Blog di Marco Castellani

Mese: Settembre 2016

Una notte per comprendere ed amare la ricerca

Abbiamo già accennato, in un articolo di pochi giorni fa, all’importante evento della Notte Europea dei Ricercatori 2016, evento organizzato da Frascati Scienza, che avrà certamente la sua massima espressione il giorno 30 del mese di settembre.  Come già specificato, per quest’anno e il prossimo il marchio caratterizzante l’iniziativa sarà lo slogan Made in Science che ben esprime quel senso di viva fattualità che è un’impronta dell’autentica attitudine alla scienza, come intervento di comprensione “attivo” sul mondo. Un’azione virtuosa di affinamento della domanda che provoca quasi irresistibilmente la Natura a fornire risposte sempre più articolate e profonde, in una avventura davvero senza alcun limite.

A distanza ormai di pochi giorni, è forse il momento giusto per  dare un’occhiata al programma delle iniziative: programma assai nutrito, che mai come stavolta presente una rosa di opzioni per i palati più vari.

notteuropea16300x250Tra aperitivi scientifici, conferenze, laboratori e giochi, e visite nei centri di ricerca, si  potrà agevolmente trarre ogni vantaggio da una offerta che mostra, nel declinarsi concreto, come la scienza stessa non sia affatto una entità “monolitica” e con la quale magari risulti difficile “entrare in contatto” (come talvolta si teme), ma si tratti invero di qualcosa di accessibile e inaspettatamente articolato. Proprio iniziative come queste appaiono importanti per aiutare a comprendere “dal vivo” l’universo concettuale e pratico dentro il quale si muove chi ha scelto di fare ricerca per mestiere.

In questo articolo vorrei soffermarmi con maggiore enfasi sulle iniziative promosse nell’area di Monte Porzio Catone dall’Osservatorio Astronomico di Roma, anche e soprattutto per una motivazione abbastanza ovvia di appartenenza che mi lega (ormai dal lontano 1998…) a questa realtà. Come è noto, l’Osservatorio è una struttura dell’INAF, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, che di suo ha una proposta estremamente ricca ed interessante di iniziative.

Per quanto riguarda dunque specificamente l’Osservatorio, grazie allo sforzo partecipato di chi lavora in tale area, saranno disponibili diverse interessanti soluzioni, come l Planetario digitale, il LightLab, l’Astrolab, l’MPT (il nostro telescopio per le osservazioni stellari) ed anche una conferenza sulle onde gravitazionali – argomento decisamente di stringente attualità, del quale anche qui ci siamo occupati in diverse occasioni.

Per chi vive o si trovasse da quelle parti, è un’occasione sicuramente da cogliere al volo, un momento privilegiato per sperimentare una rinnovata coniugazione tra l’Istituto e il territorio, una coniugazione del resto che si rivela non da oggi come una cifra caratteristica dell’Osservatorio, che nel tempo ha sperimentato – sovente, con ottimo successo di pubblico – diverse strategie comunicative, sempre nel segno di quella “alta divulgazione” che ha visto e vede in prima linea gli stessi ricercatori protagonisti delle ricerche più affascinanti ed attuali.

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L’Osservatorio Astronomica di Roma,  in una recente e suggestiva immagine di Luca Zappacosta

L’Osservatorio ha appena completamente rinnovato il suo sito web, proprio nel segno di una maggior fruibilità anche da parte dei non addetti ai lavori, nell’ottica dunque di una comunicabilità scientifica più ampia e al passo con i tempi. Un piccolo – ma credo efficace  -segno di una volontà chiara di muoversi in direzione di questa idea di relazionalità ampia comunicazione che del resto si presenta come tratto ormai imprescindibile – complice anche la rivoluzione delle comunicazioni di questi ultimi anni – di tutta la scienza moderna.

La Notte dei Ricercatori di Frascati Scienza è un progetto finanziato dalla Commissione Europea. Per una articolazione completa della manifestazione ricordiamo che è disponibile anche il comunicato stampa in formato PDF stampabile.

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Da Larnaca (half way trip)

Veloci appunti di metà viaggio, approfittando della connessione wifi. Ecco, Mediterranea è ritornata adesso a Larnaca dopo qualche giorno di navigazione. Siamo approdati proprio oggi pomeriggio, mentre a bordo si terminava la terza lezione del nostro programma di studio del cosmo, una di quelli più impegnativi. Quella sull’evoluzione stellare, concentrata in una giornata appena (benchè già ne avessimo sfiorato vari aspetti lunedì e martedì, nelle lezioni sul Sistema Solare e sull’astronomia multimessenger, per usare una dizione abbastanza in voga oggi).

