Era il 1977. Per la precisione, il giorno 5 settembre. Nessuno poteva aspettarselo, ma quella che stava partendo era la prima vera missione interstellare. La Voyager 1  stava lasciando il pianeta Terra, per iniziare un viaggio che, dopo il lavoro dovuto intorno a Giove e Saturno, sarebbe stato prolungato fino ad un limite assolutamente incredibile (ora e soprattutto allora), fino ai confini stessi del Sistema Solare. E oltre.

Permettetemi dunque la meraviglia. Permettetemi la meraviglia e lo stupore per il fatto di ricevere segnali – tutt’ora – da una sonda a più di ventimila miliardi di chilometri da noi. Una sonda che ci sta rivelando la natura del mezzo interstellare, là dove l’influenza del Sole svanisce, si dissolve nell’immensità del cosmo. Ma permettetemi soprattutto lo stupore per questo oggetto, il più lontano manufatto dell’uomo in assoluto, un oggetto il cui computer di bordo è migliaia di volte meno potente di un comune smartphone che ci teniamo normalmente in tasca.

Permettetemi dunque di salutare i quaranta anni di attività di Voyager 1 con ammirazione, e con trepidazione. Mantenere i contatti con questa sonda spersa nell’immensità del cosmo, è come un ponte lanciato sull’universo. 

Grazie Voyager 1.

Crediti: NASA, JPL-Caltech, Voyager

 

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