Devo dire che è davvero una bella opportunità, un magnifico regalo, quello di essere stato selezionato per il laboratorio di scrittura creativa Rai ERI Il libro che non c’è. La materna dedizione e l’intelligente passione di Paola Gaglianone (editor di professione) e l’ironia frizzane e l’attenzione amichevole di Alessandro Salas (giovane autore), si intrecciano insieme in un connubio felice e sovente “virtuoso”, per contemplare alla fine quello che comunque rimane un mistero, ovvero l’arte di scrivere.

Perché scrivere certo rimane un mistero. Esiste cioè un quid che non si presta ad essere investigato in modo analitico, che sfugge e chiama sempre ad un di più rispetto ad una qualsiasi possibile piana delucidazione. Che sfugge ad ogni compiuto srotolamento in parole. Dunque in un certo senso, qualcosa che non è accessibile a nessun corso, a nessun laboratorio.
E tuttavia – come mi sto sempre più rendendo conto, l’utilità di un laboratorio di questo tipo è fuori discussione. Ragionare insomma sul libro che non c’è, affondare le mani nell’oceano delle possibilità, pensare a ciò che ancora deve prendere forma, a come deve farlo, al modo più efficace per farlo sviluppare. Tutto questo è utilissimo. Paradossalmente, tanto più utile quanto ancora  e sempre, il nucleo pulsante rimane protetto nel suo guscio di mistero. 

Sì, perché se è vero che al fondo dell’arte di scrivere bene, come ogni arte, c’è un mistero che non accetta volentieri di essere guardato, indagato a parole, intorno a questo nucleo pulsante c’è pure un esteso territorio in cui si può e si deve ragionare. Che può essere lavorato. Per rispetto di chi scrive, e di chi legge, parimenti.

Assai significativamente, stiamo scoprendo, nel laboratorio (ormai arrivato alla quarta lezione, in un ciclo già ricco che ha incluso anche un interessante incontro con Dacia Maraini), come il gesto dello scrivere sia un gesto di ricerca di senso e dunque un gesto completamente e propriamente umano. Solo da questo è possibile poi lanciarsi nell’analisi più tecnica delle modalità del narrare, dello scegliere il punto di vista, della prima o terza persona, e così via, secondo tutte le declinazioni del caso.

Solo dopo, dunque. Niente tentazioni sterilmente strutturalistiche, in questo laboratorio (grazie ai cielo). Impariamo invece, contro ogni freddo riduzionismo, come alla fonte dell’impulso creativo vi sia sempre e comunque la ricerca di senso, che è poi il mestiere fondamentale dell’uomo. Ciò per cui è nato. Ed ogni declinazione tecnica può e deve essere compiutamente sviscerata, perché anche scrivere ha le sue regole, le sue tecniche (da conoscere e da superare, se è il caso).

Ma il senso viene prima, come atto visceralmente umano. L’unico interessante, l’unico probabilmente che valga la pena raccontare: in un libro che ancora non c’è. Ma che potrà esserci.

Mi viene da dire, imparare questo, ancora e di nuovo, non ha prezzo.
Grazie Paola, Alessandro. Grazie di questa opportunità.

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