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Ragionando di astrofisica, si cresce tutti (ragazzi e Tutor…)

Chiaramente, qualcosa va lasciato fuori. Possiamo fare poco più di una introduzione, nel tempo che abbiamo a disposizione. Eppure è tanto, veramente tanto, te ne accorgi facilmente. Perché quello che si stabilisce nel tempo, per quanto limitato, è una cosa preziosa. Lo capisci ancor meglio ora: ora che ci ripensi, ancorato al porto di Larnaca, appollaiato con il portatile sulla barca. Mentre intanto il cielo si fa piano piano più scuro, ma di quel buio che non spaventa, di quell’oscurità che è preludio di un sereno, oppure comunque di una mitigazione dolce di ogni soffrire – perchè fa spuntare loro, le stelle.

Di stelle oggi si è parlato nella terza lezione di Astrofisica su Mediterranea, appunto. E se non è il momento per fare bilanci, dal punto di vista del Tutor (in parole povere, il sottoscritto), è però il momento di cominciare ad essere grato. Grato di condividere una esperienza di questo tipo con dei ragazzi attenti e curiosi, sereni e rispettosi.

Sempre così inizia, comincia che magari un po’ di impaccio e di perplessità ci può anche essere: in fondo i ragazzi non li conosci, non hai idea. Sai solo che sono stati selezionati in base alla bravura e alla motivazione. Ma in fondo, non sai. Eppure fai anche abbastanza in fretta a capire che ti puoi fidare, puoi anche condividere il tuo entusiasmo, puoi inbarcare anche loro, sia pure per pochi preziosi giorni, nell’esperienza affascinante di navigazione dei cieli. 

Puoi, perché loro ti seguono. E a volte – con le loro domande – ti precedono.

Perché alla fine – ormai lo hai ben capito – non puoi fare altro che questo, puoi continuamente passare il testimone, perché persone più giovani di te vengano catturate e rilancino, perché incuriosite da qualcosa che hai detto, si mettano a guardare il cielo, a pensare il cielo, in modo un po’ diverso dal solito, in modo un po’ più consapevole.

E già questo apre una bella partita, per la loro esistenza. E in fondo, ragazzo mio, anche per la tua.

 

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Tu sei un bene per me

Rosa la incontro la mattina del mio secondo giorno, subito dopo la Messa. Sono arrivato sabato pomeriggio, in compagnia di altri amici ciellini (così si apostrofano, anche tra loro, le persone vicine al movimento di Comunione e Liberazione): Daniela, Loredana e Michele. Il mio equipaggio, in poche parole.

Da qualche anno, da quando ho riscoperto con più chiarezza l’attrattiva della sequela nel movimento, cerco di non mancare un passaggio al Meeting di Rimini, almeno per un paio di giorni. Lo sento parte del mio cammino, uno dei punti forti dell’anno, qualcosa che innerva di senso e significato lo stesso procedere.
Quest’anno però ci si era messo proprio tutto, inclusa — in prossimità della partenza — perfino la rottura della macchina in autostrada. Ero quasi certo di dover rinunciare. Invece eccomi, sabato verso le cinque sono ormai quasi alla Fiera, con la fretta di arrivare in tempo per l’incontro introdotto da Marco Bersanelli, quello sulle onde gravitazionali. Quello — mi dico — lo “devo” proprio prendere.
Rosa poi mi avrebbe scritto (o come si dice oggi, messaggiato).

Al Meeting 2016 mi ci ha portato Alice, mia cognata. Lei, che ci va da quando aveva sedici anni, tutti gli anni, ad ogni angolo incontrava qualcuno da salutare. Io la seguivo docile, accettando le mostre o i convegni che mi proponeva, in qualche caso aggregandomi a sue amiche, se la proposta mi convinceva maggiormente e se il gruppo si scindeva.

