Blog di Marco Castellani

Mese: Novembre 2016

Combattente

E’ abbastanza sorprendente capire che ci si può stupire ancora. In effetti è una regola della vita, forse la regola della vita. Quella che manda avanti tutto, comunque. Che ti permetti di respirare, in fondo. Che non ti permette mai di dire i giochi sono chiusi perché lo sai, lo sai che per dirlo devi comunque mentire, dire comunque una cosa che non è nell’ordine delle cose, non lo è affatto. E’ una variazione arbitraria della trama dell’Universo, dei suoi misteriosi campi di forza. Misteriosi, sì, ma nella loro struttura ultima, non tanto nel loro manifestarsi. Su questi, chiunque sia su questa nostra Terra già da un po’, inizia certamente a farsi le sue brave idee.
Così entrare nel nuovo disco di Fiorella Mannoia, Combattente, intanto, scompagina un po’ i miei pensieri pigri, quelli che mi vogliono insegnare a non cercare più lo stupore, che tanto non si trova. Beh, una bella favoletta, perché invece si trova, eccome.

Anche qui, in un disco che già immagini un po’ convenzionale. Beh sì, Fiorella ha cantato tantissime splendide canzoni, ma che vuoi ormai, alla sua età (terribile frasetta), dopo tanti successi…  Il bello di queste cose da finta persona matura è quando vengono spazzate via dalla realtà. Allora sì che uno inizia a prenderci gusto.
Perché già da Combattente, la prima canzone che poi dà in maniera molto discreta ma efficace, la cifra interpretativa di tutto il lavoro (poi si capisce, è un concept album appena un po’ nascosto, ma è evidente), capisci che c’è qualcosa che non torna. Accidenti. Qui rischi di stupirti di nuovo. 

Dopo un paio di ascolti la melodia mi prende, e insieme le parole, perché girano molto bene insieme. E mi sembra che dica qualcosa in modo nuovo, o fresco, qualcosa che mi fa bene risentire, riascoltare.
È una regola che vale in tutto l’universo

Chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso

E anche se il mondo può far male
Non ho mai smesso di lottare

Che poi la cosa si fa più radicale. Da vale a cambia, il passaggio non è di poco conto.
È una regola che cambia tutto l’universo

Perché chi lotta per qualcosa non sarà mai perso

Mi risuona. In fondo è l’atteggiamento con il quale affrontiamo le circostanze, le sfide, che le cambia. Ne cambia la stoffa, la qualità, la consistenza. Non so dire come esattamente questo avvenga, ma le cambia, comunque. E’ esperienza comune, è esperienza di tutti. Anche una canzone allora ha valore, ha un valore forte, puntuale. Perché ti conduce i pensieri in questa zona. Li fa uscire dalla regione di circolazione improduttiva, dalla stagnazione. E li muove delicatamente in un una zona lavorabile. 
Capire che il mio atteggiamento influisce sul modo in cui faccio esperienza del mondo, è una nozione preziosa. Qualcosa che devo riprendere e ripercorrere spesso. 
Ed è appena l’inizio. E’ bello che nelle altre canzoni ritrovi comunque il tema accennato da Combattente che ritorna, lo trovi sempre sottotraccia, e ogni tanto riaffiora esplicitamente, a formare una bella coesione dell’esperienza di ascolto. Sarà che sono irrimediabilmente malato dall’aver appassionatamente vissuto l’epoca dei concept album, quelli che andavano negli anni settanta, chissà. Di fatto, l’ascolto di una serie di canzoni – pur belle – che trattano argomenti tra i più disparati, riunite in un album e proposte tutte assieme, mi ha sempre lasciato addosso una sensazione un po’ di non compimento. 
Esatto. Con questo album il pericolo è scongiurato. Hai la sensazione piacevole di rimanere in tema, anzi, di approfondirlo guardandolo da una serie di posizioni diverse, declinandolo in una varietà di situazioni. La cosa acquista gusto, ed interesse.
Al mio orecchio, in ogni canzone c’è almeno un friccico di nuovo. Nelle parole, nella melodia o nell’arrangiamento. C’è sempre un po’ il gusto del non ascoltato, e un accento di verità, che supera l’impressione di mestiere che invece trovo in tanta musica moderna (sto invecchiando, me ne rendo conto, e faccio probabilmente discorsi di chi sta invecchiando… abbiate pazienza, voi che leggete).
Ma la vera chicca del disco, quella che mi fa sobbalzare i pensieri, arruffarli  e scompigliarli per evidente abbondanza di bellezza,  è lì, verso il centro, quasi nascosta. Del resto, anche come inizia, in maniera tutt’altro che roboante, anzi. Con una melodia appena accennata, la voce di Fiorella che quasi indulge sul parlato. E solo dopo un po’ si aggancia alla melodia, che scopro poi efficace, persuasiva. E splendidamente agganciata alle parole. Quelle parole che (una volta tanto) appaiono davvero e compiutamente poetiche. Cioè capaci di sorprenderti in un epifania che – per un istante – spazza via i pensieri ricircolanti e squarcia un velo oltre il quale rimani soltanto in silenzio, in ammirato silenzio. 
Tale è il potere della musica, e delle parole, quando si trova chi lo sappia far sprigionare, far rifulgere.

