancora esistente tra due modi di fare cultura, residuo di uno schematismo talvolta ancora propagato nei media e nel sentire comune, ma ormai (grazie al cielo!) senza più alcuna vera ragion d’essere.

DoveVaCieloAbbiamo dunque approfittato della gentile disponibilità di Licia, per porle tre domande, sui temi che più ci stanno a cuore. Qui di seguito potete leggere la piccola intervista: piccola credo nell’estensione, ma di grande interesse. Proprio per quello che arriva a dire su letteratura e scienza, l’Autrice di Dove va a finire il cielo.

La nostra prima domanda, per un libro sul cielo, è abbastanza.. terra terra: puoi dirci quando hai maturato l’idea di scrivere un libro divulgativo? Soprattutto, ci piacerebbe sapere se è – diciamo – la realizzazione di un antico desiderio o se solo di recente hai definito i contorni specifici di questa impresa, e che fattori (interni o esterni) abbiamo giocato nella decisione.

Era una cosa che volevo fare da un po’ di tempo, almeno cinque o sei anni come idea più concreta, ma forse anche da prima. In effetti con la divulgazione scritta mi sono un po’ cimentata sul mio blog, sul quale per qualche tempo ho tenuto una rubrica, Astronomica, in cui rispondevo a domande o commentavo le notizie astronomiche del giorno. Poi ho lavorato per tre anni come divulgatrice all’Osservatorio Astronomico di Roma, quindi è un vizio di vecchia data. Non sono riuscita a farlo prima perché i ritmi della mia scrittura sono piuttosto sostenuti, e trovare il momento buono per tentare una cosa nuova come questa non è stato facile. Quest’estate ci è sembrato quello giusto perché la mia ultima saga di più ampio respiro, I Regni di Nashira, si era appena conclusa, e quella nuova, Pandora, era appena avviata. Così mi sono buttata.”

Da appassionati artigiani della divulgazione, vorremmo ora entrare (in punta di piedi per non disturbare…) nel tuo laboratorio. Cosa puoi dirci della modalità di stesura di questo saggio? Sappiamo bene che hai scritto molti libri di narrativa di grande diffusione, e dunque siamo certi tu abbia una tua collaudata modalità di lavoro, in questo ambito. Siamo curiosi però di sapere quanto la diversa materia di questo libro abbia influenzato la modalità di approccio all’opera. Puoi dirci qualcosa, su questo?

“Diciamo che la parte più complessa è stata trovare una voce; di libri di divulgazione ce ne sono tanti e moltissimi ottimi, per cui occorreva trovare una chiave per declinare la materia in modo personale. Finora mi ero sempre misurata con la narrativa, e non avevo provato la saggistica di ampio respiro. Ho dovuto fare un paio di prove prima di capire che la soluzione era sfruttare proprio la mia vena narrativa, e raccontare la scienza come fosse un contenitore di storie: la mia, in primis, di studentessa e ricercatrice, e quella di tutte le persone che il cielo hanno ammirato e studiato. Trovato questo, la stesura è andata abbastanza liscia; ho avuto un paio di difficoltà su alcuni argomenti un po’ più ostici (l’inflazione su tutti), e ho penato non poco per ritrovare le fonti di tutti i dati e le citazioni che ricordavo solo a spanne. Ho avuto però anche un ottimo editor scientifico in Luigi Pulone, ricercatore dell’Osservatorio di Roma, che mi ha dato molti spunti interessanti.”

A tuo avviso, in che senso e in che misura la divulgazione della moderna indagine del cielo può assumere i tratti specifici di un “racconto”? Quanto spazio c’è per la fantasia nello studioso che descrive il cielo, o che appena lo indaga? Letteratura e scienza sono veramente campi così diversi, o forse (azzardo) lo sono stati e ora pian piano si apre – anche con iniziative come il tuo libro – una stagione nuova? 

“Credo siano cose diverse, ma assolutamente non contrapposte, e che soprattutto si possono ibridare spesso. Quella del racconto io credo sia un modo per veicolare un contenuto, uno dei più efficaci, nella mia esperienza. Ci sarà del resto una ragione se il racconto di storie sia una costante dell’avventura umana, dalla preistoria a oggi. In questo senso è possibile “raccontare” la scienza come fosse una storia, perché ogni scoperta, ogni teoria, si tira dietro appunto molte storie: quelle degli scopritori, quella della teoria, a volte anche i miti di culture lontane. L’evoluzione stellare, che è il mio campo, ad esempio, è una storia: la storia dell’eterna lotta tra la pressione di radiazione delle reazioni termonucleari e la forza di gravità. Ripeto, è una questione di come si vuole veicolare un certo contenuto. In questo senso, non c’è grande differenza con la narrativa. 

