L’astronomia ci ha abituato da tempo a splendide immagini: stelle, pianeti, lontani quasar… Eppure, raramente troviamo una immagine così densa come quella che presentiamo oggi e che racchiude, conchiude – quasi come una icona – la nostra attuale concezione di Universo.

Di cosa è fatto insomma il nostro Universo? Di cosa è fatto tutto quel che c’è? Scoprirlo, è il compito della sonda Plank (un grande progetto della nostra Europa) che ha realizzato – dal 2009 al 2013 – una mappa puntigliosissima delle differenze in temperatura della superficie ottica più “antica” che si conosca in assoluto, ovvero il fondo cielo che si creò quando il nostro universo divenne, finalmente, trasparente alla luce (prima era così denso che non c’era verso, nemmeno i fotoni potevano fluire tranquilli).

La radiazione cosmica di fondo è una complessa intelaiatura che è anche un formidabile campo di prova per le varie teorie cosmologiche, per le nostre prove di comprensione della struttura del mondo. Le teorie dunque sono chiamate ad accordarsi con quanto oggi “vediamo” tramite satelliti come Plank, e questo pone fortissime “costrizioni”, che sono a loro volta cogenti indicazioni. Di quel che c’è, e quel che non c’è.

Soprattutto, di quanto sia sorprendente questo universo, in cui viviamo. La più recente analisi di questi dati, infatti – roba fresca fresca, di pochi giorni – conferma ora ed ancora che la maggior parte dell’Universo è fatta di qualcosa che non conosciamo, la elusiva “energia oscura”. E non è tutto: anche la maggior parte della materia, è materia che non conosciamo, anch’essa detta “oscura”, appunto.

Insomma l’universo, questo universo – nato (e lo sappiamo proprio da questi dati) 13,8 miliardi di anni fa, continua a stupirci con la sua formidabile carica di mistero. E’ così davvero affascinante, guardarlo, esplorarlo, cercare di capirlo. Perché quel poco che sappiamo (ed è già moltissimo) si immerge in un mare magnum di cose che ancora non sappiamo. Ma che siamo invitati ad esplorare, ogni giorno di più.

E le sorprese – questo sì, lo sappiamo – non mancheranno.

 

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