E’ stato un crescendo continuo di voci, indiscrezioni, cinguettii, mezze ammissioni, ammissioni senza ammetterlo. Ma la sensazione che qualcosa di grosso (e concreto) stia per essere svelato, quando finirà il faticoso – e lacunoso embargo – ebbene quella c’è. 

Le elusive onde gravitazionali, queste bizzarre increspature dello spazio tempo, sono state previste da tempo dalla teoria, ma non si sono mai riuscite ad osservare. Finora, dobbiamo aggiungere. Come dicevamo in apertura, c’è una crescente sensazione – suffragata da diverse circostanze – per cui dovremmo ormai essere alla vigilia di un annuncio epocale

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Personalmente, rimango intrigato dai sorrisi e dai silenzi sornioni che capita di ricevere quando vai a pungolare qualche collega in osservatorio che – per il lavoro che sta facendo – ne dovrebbe sapere qualcosa. A volte anche il modo di tacere, pur non violando formalmente alcun embargo, sembra essere abbastanza indicativo.

Tra un paio di giorni dovrebbe concludersi comunque questo famoso embargo, il periodo di concordata attesa prima di poter annunciare urbi et orbi una eventuale notizia di avvenuta detezione, che sicuramente sarebbe di grande portata. Ed è lecito stare molto attenti a quello che potrebbe capitare. Ed anche, sperare che un altro importante tassello nella conferma delle teorie che spiegano come mai l’universo è come lo vediamo, venga brava brava a mettersi al suo posto.

Nel mentre, si può certo riflettere su come sta cambiando anche la comunicazione scientifica nell’epoca di Internet. Nell’età di Twitter e di Facebook, ogni indiscrezione è immediatamente rimpallata sull’arco intero dei media planetari e in poche ore anche un embargo che si pretende inossidabile è di fatto quasi annullato.

Certo, poi sono sempre cose ed informazioni che bisogna confermare. Non basta una rondine per fare primavera, e non basta un tweet per definire anzitempo realtà la scoperta delle onde gravitazionali. Sono dichiarazioni che vanno verificate e vagliate accuratamente. Troppo spesso la fretta ha causato improvvide e quasi esilaranti situazioni, come quella dei neutrini superluminari, di cui molti conservano memoria con un misto di ilarità ed imbarazzo.

D’altra parte, le cose sono sempre complesse, più delle loro riduzioni e rappresentazioni. Quanto aspettare, quante verifiche condurre, quando senti di aver tra le mani un risultato stratosferico? La tentazione di uscire allo scoperto, di fare l’annuncio in pompa magna (e magari di sistemarsi la carriera) è difficilmente sopravvalutabile. Ed è – aggiungo – pienamente umana.

Si deve cercare dunque un ragionevole compromesso. Un risultato di portata storica deve propagarsi in tempi brevi, ma non così brevi da non poter aver avuto almeno una ragionevole evidenza del fatto che il margine di errore sia stato ridotto a limiti accettabili. La regola del pollice, evidente buon senso che travalica l’ambito scientifico, è che tanto più dici una cosa che è (letteralmente) straordinaria, tanto più devi essere sicuro di quello che dici.

Confidiamo che sia così anche per le ormai non-troppo-ipotizzate onde gravitazionali, né abbiamo alcun motivo di pensarla diversamente. E possiamo ormai lecitamente aspettarci una qualche  notiziona, al proposito.

Quello che forse non va dimenticato, quello su cui è utile riflettere, è qualcosa che ha a che vedere con la natura stessa di questo rimbalzo mediatico, su questa enfasi che sta montando di ora in ora. E’ bene essere entusiasti, ma a patto che questo non finisca per trasmetterci una errata concezione della scienza, e del lavoro dello scienziato.

A costo di apparire scontati, bisogna ricordare che il vero lavoro degli scienziati avviene lontano dal chiasso mediatico, ed è una paziente applicazione di giorni, settimane, e magari anni, sovente non confortati da nessuna concreta evidenza sperimentale, se non da una convinzione interiore ed una applicazione indefessa per la quale, davvero, piano piano la realtà si decide a mostrare le sue fattezze.

E’ sempre la fiduciosa pazienza che opera e consegue. L’universo, peraltro, non sembra avere troppa simpatia per chi ha fretta o non lo indaga con la umiltà necessaria, per la quale si è disposti a mettersi sempre in discussione, e a valutare accuratamente un’idea magari di un collega ben più giovane e con meno esperienza. E’ questo il bello della scienza: comandano i fatti, e i fatti sono testardi, lo sappiamo.

E dunque, ben vengano gli annunci roboanti, ben venga l’eccitazione per la scoperta: è cosa bella e buona. Ed anzi  buonissima, se serve a farci comprendere che viviamo in un universo affascinante da indagare e da scoprire. Ma non dimentichiamoci che il lavoro di chi fa scienza, di chi fa cultura, è lì che avviene. Nel laboratorio, davanti al computer, nella stanza di controllo dell’acceleratore, nelle notti insonni al telescopio.

Comunque sia, lontano dai media.

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