D’altronde, la mia esperienza è che la fantasia sia un fattore importantissimo nell’indagine scientifica. Qui in genere mi piace citare Carlo Rovelli, che nelle sue Sette Brevi Lezioni di Fisica dice appunto che la scienza è prima di tutto una questione di visione e immaginazione. E mi torna sempre in mente il giovane Einstein che immagina di trovarsi con una torcia a cavallo di un raggio di luce. La fantasia è necessaria per produrre idee nuove che riescano a spiegare fenomeni nuovi. Senza capacità di immaginare non c’è progresso. 

Io spero che in futuro non si debba più assistere a questa divisione in compartimenti stagni che vediamo oggi nella cultura italiana: scienza di qua, figlia di un dio minore, e letteratura nell’empireo, una cosa che fa male tanto alla prima che alla seconda. In parte ho scritto questo libro anche per dire che la scienza, come tutti i prodotti dell’intelletto umano, è cultura, e di altissimo livello.”

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La fisica del buco

Che poi, la cosa mi sembra questa, e anche abbastanza semplice, dopotutto. C’è questo buco, questo enorme buco dentro di me. Ora, il fatto è che – detto in maniera spiccia, saltando i passaggi – solo Cristo riempie questo buco. Non è questione qui di coerenza o di essere all’altezza o di tutti gli sbagli che si fanno, e cose così. E’ una questione semplicemente – con tutti gli sbagli possibili – di “fisica del buco”, diciamo. 
Voglio accogliere questo annuncio, almeno come ipotesi di lavoroSolo Lui riempie questo buco, attraverso la modalità storica concretissima che ha scelto per raggiungermi. Se questo, detto così spiccio, è vero, si capisce che accettando questo, accomodandosi in questo (con tutte le mie imperfezioni, le ben note reiterate defezioni, etc…) si inizia a trovare un po’ di pace, e si vedono le cose in modo diverso e più libero. 
Più libero, proprio: perché rifiutando questo si rimane con il problema di riempire il buco (luce rossa lampeggiante sul cruscotto, in pratica), e non c’è da illudersi tanto, perché per quanto ci possiamo pensare più liberi, in realtà siamo molto molto condizionati – perché il nostro primo e direi unico obiettivo sarà inevitabilmente quello di riempire il buco, di trovare qualcosa o qualcuno che riempia finalmente questo enorme buco, che sani questa ferita sanguinante. Così per paradosso pensando di essere più liberi, va a finire che lo siamo molto molto meno.
Certo c’è da mettere in conto la resistenza egoica contro questa cosa, perché il buco viene riempito non secondo un nostro progetto, una nostra costruzione, una nostra sapienza. Viene riempito essenzialmente da una nostra resa. Da un nostro che umilissimo riecheggia quel Sì che la tradizione cristiana proprio oggi festeggia.
Siccome c’è questa resistenza non basta assentire a questa linea di pensiero, ci vuole un lavoro attivo, quotidiano. Che comprende le declinazioni pratiche che già conosco, come la Scuola di Comunità,  e il percorso di Darsi Pace. Cose che non ho scelto per mia profondità di visione, beninteso: cose in cui sono stato guidato. 
E può darsi si tratti perfino di dire ad un percorso psicologico, perché non si sia tentati dallo spiritual bypassing, ovvero di coprire problemi irrisolti – sui quali invece si può e si deve lavorare – sotto un rigido cappello devozionale. Una sorta di tentazione di impazienza dalla quale mette in guardia anche un monaco come Anselm Grun (da lui ho preso il termine, che mi sembra molto efficace).
E certo comprende anche la meditazione, la preghiera. 
Senza scandalo, è necessaria una continua ripresa. Coraggio, pazienza, umiltà, perché non si tratta di incantesimi strani, si tratta di materia lavorabile, malleabile. Addolcibile.

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Atmosfere notturne, lo stupore costante del nostro cielo

Lo sapete, noi di GruppoLocale cerchiamo di guardare al cielo con una meraviglia quotidianamente rinnovata, convinti che dallo stupore possa arrivare la vera conoscenza, quella che coinvolge tanto l’intelletto quanto il cuore e le emozioni. Emozioni che riteniamo essere parte ineliminabile del cammino umano.

Ecco perché siamo particolarmente lieti di presentare il nuovo libro fotografico di Gianluca Li Causi, ricercatore INAF e divulgatore di FISICAST, il podcast di fisica del quale ci siamo occupati più volte (e nel quale ha fatto una recente “comparsata” il nostro amico Phòs, tra l’altro). Perché va esattamente nella direzione che a noi più esalta, quella della instancabile coniugazione del rigore scientifico con lo stupore inesausto della contemplazione del bello.