L’incontro condotto da Bersanelli — che ospita Roberto Battiston, Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana e Laura Cadonati, Professore Associato presso la Scuola di Fisica del Georgian Institute of Technology, è denso e molto valido, per tutti. Per me è anche un anticipo regalato di questa “altra” idea di scienza, che tentiamo di sviluppare anche dentro il movimento Darsi Pace: una idea di scienza, in poche parole, aperta alle istanze della cultura e della spiritualità. Dunque, un incontro subito e pienamente darsipacista, appena arrivato. È certo un buon inizio.
Ma è così, ormai. L’avrei confidato a Rosa il giorno dopo: ho perfino smesso di contare le concordanze, non distinguo più se un pensiero, una citazione, uno spunto, mi vengono da Comunione e Liberazione oppure da Darsi Pace (molte volte perfino le fonti delle citazioni sono le stesse). Io la vedo così: al di là delle sigle, delle declinazioni organizzative, c’è l’unificazione delle forze. Come insegna la fisica, ad alti livelli di energia tutto è uno, la diversità si ricompone, si integra: è la strada, la strada dove sono stato posto. Io, di mio, non ho deciso proprio nulla, di mio non decido mai niente: l’unica cosa che posso decidere, l’unica cosa che mi è richiesta, è il mio assenso a seguire, a rimanere — e a ritornare — sul cammino.
Ma non dovrei stupirmi. In Darsi Pace faccio questa strada in compagnia di ex anarchici, di suore, di persone della più varia estrazione e storia. Ognuno integra il percorso, con la sua specifica formazione, e per ognuno — mi pare — accade questo miracolo di integrazione.
Una strada che si snoda ormai dall’ottobre di due anni fa, e che mi ha regalato tanto, e soprattutto una grande ricchezza umana, articolata in incontri, sorrisi, incoraggiamenti, intese. Capisci finalmente il conforto di tante persone che camminano insieme con te: attraverso di loro vedi che le tue debolezze non sono obiezione a niente, ma proprio a niente. Una cosa che da solo, probabilmente, non capiresti mai.
Sì, l’avrei detto a Rosa la mattina dopo, tutto si integra. Se la incontro è poi colpa di Facebook (ma in fondo se sono nel percorso Darsi Pace è sempre ed ancora “colpa” di Facebook, per quel post che intercettò il mio interesse, qualche anno fa). È lui che, alquanto impiccione, mi avverte che ho un amico nelle vicinanze. Avverte anche Rosa, ovvio. E così ci mettiamo in contatto.

È stata una gioia per me incontrare due “insorti”, due persone conosciute al Seminario di Trevi: uno, è un Astrofisico e l’altro un Parroco.

D’accordo (a proposito, io sono l’astrofisico, ovviamente). Ci si vede la domenica mattina, subito dopo Messa.

Bellissima la Santa Messa di domenica 21, Spettacolare il flusso ordinato con cui i ciellini si muovono per l’eucarestia.

La sera del sabato, sono allo spettacolo di Paolo Cevoli, “Perché non parli”. Bello, certo un pelino forse richiede attenzione e concentrazione, perché fa tutto da solo. Non hai il conforto di un dialogo, che magari alleggerisce. Ma è bravo, e soprattutto si respira una buona aria. Quella buona aria di misericordia, che si sente un po’ dovunque, qui in Fiera.
E certo, di bella allegria.
L’allegria totalmente non forzata dei volontari al meeting — è questo spettacolo che mi si rinnova ogni volta che vengo, che dissolve gli strati di cinismo che la vita distratta mi mette addosso. D’altra parte, l’allegria non forzata di qualcuno, la letizia anche solo come accenno, è qualcosa con cui comunque fare i conti, qualcosa che non ti lascia tranquillo, ti spinge a cercare, a capire. Qualcosa che si ripercuote in ogni angolo, agli shop, ai bar, alle mostre. Quello che riescono meglio, quelli che patiscono l’affollarsi delle persone. Tutti.

Le mostre che ho visto mi hanno emozionata. Più di tutte “L’Abbraccio Misericordioso” che anche nei testi del catalogo ho trovato molto affine al pensiero di DP; la mostra su “Madre Teresa” mi ha straziata e anche “American Dream” un viaggio tra i Santi Americani, è stata di grande impatto emotivo. Ho trovato poco piacevole, ma per la disorganizzazione che ha visto far accavallare i gruppi facendo perdere ogni senso, “Restaurare il Cielo”