Sto parlando de I pensieri di zo, di Fabrizio Moro (fino ad ora per me, perfetto sconosciuto, tanto per richiamare la canzone dell’album che era anche colonna sonora dell’onomimo film).  E visto che pare che su Youtube la canzone non sia facilmente reperibile (immagino, per comprensibili motivi di copyright) qui mi debbo accontentare di riportare il testo, che prendo dal sito di Fiorella.
Anche se, diciamolo: accontentarsi, è un po’ far torto alla canzone, perché ci arriva addosso con un testo assolutamente favoloso. Certo, rende al massimo con la musica, dunque se non l’avete fatto, vi consiglio di cercare di ascoltarla. Vale la pena, ve ne accorgerete. 
Sai quando senti le parole che escono deliziosamente dal sentiero del già detto, che – apparentemente inoffensive – si accostano, si agganciano tra loro in modo da evocarti suggestioni, brandelli di situazioni, persone o momenti di persone, echi di giorni mezzo ricordati (per dirla con l’ottimo Roger).

Ma che belle le sere d’estate
un poì prima di uscire
quando senti che esisti davvero
e non ti sai più gestire

E il cuore beve queste parole e scalpita, riconosce la bellezza, come rispondenza misteriosa al vero delle cose, e se ne nutre. Parrà sembra esagerato per una canzone, ma a pensarci non lo è poi tanto. Specie se siamo convinti che il bello possa prendere dimore dappertutto, sia assolutamente trasversale e non inquadrabile in nessuno schema. Sia sempre un po’ oltre i nostri ragionamenti (compresi quelli che dicono che è oltre, naturalmente). In altre parole, sia ultimamente irriducibile a qualsiasi sua concettualizzazione. 
Io penso così, almeno.
E allora lascio il posto alla possibilità di emozionarmi, quando ascolto I pensieri di zo.

Mi viene da pensare, è come un contraltare più carico di letizia della pur bellissima canzone di Vasco (guarda un po’ stupendamente interpretata dalla Mannoia) che è Sally. E’ di più, è come Sally rivoltata come un guanto da una prospettiva più gioiosa,  ancora possibile, sempre possibile.
Sentire di esistere davvero. Forse qui è racchiuso il senso del tema. Quell’essere combattente non è fine a se stesso, o ad una ribellione sterile, stigmatizzata, già vista, già percorsa. E’ una rivoluzione inedita che ancora ci aspetta, quella che ci porta ad esistere davvero. 

Scriveva Holderlin (citato nel saggio Poesia e Rivoluzione, di Marco Guzzi), già nel 1797,  “Io credo in una rivoluzione futura delle concezioni e delle modalità di rappresentazione, che farà impallidire tutto ciò che finora è stato”.

In effetti, ogni bellezza parla di questo, e niente che ci interessi davvero parla di qualcosa meno di questo. Una rivoluzione tutta da fare, sempre e di nuovo.

Come ormai è chiaro, l’unico motivo rimasto per sentirsi ed essere realmente combattenti.

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Quel pizzico di astronomia…

… che magari non ti aspetti! Lo sappiamo bene, viviamo in un mondo di informazione. Le notizie ci arrivano continuamente, da vari media. Al punto che il difficile è scansarle, semmai. Oppure almeno, eliminare la parte ridondante, ritornare all’essenziale.

