Blog di Marco Castellani

Lame di ghiaccio… per Plutone

Ed ecco come appare la superficie di Plutone, vista dalla sonda New Horizons, nel luglio di due anni fa. E’ ancora impressionante il grandissimo dettaglio che la sonda è riuscita ad ottenere: dopotutto, parliamo di un “piccolo mondo” la cui distanza da noi – a seconda delle rispettive orbite – si aggira intorno al mezzo miliardo di chilometri. 

Vale la pena ricordare come, prima del passaggio della sonda, quando si pensava a questo peculiare quasi pianeta, ci si dovesse sostanzialmente accontentare di immagini di fantasia.

Crediti: NASA, Johns Hopkins Univ./APL, Southwest Research Institute

La particolarità di questa superficie, così ben evidenziata dai nuovi dati, è che sembra popolata da bizzarre configurazioni, rassomiglianti a gigantesche lame di ghiaccio, la cui origine ha rappresentato un bel rompicapo per gli scienziati. Le interpretazioni più recenti, portano a pensare che queste lame ghiacciate siano composte di metano. Questo gas viene rilasciato in atmosfera, durante i momenti geologici più caldi, tramite processi di sublimazione.

Di fatto, stiamo imparando un bel po’ di cose di questo ambiente così lontano e così inospitale. E tutto si deve a lei, la prima sonda mai puntata espressamente verso Plutone. In realtà la storia dell’esplorazione di questo mondo remoto, è una storia soprattutto di appuntamenti mancati, missioni deviate o addirittura cancellate.

Insomma è stato necessario aspettare il 2003 perché fosse approvata – e nemmeno troppo facilmente – questa missione New Horizons che poi partì nel 2006, e arrivò nei dintorni di Plutone a metà del 2015.

I dati che abbiamo preso da questa missione resteranno molto a lungo come lo stato dell’arte per quanto possiamo sapere sul pianeta nano. Correrà diverso tempo prima che un’altra missione possa esplorare questi posti così lontani da casa nostra, con ogni probabilità.

Ma il caso si presta benissimo a mostrare come l’esplorazione del Sistema Solare sia – unico caso nell’astronomia, forse – una questione soprattutto di andare a vedere. E quello che si può vedere dopo nove anni di viaggio, è incomparabilmente più efficace di quello che si può vedere, o si potrà mai vedere, da Terra.

Per convincersi, basta guardare Plutone (se ci si riesce) nell’immagine qui sotto. Sempre dalla New Horizons. Ma – piccolo particolare – all’inizio del viaggio.

Crediti: NASA

New Horizons ce lo insegna. A volte vale la pena, viaggiare. Ci sono cose che non possiamo immaginare, non possiamo comprendere, se non muovendoci, togliendoci dal nostro sistema di posizione e di certezze acquisite, scrollandoci tutto di dosso, affrontando il cambiamento. Anche a costo di vedercela con lame di ghiaccio, o altre cose non immediatamente gradevoli.

Il cambiamento, dunque. Anche e soprattutto, di posizione: fisica e mentale.

Loading

Previous

Un Nobel… gravitazionale

Next

L’utilità della scienza… inutile!

2 Comments

  1. Giuliana

    Così insegnavano ai miei tempi: Mercurio Venere Terra Marte Giove Saturno Urano Nettuno e Plutone, e lì finiva il nostro orizzonte cognitivo. Ora è incredibile leggere la descrizione e poter vedere comodamente da casa com’è fatto Plutone, il più distante!
    Grazie Marco Castellani.

    • E’ vero Giuliana, verissimo! Qualche anno fa non ci sognavamo nemmeno di poter “buttare un occhio” su Plutone, che per noi era proprio un sinonimo di “mondo lontanissimo”. Sbalorditivo avere ora a disposizione queste immagini!

      Grazie per il tuo commento, continua a seguirci 😉
      Marco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén