Blogger, reloaded?

In effetti questa è una delle piattaforme di blogging più antiche. Anzi, è stata la piattaforma da cui tutto è partito. Il fenomeno blog, messo un po’ in sordina dall’esplosione dei social, sembra parte di un web antico, eppure ancora c’è. Blogger – risalente al secolo scorso, addirittura – è stata come sappiamo comprata da Google, ed è attiva tuttora. E dopo varie opzioni, diverse prove, diverse scelte, sto ricominciando ad apprezzarla. In confronto al tasso di innovazione e alla velocità di variazione di tanti ambienti come WordPress, Medium, etc – diciamolo subito  – è una specie di dinosauro, di bradipo, insomma in movimento lento.
Lentissimo.
Blogger ha questo, di suo. Può far passare anni, senza che venga introdotta alcuna modifica. Interi anni (un anno, per un progetto Internet, equivale a mille secoli nel mondo reale). Tanto che ti chiedi se sia rimasto acceso solo per caso, magari qualcuno in Google si è dimenticato di spegnere l’interruttore. Tipo, non so, chi lo chiude Blogger stasera? Ok, faccio io. Ricordati però prima che vai via, eh. 

Blogger è una faccenda per cui, nel suo blog (sì esiste un blog dedicato), può passare tranquillamente più di un anno da un post al successivo. Per esempio, il penultimo post è di marzo 2017, e l’ultimo è di maggio del 2018. Insomma con tempi dilatati tanto che pensi, beh, ma c’è ancora qualcuno lì? 


Però nella sua lentezza, nella sua impermeabilità a ogni meccanismo social, ha i suoi pregi.

Per essere uno strumento gratuito, ne ha diversi. Per esempio, un controllo completo sul tema. L’editor dei temi arriva a livello delle linee di codice, permettendo di effettuare online delle modifiche il cui unico limite è la conoscenza del codice HTML e dei CSS di chi vi si trova in mezzo. WordPress, nella sua versione dot com, non permette che minime modifiche.

Ha poi una sua essenzialità, che trovo molto adeguata per siti personali o comunque di pretese relativamente modeste. 
Blogger permette anche di associare un nome a domino senza pagare nulla, come del resto fa Tumblr (e basta, credo). Certo, i temi di WordPress sembrano più carini, nella media, ma si può sopravvivere lo stesso. 
Si potrebbe continuare con elenco di pregi e difetti, ovviamente.  Certo che alla fine è tutta questione di gusto, è una questione più emotiva che razionale. Così nell’espressione in rete la parte del cuore gioca un ruolo fondamentale, ora e sempre, anche quando si vorrebbe fare rotta verso una asetticità e un pragmatismo più elevato. 
Meno male che non è così, meno male che anche qui possiamo sempre ripartire dalle emozioni, forse la parte che più di ogni altra attende di essere trasmessa in rete, per creare risonanze ampie e virtuose, fuori dalla litigiosità coatta di tanti social. Ci vuole una presa d’aria, un momento di tranquillità. 
Dove pesare le parole, levigarle, assestarle. Assecondarle. 

E fare spazio all’idea di… riprendersi questo spazio. 
Dopo vari tentativi, diversi esperimenti, WordPress, VPS, Medium…. 
Lentamente, pacatamente. 
Forse, ritornare. 

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