Questa immagine di Giove, che ci restituisce la sonda Juno, è veramente presa da vicino, almeno per lei. E si vede bene, si vede dal grado straordinario di dettaglio che la impreziosisce. Si può ammirare la curiosa conformazione delle nubi che potrebbe suggerire l’immagine di un delfino, anche.
Certo, anche su altri pianeti – Terra inclusa – non è raro che le nubi in perenne movimento si possano sistemare in modo da suggerire forme conosciute, e dunque (scientificamente parlando) non è una cosa granché significativa. Però contribuisce ad arricchire di fascino e bellezza l’immagine, già sorprendente di suo.
E’ stata presa dalla sonda durante un recente passaggio ravvicinato al pianeta gigante, il sedicesimo, da quando è arrivata sul posto (verso la metà del 2016).
Personalmente, trovo molto più intrigante la foto, se faccio un piccolo esercizio storico. E la collego a quest’altra immagine, qui sotto.
Questo è sempre Giove, anche se saremmo tentati di pensarlo proprio come un altro pianeta. Come cambiano le cose per i dettagli, eh?
Difatti di grado di dettaglio si tratta. La foto è del 1973 e si deve al Pioneer 10, che a suo tempo ottenne comunque le prime immagini dell’atmosfera del pianeta, dunque inviando a Terra dati di valore inestimabile.
E con tutto ciò, quanto è cambiato il nostro panorama cosmico, da allora.
Forse non ci dobbiamo stupire troppo. Stiamo scavando nel dettaglio, perfezionando la visione, mettendo (e mettendoci) meglio a fuoco. In fondo, possiamo dire che stiamo focalizzando la stessa nostra domanda. Cosa è infatti un’osservazione più accurata se non una domanda formulata meglio? Al perfezionare della domanda il cosmo risponde regalandoci una quantità di particolari sempre maggiore. Rivelando una ricchezza che saremmo tentati di definire come inesauribile.
Questo è il significato profondo del “laboratorio celeste”.
Una ricchezza che non sembra avere fine: sempre a disposizione, di chi (fin dall’inizio del cammino dell’uomo su questo pianeta) non si stanca di raffinare la domanda, spurgandola da ogni residuo di pretesa, modellandola sempre più su quella curiosità umile, che è il vero fondamento dell’impresa scientifica.
E che sempre (ma proprio sempre) ottiene risposta.
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