Credo però che vi sia ancora spazio per iniziative mirate, che possano trarre vantaggio specificamente dall’uso ormai intenso e continuato dei dispositivi mobili. Anche e soprattutto per l’accesso ad Internet, tanto che  telefonare è quasi diventata una funzione accessoria, ormai, anche complici i vari sistemi di messaggistica, come WhatsApp o Telegram.

Quel non so che di universo, ogni mattina...

Quel non so che di universo, ogni mattina…

Proprio a Telegram ci appoggiamo per lanciare una nostra piccola iniziativa, che si è resa praticabile dall’ultimo aggiornamento della ormai sempre più diffusa piattaforma alternativa a WhatsApp. Specificamente, pare assai interessante il lancio della piattaforma di pubblicazione telegra.ph e la possibiltà di realizzare articoli che, una volta rilanciati sui canali Telegram, si possono aprire facilmente da cellulare, con la nuova funzione “instant view”.

Pilloline di universo, da assumere ovunque... ;-)

Pilloline di universo, da assumere ovunque, senza controindicazioni… 😉

Dunque l’idea è di proporre – tentativamente – ogni mattina, un piccolo articolo su un tema di attualità della ricerca astronomica, o magari un commento che riteniamo interessante da introdurre o rilanciare, sempre su tematiche concernenti l’indagine dello spazio. L’articolo in questione è pensato per una lettura veloce, e dunque sarà breve e non andrà ad approfondire le tematiche coperte, eventualmente demandando ad uno o più link i possibili approfondimenti.

Mi piace pensare ad una lettura veloce ma al tempo stesso istruttiva, da fare magari sull’autobus, o in metropolitana. Così, tanto per rendersi conto che, oltre al referendum o al governo Renzi o all’ultimo spettacolo televisivo di tendenza, c’è come un binario sottotraccia a tutte queste cose, c’è uno sforzo paziente e costante, di indagine e di scoperta, che produce ogni giorno risultati interessanti e da condividere. Per aiutarci ad avere la mente aperta allo spazio infinito, che è probabilmente una gran buona idea. Anche  e soprattutto per valutare ed inquadrare correttamente le sfide quotidiane di quaggiù.

Leggere magari dall’autobus, accanto al flusso di notizie delle più varie, che c’è una sonda su Marte che sta lavorando in tranquilla operosità, o che adesso sappiamo immensamente di più su Plutone di quel che abbiamo sempre saputo, è magari una piccola cosa, ma è anche, probabilmente, un inizio di una piccola ma significativa rivoluzione del pensiero e del modo di essere: davvero consapevoli della vastità incredibile in cui siamo immersi.

Per questo appunto ci appoggiamo al nostro canale Telegram, e vi invitiamo caldamente a partecipare a questa avventura, iscrivendovi al canale  se già non lo avete fatto.  E se non aveste ancora Telegram (sì, è possibile)…

… beh, quale occasione migliore per scaricarlo ed istallarlo?

 

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Dialogo

Tu sei un bene per me, e questa frase – che è stata quest’estate addirittura la nota dominante di una manifestazione frequentata e ricca come il Meeting di Rimini – ad una prima passata, ad una analisi frettolosa, può perfino apparire scontata

Eppure, è una frase che si apre ad una perpetua rivoluzione, se appena uno prova a sentirla fino in fondo, ad esplorarne le diecimila applicazioni pratiche. Se uno prova – con tutte le cadute e le smagliature del caso – a viverla. A comprendere vivendo, cosa cambia veramente del suo modo di intendere e rappresentarsi il reale. Vivendo, voglio dire, e non ragionandoci elaborando speculazioni teoriche. Nemmeno scrivendone in un blog, per intenderci: se infatti qui dico, è appena per trattenere i fili e le impressioni di una cosa che si è srotolata nel reale.

Dialogare è crescere


Perché se è vero (ammesso e non concesso, vogliamo dire…?) che il mondo è uno, è vero che cambia radicalmente in funzione dei nostri modelli mentali.
Tu sei un bene per me apre ad una serie di conseguenze che mi sorprendono, all’atto pratico.  Nel senso letterale, proprio: che prevale in me il sentimento di sorpresa. Non tanto a pensarle (corrono piuttosto il rischio, come sappiamo, di essere addormentate da un buonismo tanto accogliente quanto tragicamente inoffensivo): mi sorprendono a viverle, a vederle accadere. Come mi è accaduto ieri sera, al Nuovo Teatro Orione, per l’incontro sulla riforma costituzionale, organizzato dal Centro Culturale Roma.