La mattina di domenica dopo la Messa, mi trovo dunque con Rosa vicino alle piscine. Rosa sta per iniziare il primo anno in Darsi Pace, dopo essere stata a Trevi per la settimana “insurrezionale” (e avere visto una sbaraccata di video di Marco Guzzi, come mi dice). La incontro in compagnia di sua cognata Alice. Ha il mio stesso entusiasmo, Rosa: quello di trovare nel meeting mille cose che hanno un sapore darsipacista.
Parliamo un po’, ed è come se ci conoscessimo da sempre. Quando ti muovi su un territorio comune, sembra che il dialogo sia più efficace. Ci si comprende meglio, più rapidamente. Lo stupore comune di quello che si sta vedendo in opera, rende tutto più facile. Dobbiamo riportare Marco al meeting! ci diciamo — entusiasti come bimbi — e ci pare al momento un’idea di straordinaria importanza. L’aria che si respira qui è un’aria amica a Darsi Pace. Dobbiamo lavorarci. Farlo venire per un incontro. Già, gli incontri, appunto.
Dal punto di vista degli incontri ce n’erano tanti e in contemporanea. Di sicuro non era facile garantire per tutti la stessa qualità, Molti, molto belli, intensi. Mi limiterò a citare quello che mi è piaciuto di più. Il preferito, “Un abbraccio che cambia la storia” con Mons. Paolo Pezzi, Arcivescovo di Monza e Vladimir Legoyda, Presidente dei Rapporti Chiesa — MassMedia del Patriarcato di Monza, con moderatore Alberto Savorana.
Lascio le due donne, con una bella impressione per la loro serenità. Saprò dopo, con grande stupore, che hanno attraversato un dolore molto forte, una grande perdita. A volte, vedo che persone sottoposte dalla vita ad un forte scossone sono proprio quelle che cercano con più serietà, come avessero sfrondato il cammino da tante cose inutili, da tante preoccupazioni di superficie. E questo si riverbera intorno, non c’è dubbio.
Il pomeriggio di domenica è molto denso, con gli incontri di Luca Doninelli sul tema del meeting, Tu sei un bene per me (ovvero, esclamerebbe la mia parte darsipacista, la bellezza inesausta della vera modalità relazionale, del superamento dell’io ego-centrato!), e quello di Davide Rondoni, uno dei poeti contemporanei che ammiro di più, su Shakespeare ed il senso dell’altro in Amleto.
Tutto, tutto rimanda a questo rapporto con l’altro (e con l’Altro), e tutto acquista un senso più vero, più sanguigno, più reale, dopo che questi due anni in Darsi Pace mi hanno fatto comprendere quanto questo rapporto con l’altro, compreso come fonte di bene, non sia scontato ma sia come un termine di un cammino, un già e non ancora. Un cammino innanzitutto dentro di sé, di cui qui si ritrovano le ragioni. In mille incontri e mille diversi linguaggi, più o meno efficaci.
Ho apprezzato particolarmente il linguaggio chiaro e diretto di Vladimir Legoyda del quale ho annotato una frase in particolare sul mio taccuino “Il cristiano non ha altro modo di cambiare il mondo se non innanzi tutto cambiando sé stesso” (che ne dite?) Non mi è piaciuto ad esempio “Le città non possono morire” soprattutto per l’emersione di un linguaggio ancora troppo politichese e mi pare avulso da vere soluzioni operative.
Ma l’incontro che mi colpisce di più è senza dubbio quello che chiude il mio meeting. Ripartirò infatti lunedì a mezza giornata. E prima faccio in tempo ad assistere all’incontro condotto da Roberto Fontolan, “Quale Islam in Europa”, con Wael Farouq, Docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano, e con Aziz Hasanovic, Gran Muftì di Croazia.
Qui — proprio sul punto di lasciare la Fiera — accade un piccolo miracolo interiore.
Qui la commozione per la testimonianza anche di chi ha profondamente sofferto e ciononostante ha scelto la modalità relazionale come approccio con l’altro, con le persone di altra fede, diventa commozione di me che ascolto. E gratitudine, vera gratitudine per l’offerta di una chiave interpretativa non bellica e pienamente realistica del rapporto con l’Islam. E in ultima analisi, del rapporto con chi è differente da me per visione del mondo, ma fratello, pienamente fratello in umanità. È la gioia purissima di un abbraccio, di sentirsi finalmente abbracciati, che mi rimane addosso mentre mi avvio alla stazione del treno.
Se devo trarre una conclusione direi che “L’abbraccio” in congresso, in mostra, in verità è il simbolo della resa del cuore, della nostra guarigione, della guarigione del mondo. L’abbraccio, nella misericordia.
Tutto si può dire del Meeting, di tutto si può ragionare: e questo non intende essere un intervento apologetico, né del meeting né di CL. Ma ecco, la Misericordia si avverte. Una misericordia a tutto campo, che non sopporta etichette o sigle o tessere di appartenenza. Mentre mi porto dietro questo abbraccio, i volti, i visi di tante persone di buona volontà, mi accorgo che il cinismo che mi avvelena così spesso nell’ordinario, non è l’ultima possibilità, è solo una (pessima) scelta. Una scelta che si può rivoltare, come un calzino.
Si può sperare, infatti. Si può camminare, perché la strada esiste.
Una strada — ne sono certo — che si può per larghi tratti percorrere tutti insieme, ma tutti. Tutti quelli che non hanno rinunciato a sperare, qualsiasi cosa credano o non credano.
Tutti.
Per darsi pace, la strada c’è: passa per gli incontri, i volti. Passa per l’uomo, coinvolto da Qualcosa di grande: quel soffio che per un momento lo distrae perfino dal suo limite, lo lascia a bocca aperta. A ritrovarsi addosso l’accenno di questa illogica allegria (per dirla con Gaber), fonte e ragione del cammino della vita.

