Blog di Marco Castellani

Mese: Gennaio 2019

Mondi lontanissimi…

Potrebbe tornare in mente, ai più maturi, quel celebre album di Franco Battiato di diversi anni fa (correva la metà degli anni ottanta dello scorso millenno, per la precisione), perché proprio di mondi lontanissimi si sta parlando.

Il primo giorno dell’anno corrente, come annunciato dal tweet, la sonda New Horizons ha incontrato, all’interno della fascia di Kuiper, un oggetto chiamato Ultima Thule. Alla rispettabile distanza di sei miliardi e mezzo di chilometri dal Sole, questo piccolo mondo detiene un record davvero importante, perché è attualmente l’oggetto più lontano mai investigato direttamente da una sonda partita dalla Terra.

L’immagine è stata acquisita dalla sonda ad una distanza di poco meno di trentamila chilometri, circa una mezzora prima del minimo avvicinamento. La sua configurazione bizzarra – essenzialmente, si presenta come due sfere tenute assieme dalla mutua gravità – è dovuta probabilmente ad una “collisione morbida” che potrebbe essere avvenuta poco dopo la nascita stessa del Sistema Solare. Mondo lontanissimo, dunque, ma anche antichissimo (ed è per questa ultima caratteristica che il suo studio è così importante, per fare luce sulle nostre stesse origini).

Il “lobo” più grande, chiamato Ultima, è largo poco meno di venti chilometri, mentre quello piccolo, Thule, non arriva nemmeno a quindici. Ed ecco l’altra qualifica importante, è proprio un mondo piccolissimo quello che New Horizons è stata capace di scovare, nella profondità del cosmo.

E’ molto significativo, il fatto che adesso siamo in grado di fare osservazioni così dettagliate di oggetti tanto lontani e tanto piccoli; è significativo perché dimostra ai nostri occhi, così spesso distratti, il grado di precisione e di finezza che ha guadagnato ormai l’indagine astronomica all’interno del Sistema Solare. Questo “nuovo universo” che abbiamo intorno, è un universo che finalmente si fa capire, si palesa: non è più così nascosto, è disponibile ad un dialogo di scoperta che avviene ormai giorno per giorno. È già più accogliente, in un certo senso.

I prossimi anni, c’è da scommetterci, saranno formidabili sotto questo aspetto, e il nostro sistema planetario ci sarà infine restituito in tutta la sua incredibile complessità e poliedricità.

Cioè, in tutta la sua bellezza.

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La grazia di un Sombrero…

E’ una immagine decisamente pacificante quella che ci restituisce il sito Astronomical Picture of the Day, come prima immagine del nuovo anno, ed è anche una testimonianza viva dell’immensa varietà che caratterizza le galassie sparse per l’universo.

Quella che ammirate qui sotto è la Galassia Sombrero (anche chiamata Messier 104), che rappresenta una delle galassie più grandi nel vicino ammasso della Vergine. La parte intermedia della galassia rimarrebbe nascosta a motivo della grande quantità di gas e polveri, mentre brilla nelle bande infrarosse. Questa immagine, in particolare, è realizzata come composizione di dati infrarossi del Telescopio Spaziale Spitzer con dati ottici provenienti da Hubble (in falsi colori, per una migliore visibilità).

Crediti: R. Kennicutt (Steward Obs.) et al., SSCJPLCaltechNASA

In questo modo possiamo vedere sia la parte centrale e i bordi, sia penetrare attraverso la polvere delle zone intermedie per vedere come anch’esse – pur a frequenza diversa – risplendano davvero.

Le galassie sono forse tra gli oggetti celesti più felicemente segnati da una stupenda varietà di realizzazioni, e ci aiutano a comprendere la grandissima diversità che regna nel cosmo. Non c’è regola, nel cielo, non c’è standard, c’è una naturale apertura alla più alta differenziazione, sempre con pari dignità.

Dal punto di vista scientifico, l’osservazione accurata della morfologia delle diverse galassie, ci aiuta sempre di più ad entrare nei dettagli del meccanismo di nascita e formazione di queste strutture così complesse, che spesso ospitano stelle dei tipi più diversi, in termini di composizione chimica e di età. Vi sono catalogazioni che vengono usate da tempo, ma questo nemmeno può rendere ragione esaustivamente dell’estrema varietà di quello che possiamo vedere in cielo.

Varietà che si traduce esteticamente, in inesausta bellezza.

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