Un momento dell’incontro al Nuovo Teatro Orione

Intanto. Ospiti sicuramente di rango, come  Stelio Mangiameli, professore ordinario presso l’Università degli studi di Teramo Cattedra di Diritto costituzionale e direttore dell’Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie “Massimo Severo Giannini” Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISSiRFA CNR). Ricercatore di ruolo di Istituzioni di Diritto Pubblico, presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università degli studi di Catania.

O come Luciano Violante, professore ordinario di istituzioni di diritto e Procedura penale e Presidente emerito della camera dei Deputati. Giudice istruttore a Torino fino al 1977, nel marzo 2013 ha fatto parte del gruppo di lavoro finalizzato alla presentazione di proposte programmatiche in materia istituzionale, economico-sociale ed europea.

L’incontro, che è stato intelligentemente e piacevolmente moderato dal giornalista Paolo Cremonesi, è stata per me questa  occasione di sorpresa. 

Ci sono andato per orientarmi sul referendum, innanzitutto. Perché è vero, se dico che non ho deciso, la gente mi guarda come per dire ah hai deciso ma non vuoi dirmelo. E invece no, non ho deciso. Vorrei prendere questa occasione come una opportunità di dialogo e di confronto, per capire cosa muove le persone ad una posizione o all’altra. Non mi interessa saltare di corsa a bordo di una qualche posizione prefabbricata. Stavolta no, mela voglio gustare tutta, questa possibilità. Mi piace cercare di capire, comprendere, relazionarmi.

Un collega di lavoro pochi giorni fa mi ha confessato, forse con qualche non voluta supponenza, per me è così evidente, io ci ho messo appena un attimo a capire da che parte stare. Ecco, io voglio proprio fare il contrario, invece. Voglio metterci del tempo, capire, comprendere le ragione delle parti. Questo deve essere il mio referendum, una mia occasione da non perdere. Per stringere legami, conoscere, esplorare. Anche una volta deciso, capire e frequentare le ragioni opposte.

Finalmente capisco meglio il volantino diffuso da Comunione e Liberazione, Per recuperare il senso di vivere insieme.  Eh sì che l’avevo un po’ sottovalutato, all’inizio. Come se dicesse belle cose ma poco reali, nel complesso.

E invece adesso, a valle di quello che mi sembra possa generare, ne apprezzo la peculiarità (e capisco la superficialità della mia prima frettolosa valutazione). Anzi, la salutare unicità. Perché la bellezza di quanto accade seguendo questa posizione, è veramente uno spettacolo. La posizione poi è semplice: capire la grande opportunità che è questa occasione, una opportunità di relazione con l’altro, prima che una corsa a capire da che parte “bisogna” stare.

E ieri per me è stato come assistere ad una piccola festa di relazione, se così posso dire. Due persone intelligenti che si sono confrontate in modo rispettoso, veramente rispettoso dell’altro. Due identità che non si sono affatto nascoste o diluite (Violante è per il sì, Cremonesi per il no, dichiaratamente): tutt’altro, direi. Non si sono mimetizzate, ma hanno intrecciato le loro ragioni nel pieno rispetto dell’altro.

Un rispetto non artefatto, o simulato. Un rispetto che si respirava.

E mi sono finalmente reso conto di come sia generativa la posizione del volantino, proprio di quel volantino che avevo accolto con una certa sufficienza. Perché l’incontro di ieri nasce proprio da un lavoro appassionato sui temi del volantino, da una dichiarata ispirazione a quest’ultimo.

Ecco, la fecondità di tale approccio, ieri mi ha conquistato, intenerito. Rallegrato, ultimamente.

Ed è servito, anche sotto il lato della scelta, perché ho iniziato ad irrorare di ragioni una mia possibile scelta, ho iniziato ad orientarmi verso una posizione. Forse non serve nemmeno che la dica, perché poi non è questo il punto.