Gli interventi in corsivo e rientranti sono di Rosa, il resto del testo è del sottoscritto.
Versione rivista del post pubblicato sul blog DarsiPace il 15 settembre 2016.

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Una notte “made in science”

Possiamo dirlo, il  “made in Italy” è grazie al cielo ancora un segno di grande qualità, per il resto del mondo: quel segno che ci siamo abbondantemente meritati, per l’eccellenza dei nostri prodotti più tipici. Sulla scorta di questo slogan si basa la felice decisione di denominare made in science il tema della Notte dei Ricercatori, una interessante iniziativa organizzata da Frascati Scienza, che perviene quest’anno alla sua undicesima edizione. Il marchio Made in Scienze accompagnerà e distinguerà tanto l’edizione del 2016 quanto quella del prossimo anno.

La notte – che è poi è quella del 30 settembre 2016 (segnatevi la data!) – ripropone un evento che ha lo scopo di avvicinare chi fa scienza a chi ne fruisce, direttamente o indirettamente, facendo – almeno per una notte, appunto – felicemente “saltare” ogni steccato, sempre più artificioso del resto, tra i due ambiti. Facendo, in altri termini, felicemente collidere i due universi, in una visione più ampia che mostra in modo trasparente come siamo esattamente tutti coinvolti. E come la scienza sia prima di ogni altra cosa, un’avventura culturale e un’avventura del pensiero, dalla quale è bello poter essere abbracciati, poter essere condotti, a qualsiasi livello questo possa avvenire.

manifesto WEB

La Notte Europea dei Ricercatori 2016 ha il suo fulcro nell’Area Tuscolana, ma coinvolge ormai un esteso numero di città italiane: Roma, Firenze, Milano, Trieste, Genova, Modena, Ferrara, Napoli, Palermo, Bari, Cagliari, Catania, Lecce, Parma, Pavia, Reggio Emilia, Sassari, Frascati, Carbonia, Cassino, Gorga, Grottaferrata, Monte Porzio Catone. Questo a conferma dell’efficienza di un circolo virtuoso che allarga la sana curiosità scientifica a gran parte del territorio nazionale, con potenziale beneficio di tutti.

In un anno denso come pochi altri di scoperte scientifiche di largo impatto e di vasta eco nell’opinione pubblica – ricordiamo appena la rilevazione delle onde gravitazionali ad un secolo esatto dalla loro teorizzazione, nonché la recentissima scoperta di un pianeta simile alla Terra orbitante intorno a Proxima Centauri, la stella a noi più vicina – ogni iniziativa volta a disseminare la scienza sul territorio è ovviamente meritoria. Di più, una come questa, che si propone, in ultima analisi, come un incontro di umanità: l’umanità di chi fa ricerca di mestiere, con l’umanità di chi segue con interesse e speso con passione non inferiore a chi se ne occupa per professione.

Sono infatti scoperte che vanno ben al di là della semplice aggiunta di dati e numeri nei taccuini degli esperti (o negli hard disk, magari), che travalicano ogni ambito meramente professionale, e che che chiamano insistentemente ad un nuovo modo di guardare e pensare il cosmo stesso, e l’avventura scientifica nel suo insieme.

La Notte Europea dei Ricercatori è un progetto promosso e finanziato dalla Commissione Europea, in una rete di iniziative che coinvolge diversi paesi. Nel più squisito anelito della scienza. che è sempre stata intrinsecamente transnazionale.

Se ne avete la possibilità, accogliete questo invito ad una notte un po’ diversa dalle altre. Direi che ne vale proprio la pena.

