A circa settemila anni luce da noi, c’è la bellissima Nebulosa del Granchio Meridionale (da non confondere con la ben più famosa Nebulosa del Granchio, di cui diverse volte ci siamo occupati).

Crediti immagine:NASAESASTScI

A rendere conto della peculiare forma “a clessidra” ci pensa il sistema stellare al centro di tutta la faccenda: si tratta di una stella in fase di nana bianca, molto piccola e compatta, e una compagna in fase di gigante rossa, molto più grande ma assai meno densa, che per attrazione gravitazionale riversa sulla prima stella parte del materiale che compone i suoi strati più esterni.

Le nane bianche infatti sono stelle non troppo grandi, ormai nelle fasi finali della loro esistenza (è ben compreso che il Sole terminerà la sua vita esattamente come nana bianca). Altro, come sappiamo, è il destino finale delle stelle grandi – diciamo – una decina di volte la nostra, o giù di lì: per loro c’è in serbo lo scoppio a supernova e a volte la formazione di un buco nero.

Ma già la nana bianca è una stella che non scherza, soprattutto dal punto di vista gravitazionale: la sua materia estremamente compatta (parliamo di tonnellate per centimetro cubo…) esercita una attrazione indiscutibilmente irresistibile su eventuali altre compagne. Ecco dunque perché la gigante rossa “perde massa” in favore della sua più piccola ma… prepotente compagna!

Il materiale poi emesso dagli “sbuffi” della nana bianca compone infine questo meraviglioso quadro. Che è stato scelto come immagine per celebrare i 29 anni di attività del Telescopio Spaziale Hubble, che si compiono esattamente oggi.

Hubble infatti fu inviato in orbita il 24 aprile 1990 tramite lo Shuttle Discovery, e questo diede l’inizio (con qualche esitazione…) ad una epoca accelerata di scoperte che forse non ha precedenti nella storia dell’astronomia. Poter osservare al di fuori degli strati dell’atmosfera, ci ha permesso di vedere il mondo con un grado di dettaglio assolutamente senza precedenti.

C’era infatti un universo, agli inizi dell’ultima decade del secolo scorso, che aspettava di essere osservato. Che, possiamo dire, premeva sulle porte della nostra consapevolezza. La coscienza umana era pronta per il salto, per un salto di complessità che avrebbe investito come un vento gagliardo tutte le discipline legate all’astronomia, dall’evoluzione stellare fino alla cosmologia e alla struttura a grande scala del cosmo in cui siamo immersi.

Ci vorrebbero decine di volumi anche solo per tentare una descrizione di come e quanto Hubble ha modificato la percezione dell’universo attorno a noi. Impresa nella quale non osiamo certo avventurarci.

Hubble – contro ogni previsione al ribasso, in allegro sfregio ad ogni prudenza – continua a funzionare – come ci testimonia questa suggestiva immagine. Le sue osservazioni hanno generato finora qualcosa come 153 terabytes di dati. Un tesoro inestimabile, per la nostra e le prossime generazioni. Uno scrigno importantissimo, che attende di rifulgere ancora ed ancora, per molto molto tempo.

E per ogni persona curiosa, che vorrà attingervi.

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