Il punto è non ricadere (ancora) nello stato mentale che divide, contrappone, distingue. Separa buoni da cattivi. Comprende solo attraverso l’esclusione, la divisione. Si coagula nella ricerca di un nemico (Renzi come Berlusconi, in questa dinamica, non fa differenza), o di uno schieramento entro il quale trovare dimora e una sicurezza di giudizio che evita il vero confronto con l’altro.

Il punto è proprio questo, di non perdere questa opportunità di crescita, di dialogo. 

“È solo la certezza del significato ultimo che fa sentire, come fossimo un detector, la più lontana limatura di verità che sta nelle tasche di ognuno. E non è necessario, per essere amico di un altro, che lui scopra che quello che dici tu è vero e venga con te. Non è necessario, vado io con lui, per quel tanto di limatura di vero che ha…”

Rileggevo questa frase di Luigi Giussani (contenuta in La forma della testimonianza, di J. Carron) e mi invadeva la forte evidenza di come questo si adattasse, si ritagliasse proprio sulle forme dell’incontro di ieri.

Quell’incontro che mi ha fatto capire che sì, con tutte le mancanze e i difetti e le intolleranze che posso avere di carattere, di temperamento, io voglio stare qui.

Posso votare una cosa o l’altra, ma dentro questa strada, questo orizzonte.

Dove ha senso – ed è anzi esaltata – la mia personale scelta, anche per il referendum costituzionale.

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Tutto l’universo, in una mano

Non c’è che dire: viviamo in una epoca assolutamente privilegiata, per la diffusione delle notizie scientifiche. Anzi, per la partecipazione viva alla ricerca, una partecipazione che trova sempre nuovi modi e nuove strategie, inediti canali comunicativi, per allargarsi ad intercettare la curiosità viva di tante persone, delle più diverse estrazioni sociali, delle più varie culture.

L’abbiamo detto più volte, lo studio del cielo e dei suoi misteri, è la naturale prosecuzione di quella esplorazione del nostro pianeta, che è sempre stata connaturata al progresso dell’uomo. Quella esplorazione totale (che coinvolge tutto, anche la percezione di noi stessi nel cosmo) che da tempo tentiamo di riportare qui, per come possiamo.  Ed inoltre è un fattore potenzialmente pacificante, una istanza virtuosa che ci porta a guardare tutti nella stessa direzione. Ad alzare gli occhi alle meraviglie celesti, dimenticando per un po’ le nostre piccole contese. O meglio, mettendole sotto una nuova luce, una luce che forse permette un pochino di rivedere alcune nostre posizioni, di stemperare alcune rigidità che inevitabilmente ci affliggono.

fondo cosmico a microonde

Una immagine delle anisotropie iniziali dell’universo. Da qui, da queste piccole differenze di temperatura (evidenziate da differenze in colore) ha avuto origine tutto, le galassie, le stelle: il mondo che conosciamo. Crediti: NASA

L’epoca attuale è senza dubbio privilegiata, perché è sicuramente il primo momento ove la diffusione dei risultati della ricerca avviene in un contesto tecnologico estremamente favorevole: sia per tutti i canali informativi esistenti su Internet e sugli altri media, sia per le possibilità finora totalmente inedite per toccare con mano la ricerca, fin nei suoi più attuali risultati.

Ora, per esempio, è possibile toccare con mano perfino lo stato dell’universo primordiale.  Sì sì, è possibile scaricare le istruzioni per costruire una versione tridimensionale della mappa del fondo cosmico a microonde, la “versione iniziale” dell’Universo, prima ancora che venisse popolato da stelle e galassie, come (un po’) ora lo conosciamo. Questa “scultura cosmica” è utile per provare la concretezza di quanto ormai sappiamo della struttura profonda del cosmo, per sentire la ricerca e non solo apprenderla o immaginarla. Per merito di un lavoro dell’Imperial College di Londra, è possibile stamparsi in casa una mappa verosimile dell’universo bambino.  Basta scaricare i files e darli in pasto ad una stampante 3D, e il gioco è fatto!

Sì, il gioco: perché l’aspetto di gioco è tutt’altro che marginale nell’avventura della scienza, e sopratutto nell’esplorazione del cosmo. Perché siamo come bambini che giocano, con quei mattoncini di un Lego che sono gli esperimenti scientifici.

Quel gioco iniziato con Galileo, che ci piace troppo, e dal quale non ci staccheremo mai. Sopratutto da adulti.

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