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Onde gravitazionali, segno di una cosa grande

“Anche i segnali così deboli possono portare il segno di una cosa grande. ” E questa cosa grande è proprio il dialogo con un tu, con la natura, un dialogo che si riallaccia e si incentiva, con rinnovata fiducia. E’ il punto di partenza dell’astrofisico Marco Bersanelli nell’introdurre il bell’incontro sulle onde gravitazionali, che si è tenuto in occasione del sedicesimo Meeting di Rimini, da poco concluso, che quest’anno aveva a tema la frase “Tu sei un bene per me“. 

E mi viene da pensare a questo tu, che in questo caso può essere l’universo stesso, che ci invia segnali debolissimi ma preziosi. Preziosi, tali che per noi è un bene, è indiscutibilmente un bene, riuscirli finalmente a rilevare, ad interpretare, a comprendere.

A capire quello che ci stanno dicendo, ad intendere dove ci vogliono portare.

L’abbiamo detto, l’abbiamo capito. La rilevazione delle onde gravitazionali avvenuta nel febbraio di quest’anno è un evento scientifico di enorme portata. Sia perché ci conferma nella sostanza la robustezza del nostro modello di evoluzione del mondo e dell’universo (a grandi linee, la relatività generale) sia perché apre davvero – come ben dice lo stesso titolo dell’intervento di Rimini – una nuova finestra sul cosmo, una inedita modalità di investigazione del mondo. Nasce oggi l’astrofisica gravitazionale: nasce ora, e promette di condurci ad una comprensione del tutto senz’altro più profonda ed articolata. Come dire, da adesso abbiamo nuovi occhi per vedere, nuovi strumenti per sondare un campo prima totalmente inaccessibile.

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Sono loro, segnali debolissimi che arrivano dalle regioni a noi più distanti, parlando un linguaggio nuovo…

L’universo infatti ci parla anche attraverso queste elusive onde, generate dal movimento della materia, dalle pieghe stesse dello spazio tempo. Ci parla un nuovo linguaggio, e noi possiamo iniziare a comprenderlo.

Dove ci porterà il discorso, il dialogo, è ancora presto per dirlo. Come ogni dialogo, non può essere frettolosametne anticipato. Va vissuto nella sua interessa, perché sia occasione di crescita, nella comprensione di sé e del mondo.

E’ certo, infatti, che una scoperta così decisiva non possiamo confinarla esclusivamente nell’ambito della conoscenza scientifica intesa nel senso più tecnico e ristretto, ma è – coma sempre avviene – una acquisizione che ci spinge probabilmente a maturare un nuovo modo di vivere il cosmo, a tutto campo.

Di tutto questo c’è traccia nell’incontro di Rimini, che ha riunito personalità scientifiche indiscusse: oltre Marco Bersanelli, Roberto Battiston, Presidente A.S.I. (Agenzia Spaziale Italiana) e Laura Cadonati, Professore Associato presso la Scuola di Fisica del Georgian Institute of Technology, USA.

Vi dico, ho avuto il privilegio e la fortuna di poter assistere di persona all’incontro, e l’ho trovato veramente di grande interesse. Sopra ogni cosa, per l’atteggiamento di apertura e disponibilità che ha mosso gli scienziati sul palco, che si sono adoperati in modo amichevole ed intelligente per spiegare ad un pubblico di non specialisti tanto il nucleo essenziale della scoperta, quanto il motivo per cui questa viene considerata così importante.

Mi piacciono le cose oneste, soprattutto in ambito di comunicazione della scienza. E a Rimini mi sono potuto rallegrare, perché è stata condotta una operazione onesta di divulgazione ampia e coraggiosa, senza traccia di banalizzazione (un pericolo sempre presente, ma qui abilmente scongiurato).

Ascoltatelo, se ne avete la possibilità. Sono scienziati di frontiera, che parlano di una scoperta decisiva per la scienza e del loro diretto coinvolgimento, anche emotivo, in quello che è accaduto. Ne vale la pena: perché a volte non c’è niente di più interessante che ascoltare un diretto testimone di un dato evento, ascoltarlo e comprendere dalle sue stesse parole la risonanza tra ciò che indaga e ciò che ama, ciò che desidera, ciò che spera, per sé e per gli altri.

Da un incontro così si esce arricchiti, sia di scienza che di umanità. Che poi, alla fine, come sappiamo, sono esattamente la stessa cosa.

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