Curiosi come siamo, abbiamo raggiunto l’Autore per rivolgergli qualche domanda….

foto del libroGruppoLocale: Caro Gianluca, iniziamo con una domanda tanto semplice quanto, probabilmente, inevitabile: perché hai voluto realizzare questo libro?

Gianluca: Nel mondo contemporaneo, a causa dell’inquinamento luminoso che vela i cieli urbani, è purtroppo ormai inconsueto volgere lo sguardo al cielo stellato, o anche soltanto rendersi conto che c’è qualcosa da vedere sopra le nostre teste… Ecco, il mio libro fotografico vuole semplicemente far questo, ovverosia riportare il lettore alla contemplazione del cielo notturno e della sua magica atmosfera.

GruppoLocale: Però! Questa ci sembra davvero una splendida occasione per recuperare l’essenza di una visione romantica (nel senso etimologico del termine) oramai quasi dimenticata…

Gianluca: Si è così, sai. La spinta del fotografo notturno è proprio quella capacità di stupirsi di fronte alle manifestazioni della natura, come se fosse davvero lanciato alla continua ricerca dell’infinito… penso ai quadri di Caspar Friedrich, tanto per fare un esempio. I luoghi più remoti e solitari delle lande deserte o dell’alta montagna, le notti di plenilunio, o quelle piene di stelle con la Via Lattea che solca il cielo, devo confidarti che mi suscitano sempre emozioni molto intense.

IMG_9270 Panorama-FINAL-small

GruppoLocale: Questo è bellissimo, e tra parentesi è proprio l’atteggiamento di “stupore” che noi di GruppoLocale cerchiamo di coltivare e di diffondere. Permettimi però a questo punto di entrare un pochino nello specifico: che tipo di fotografie hai pensato per evocare questa particolare atmosfera?

Gianluca: Guarda, nelle mie immagini ricerco gli accostamenti che esaltano il contrasto tra la dinamica immensità del cielo stellato e la immutabile staticità del paesaggio terrestre, per così dire. E’ difficile trasmettere soltanto con una foto, a chi non l’abbia vissuto in prima persona, il fascino di una notte cristallina in alta montagna o della volta celeste che circola ampia e avvolgente sulle rovine del passato. D’altronde, è proprio questa la sfida delle Atmosfere Notturne: rievocare con l’immagine fotografica quelle emozioni. Nel dettaglio, la mia ricerca fotografica tenta di riprodurre il realismo della percezione visiva, che però è molto diversa da quella della pellicola o dei sensori digitali, e per questo utilizzo specifiche tecniche di ripresa e di elaborazione.

GruppoLocale: Beh, allora immagino che i tuoi scatti siano realizzati tramite le macchine digitali più avanzate e costose…

Gianluca: No anzi… tutt’altro, direi! Considera che quasi metà delle foto pubblicate sono state riprese su pellicola, quando ancora c’era l’emulsione fotografica. E in ogni caso anche la fotocamera digitale viene sempre utilizzata in modalità manuale per queste foto. Le macchine costose e piene di automatismi qui non servono.

GruppoLocale: Sempre più interessante, Gianluca! Ma ora, se non ti dispiace, dicci qualcosa di te: che fai nella vita, oltre ovviamente le foto?

Gianluca: Sono ricercatore all’Istituto Nazionale di Astrofisica, dove lavoro soprattutto nel campo tecnologico. La passione per l’astronomia è nata quando ancora andavo alle elementari, quella per la fotografia è venuta dopo. Ora devo… convivere con entrambe!

GruppoLocale: Senti un po’, ma oltre che sul libro, per caso si possono vedere anche su Internet le tue foto?

Gianluca: Certamente, ne trovi una buona selezione sul sito www.notturni.it, che curo ormai da molti anni e dove metto anche gli annunci delle mostre che ogni tanto organizzo. C’è anche qualche breve articolo divulgativo che spiega un po’ di trucchi e di tecniche per iniziare a ritrarre il cielo stellato, per chi ne avesse il desiderio (potete per esempio consultare questo link, per iniziare).

GruppoLocale: Ma se, poniamo caso, un nostro lettore volesse acquistarlo: lo trova in libreria?

Gianluca: Niente libreria, ho scelto di realizzarlo e stamarlo su Blurb per la perfetta riproduzione dei colori, che come capisci bene per questo tipo di fotografie è cosa molto delicata. Si trova on-line a questo indirizzo internet, dove è anche possibile sfogliarlo dalla prima all’ultima pagina, prima di decidere se acquistarlo.

GruppoLocale: Beh, potrebbe essere una buona idea per un regalo natalizio fuori dal coro! Allora grazie per l’intervista e… cieli sereni per le prossime foto.

Gianluca: Grazie a voi per questa bella opportunità! E naturalmente… cieli sereni!

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